Gheddafi nel bunker come Hitler. Gli insorti a 100 chilometri da Tripoli

ULTIM’ORA: Mentre gli insorti sono a cento chilometri dalla Capitale libica, migliaia di mercenari e fedelissimi armati stanno raggiungendo Tripoli nell’apparente tentativo del leader Muammar Gheddafi di assicurare la difesa della capitale libica. Lo scrive il New York Times. Il rais «ha richiamato» le forze speciali guidate dai figli, segmenti dell’esercito fedeli alla sua tribù e i loro alleati, mercenari africani addestrati in questi anni e che hanno probabilmente già combattuto in Sudan, spiega il quotidiano statunitense. La presenza di queste forze è visibile nella capitale, dicono i testimoni citati dal Nyt: «Sembra la Somalia», dozzine di posti di blocco sono stati istituiti sulle strade principali da mercenari e uomini in borghese. «Chiedono non solo i documenti, ma anche di dimostrare il proprio sostegno a Gheddafi, altrimenti sono problemi», ha raccontato un testimone.

Proprio nella Capitale si sta organizzando una grande manifestazione contro il dittatore per domani È quanto si legge sul ‘New York Times’, che cita fonti locali. «Un messaggio sta arrivando a tutti i telefoni cellulari: parla di una protesta generale domani a Tripoli», ha rivelato un abitante della capitale libica, coperto da anonimato

Esecuzioni sommarie

«Esponenti dei comitati rivoluzionarì al soldo di Muammar Gheddafi hanno fatto irruzione negli ospedali di Tripoli e hanno ucciso i feriti, quelli che avevano manifestato contro il regime. Hanno portato via i cadaveri, per farli scomparire, forse per bruciarli, perché sanno che si stanno avvicinando giornalisti stranieri. I medici, che si sono opposti, sono stati minacciati. È avvenuto ieri e l’altro ieri». Questo lo scenario descritto alla Misna da Sliman Bouchuiguir, segretario generale della Lega libica per i diritti umani, affiliata alla Federazione internazionale dei diritti umani (Fidh). L’informazione, dice, gli è stata riferita da una fonte medica dell’ospedale centrale di Tripoli, uno dei nosocomi della capitale. Le notizie dalla Libia raggiungono Bouchuiguir in Svizzera, dove ha sede la Lega, perchè in Libia qualsiasi organizzazione indipendente è passibile della pena di morte, mentre l’unico organismo attivo in ambito dei diritti umani è quello diretto dal figlio di Gheddafi, Saif al Islam. È impossibile, per l’esponente libico in esilio, fornire un bilancio preciso delle vittime dei disordini iniziati il 16 febbraio scorso, ma non esclude che possano essere diverse migliaia, come ipotizzato da alcune emittenti panarabe.

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TRIPOLI – Assedio al regime di Muammar Gheddafi, che i suoi ex collaboratori si dicono convinti deciderà di «morire come Hitler», suicidandosi, piuttosto che cedere: la rivolta si è estesa verso ovest, con alcune città come Zuara controllate dai «comitati popolari» anti-governo, mentre si preparerebbe un attacco in forze contro Tripoli, ultimo vero bastione del regime dove Gheddafi sta concentrando le truppe di fedelissimi e dove il tam tam annuncia per domani una nuova imponente dimostrazione. L’Ue, intanto, annuncia di tenersi pronta per un intervento militare umanitario nel Paese. Stamani, forse proprio per ‘tagliare le lineè dei rivoltosi, l’esercito ha lanciato una offensiva a Zawia, a ovest di Tripoli: «Un massacro», ha riferito un ex militare alla tv Al Arabiya. Altri testimoni hanno detto all’emittente che i morti sono «centinaia». Un’altra offensiva ha avuto luogo a Misurata, presa ieri dai dimostranti: anche in questo caso ci sarebbero numerose vittime, con gli scontri ancora in corso in molte zone della città.

Tensione alle stelle anche a Tajoura, città a est della capitale, «circondata» dalle milizie filo-regime e dove i residenti temono un bombardamento. «La marcia su Tripoli era prevista per domani, sarebbero dovuti venire anche da Zawia e Tajoura per liberarla. Gheddafi oggi sta bombardando per fermarli», ha detto all’ANSA una testimone. Nella capitale il rais, che sarebbe asserragliato in un bunker sotterraneo della caserma di Bab al Aziziya, sobborgo meridionale di Tripoli, sta ammassando migliaia di mercenari e fedelissimi armati, scrive il New York Times: Gheddafi «ha richiamato» le forze speciali guidate dai figli, segmenti dell’esercito fedeli alla sua tribù e i loro alleati, mercenari africani addestrati in questi anni e che hanno probabilmente già combattuto in Sudan. La presenza di queste forze, raccontano i testimoni, è visibile: «Sembra la Somalia», dozzine di posti di blocco sono stati istituiti sulle strade principali da mercenari e uomini in borghese. «Chiedono non solo i documenti, ma anche di dimostrare il proprio sostegno a Gheddafi, altrimenti sono problemi», ha raccontato un testimone. Nella capitale già da due giorni le ‘squadre della mortè seminano il terrore, uccidendo gli uomini e stuprando le donne. I residenti si barricano in casa. Intanto, la morsa attorno alla capitale si stringe sempre di più: «L’attacco a Tripoli è imminente», ha detto all’ANSA un giovane di nome Taha, e «arriverà dalla tribù dei Warfalla, sono armati e stanno arrivando dalla Cirenaica, da Zenten, da Beni Oualid, da Zawia per liberare la città». La gente fugge come può, il confine tunisino è stato preso d’assalto, così come quello algerino – con Algeri che ha aperto le porte agli stranieri – o quello egiziano, battuto oggi da una tempesta di sabbia. La condanna della comunità internazionale è unanime: «Basta con la violenza», ha tuonato ieri il presidente Usa Barack Obama: «I diritti umani non sono negoziabili». Il ministro degli Esteri britannico William Hague dal canto suo ha chiesto una «inchiesta internazionale» sulle «atrocita» commesse nel Paese. In campo è sceso poi oggi anche il ramo nordafricano di Al Qaida, schierandosi a fianco dei dimostranti anti-regime e accusando Gheddafi di essere un «assassino di innocenti».

Obama: “Violenza mostruosa va fermata”

«Una violenza mostruosa e inaccettabile, che viola ogni standard di normale decenza». Così Barack Obama ha definito quanto sta succedendo in Libia, nella sua prima dichiarazione da quando la crisi è cominciata e mentre è salito a 10.000 morti e 50.000 feriti il bilancio delle vittime, secondo Al Arabiya che cita un membro della Corte penale internazionale. «I diritti umani non sono negoziabili», la violenza deve essere fermata e basta, ha detto il presidente Usa, che ha fatto appello alla comunità internazionale per un intervento coordinato e concordato. Al suo fianco, il segretario di Stato, Hillary Clinton, che – ha annunciato Obama – lunedì sarà a Ginevra per incontrare altri ministri degli Esteri, per valutare un’azione comune. Quanto sta avvenendo in Libia, ha detto Obama, è «offensivo e inaccettabile, e la violenza deve essere fermata ora». «Non è vero», come riferito da alcune fonti in Libia, che ci sono gli Stati Uniti o altri poteri stranieri dietro alle violenze. Semmai è vero il contrario, e cioè che le violenze in Libia sono condotte da persone presenti «nella regione». Quanto sta accadendo in Libia è l’umanissima aspirazione degli esseri umani «ad essere trattati da essere umani». È banalmente questo che in Libia «sta portando al cambiamento», ed è in nome di questo «diritto» che le violenze «devonò essere fermate. Obama nella sua dichiarazione non ha mai fatto il nome di Gheddafi. Ha invece precisato che gli Stati Uniti si stanno coordinando con la comunità internazionale »per mettere a punto una serie di misure appropriate«, ma non ha mai parlato di »sanzionì. Quello lo avevano fatto, in precedenza, sia il portavoce della Casa Bianca, Jay Carey, sia il portavoce del Dipartimento di Stato, Philip Crowley: «Continuiamo a lavorare con l’Onu – aveva detto Carey – e stiamo esaminando una serie di opzioni, comprese le sanzioni». Obama vuole una risposta coordinata. Da un lato è consapevole che Gheddafi è ormai completamente isolato; dall’altro il presidente americano è attento a evitare di dare l’impressione di voler imporre la sua voce. Per questo nella sua dichiarazione ha sottolineato che gli Usa sono al fianco tanto del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che ieri ha espresso «unanime condanna per la continua violazione dei diritti umani» in Libia. Posizioni analoghe – ha ricordato Obama – sono state espresse dall’Unione Europea, dalla Lega Araba, dall’Unione dei Paesi Africani. È il mondo intero che condanna Gheddafi, ma Obama quel nome non ha voluto neppure pronunciarlo. «La nostra priorità in queste ore è stata quella di proteggere gli americani, e di procedere con le evacuazioni necessarie» ha detto il presidente. Ora «l’indecente violenza deve essere fermata».

Ue: “Intervento militare umanitario”

La Ue si tiene pronta ad un intervento militare umanitario in Libia. Lo riferiscono fonti diplomatiche a Bruxelles, precisando che si tratta di «un’opzione possibile». «È una delle possibilità a cui stiamo lavorando, nell’ambito dei piani di emergenza che stiamo preparando per fare fronte ai diversi scenari», hanno precisato le fonti europee. L’ipotesi di un «intervento militare per scopi umanitari» è già stata presa in considerazione dagli Usa. Le fonti hanno precisato che «si è comunque lontani» dalla possibilità di precisare l’eventuale «cornice legale» dell’intervento, che dovrebbe avvenire nell’ambito dell’Onu. «Normalmente, la dichiarazione da parte dell’Onu di una situazione di emergenza umanitaria è basata su un rapporto sulla mancanza di acqua, di cibo e di medicine. Al momento, non abbiamo questo tipo di rapporto», hanno riferito i diplomatici. Il dispiegamento di una forza militare per scopi umanitari risponde inoltre usualmente ad una formale richiesta del paese e/o ad una formale richiesta dell’Onu. «È uno dei piani di emergenza a cui stiamo lavorando per essere pronti a fare fronte ad ogni scenario, anche al peggiore», hanno ripetuto le fonti. I diplomatici Ue hanno detto di avere «informazioni conflittuali» sulla situazione in Libia. Anche sul numero delle vittime: «le cifre vanno dalle 300 dichiarate ufficialmente, alle 1000 denunciate dalle organizzazioni umanitarie, fino alle cifre di 10 mila indicate da altre fonti».

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