ROMA – Puntuale come la morte, Berlusconi ha messo sotto il suo governo personale ed ha fatto approvare ai suoi ministri imbelli una relazione preliminare esposta dal ministro Alfano che prevede la riforma costituzionale della giustizia. Entro due settimane si terrà un consiglio dei ministri straordinario per approvare definitivamente il disegno di legge.
Manca infatti un articolato, su cui si metterà al lavoro a breve (forse già martedì prossimo) un comitato ristretto di ministri ed esperti. Si tratta infatti di mettere nero su bianco una riforma costituzionale di cui il Guardasigilli Alfano ha illustrato i punti principali stamane durante la riunione dei ministri a Palazzo Chigi. La relazione è stata incentrata sulla separazione delle carriere di giudici e pm; doppio Csm; la creazione di un’Alta corte per i procedimenti disciplinari delle ‘toghè e, tra l’altro, l’attribuzione di maggiori poteri al ministro della Giustizia (potrebbe, ad esempio, partecipare alle riunioni del Csm senza diritto di voto). La relazione di Alfano – secondo quanto si è appreso – si sarebbe limitata alle sole riforme costituzionali, senza entrare nel merito del tema delle intercettazioni il cui testo di riforma è da mesi fermo alla Camera.
Alfano avrebbe in sostanza fatto il punto sulla bozza di riforma costituzionale rispetto alla quale i finiani lo scorso novembre avevano dato un altolà: la presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno aveva infatti contestato la prevista maggioranza laica del nuovo Csm, l’attribuzione di maggiori poteri al ministro della Giustizia, l’ipotesi di una polizia giudiziaria più autonoma dal pubblico ministero. La trattativa si era interrotta in contemporanea con lo strappo politico tra Pdl e Fli.
La decisione del premier Berlusconi, ieri sera, di tornare a spingere il piede sull’acceleratore sulla giustizia ha portato i tecnici del dicastero di via Arenula a tirare fuori vecchie bozze e sintesi. In quella dello scorso novembre, ad esempio, si prevedeva che i pm non sono né un potere né un ordine bensì un «ufficio» organizzato secondo le norme sull’ordinamento; ai pm, indicava la bozza, è consentito esercitare l’azione penale secondo priorità stabilite dalla legge. E ancora: le sentenze di assoluzione in primo grado divengono inappellabili (così riproponendo per via costituzionale la vecchia legge Pecorella bocciata dalla Corte Costituzionale), mentre l’uso della polizia giudiziaria da parte dell’autorità non può avvenire indiscriminatamente, ma «secondo modalità stabilite dalla legge».
Fissati i punti cardine dalla relazione di Alfano, toccherà ora al comitato ristretto di ministri ed esperti mettere a punto un testo. Dalla prossima settimana dunque – viene fatto notare – si comincerà a sciogliere il nodo della composizione dei due nuovi Csm (entrambi dovrebbero essere presieduti dal Capo dello Stato) e della Corte di disciplina. L’improvvisa accelerazione sulla giustizia – viene fatto notare in ambienti della maggioranza – sarebbe stata decisa anche per dare un segnale chiaro che il governo è nella pienezza delle sue funzioni. Nulla infatti cambierà nell’immediato su questo fronte: trattandosi di un ddl costituzionale, il provvedimento che sarà varato nell’annunciato Cdm straordinario avrà bisogno di una doppia lettura (a maggioranza di due terzi se si vuole evitare il referendum confermativo) e dunque di tempi lunghi. Nel frattempo, però, alla Camera marceranno ‘proesso brevè e il ddl sulle intercettazioni. Senza dimenticare l’immunità parlamentare prevista dal vecchio articolo 68 della Costituzione, anch’essa indicata da Berlusconi come una priorità.
Pd: “Il solito atto di ritorsione di Berlusconi”
“Siamo alle solite. Il ministro della Giustizia Alfano, con il tempismo che lo contraddistingue, non ha perso tempo e nel primo Cdm utile dopo che il gip di Milano ha rinviato a giudizio il premier con rito immediato, ha brandito fantomatiche riforme della giustizia che servono solo ad intimidire e controllare la magistratura e ad alimentare lo scontro istituzionale” afferma la capogruppo della Commissione giustizia della Camera Donatella Ferrante.
Palamara (Anm): “Copione già visto”
“È un copione già visto: ogni volta che emergono vicende giudiziarie che coinvolgono il premier, prima arrivano insulti, poi seguono iniziative legislative punitive per i magistrati. Noi non ci faremo intimidire e continueremo ad applicare la legge con serenità, imparzialità e in maniera eguale per tutti e a spiegare quali sono le riforme di cui la giustizia ha bisogno davvero”. Così il presidente dell’Anm, Luca Palamara, interpellato sulla relazione presentata stamattina in Consiglio dei ministri dal guardasigilli Angelino Alfano sul ddl contente la riforma costituzionale della Giustizia. “Ciò che più preoccupa in questa fase – prosegue Palamara – sono le posizioni di ministri in carica, Istruzione, addirittura Esteri e persino Giustizia, che partecipano senza alcuna remora, che pure sarebbe doverosa per la carica istituzionale ricoperta, alla sistematica aggressione nei confronti dei magistrati”.
Di Pietro: “Una riforma a favore dei delinquenti”
“Per riformare degnamente la giustizia basterebbe leggere le relazioni dei presidenti di Corte d’Appello e dei Procuratori Generali che in questi giorni sono stati auditi in Commissione Giustizia sul processo breve. Infatti, tutti deplorano le proposte del governo e del ministro Alfano e indicano strumenti e riforme idonee per far funzionare la giustizia. Ma al governo, si sa, non interessa un sistema della giustizia che funzioni davvero. Per questa ragione le riforme che il governo ha annunciato di voler fare non sono in favore della giustizia e dei cittadini onesti ma dei delinquenti” afferma in una nota il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro.