Michele Santoro lascia la Rai. Quasi sicuro l’approdo a La7

ROMA – La Rai e Michele Santoro hanno «convenuto di risolvere il rapporto di lavoro» e hanno «inteso definire transattivamente il complesso contenzioso – da troppo tempo pendente – altrimenti demandato alla sede giudiziaria». È quanto si legge in una nota di Viale Mazzini. «Si è ritenuto infatti -prosegue la nota- di far cessare gli effetti della sentenza del Tribunale di Roma, confermate in appello, in materia di modalità di impiego di Michele Santoro, recuperando così la piena reciproca autonomia decisionale. A tal fine le Parti -conclude la nota- hanno altresì convenuto di risolvere il rapporto di lavoro, riservandosi di valutare in futuro altre e diverse forme di collaborazione».

Il principe delle piazze televisive

Ruvido, istrionico, politicamente scorretto, vulcanico e combattivo: Michele Santoro lascia la Rai, l’azienda con la quale ha sempre avuto un rapporto conflittuale, di amore e odio ma che ha contribuito a rinnovare profondamente. L’addio era stato annunciato già poco più di un anno fa quando – era il 18 maggio – si annunciò un accordo consensuale con l’azienda al quale mancava solo la firma. Una firma che, tra vari scontri con l’allora direttore generale Mauro Masi e una conferenza stampa di fuoco, non arrivò mai. Intervenne il presidente della Rai Paolo Garimberti: «Adesso Annozero può cominciare», disse. Poi il 14 luglio l’ultimatum, e Santoro spiegò: «Non c’è più spazio per rinvii e ambiguità. E non c’è più tempo per trovare alcun accordo tra noi che non preveda la messa in onda di Annozero». A fine luglio il Cda decide che dal 23 settembre sarà in palinsesto quella che probabilmente è stata l’ultima stagione, e che si chiude giovedì. Una stagione di nuove battaglie e polemiche, anche con il direttore Muro Masi che il 27 gennaio chiama in trasmissione per l’ultimo, plateale scontro. Poi Masi lascia per la Consap e arriva l’attuale dg, Lorenza Lei, con cui Santoro avrebbe firmato l’accordo dell’addio. Santoro ora gira pagina perchè – come tante volte lui stesso ha confidato in passato – ‘non si può sempre recitare la stessa parte in commedià. La storia con la Rai è lunga quasi una vita, costellata di strappi, bracci di ferro, polemiche roventi, addii dolorosi e ritorni polemici. È il 1987 quando prende vita Samarcanda su Rai3 e con lei nasce la nuova piazza televisiva: in primo piano la gente, i soprusi, le storie di persone emarginate, delle vittime e degli oppressi. Lo stesso Santoro ‘inventà la figura del conduttore in piedi, molto più di un arbitro in quella che è una vera e propria arena dove si discute fino a litigare. I format si susseguono con un successo all’inizio imprevisto: dopo Samarcanda, è la volta del Rosso e Nero (1993-1994), poi di Tempo Reale (1994-1996) sempre su Rai3. Ma è dietro l’angolo c’è quell’inquietudine che fa di Santoro un personaggio mediatico: in modo clamoroso molla la Rai e va a Mediaset a condurre Moby Dick su Italia 1, dove resterà per circa un triennio. La fase più calda della sua carriera sta per iniziare: rientra a Viale Mazzini con Circus su Rai1 (1999-2000), poi è il turno del Raggio Verde su Rai2 (2000-2002). È l’inizio di una strada tutta in salita durante la quale si consuma lo show down con Silvio Berlusconi che lo accusa di faziosità, di imbastire processi televisivi, di essere pietra dello scandalo per il servizio pubblico. È il 16 marzo 2001 quando Berlusconi irrompe al Raggio Verde con una telefonata in cui scarica sul conduttore tutte le sue accuse e soprattutto gli ricorda di essere un dipendente del servizio pubblico, intimandogli di attenersi alle regole. Santoro chiede alla regia di interrompere la telefonata e chiude così: «Sono un dipendente della Rai ma non sono un suo dipendente». Al centro delle polemiche infuocate la puntata sullo stalliere di Arcore Vittorio Mangano e sui rapporti tra Marcello Dell’Utri e Cosa Nostra: scontro giocato a colpi di esposti da parte di Berlusconi e Forza Italia. È l’inizio della fine: a novembre del 2001 parte Sciuscià su Rai2. Il 18 aprile 2002, Berlusconi lancia la fatwa da Sofia, meglio nota come editto bulgaro, accusando Santoro, Daniele Luttazzi, Enzo Biagi di fare un uso criminoso del servizio pubblico. L’aria cambia decisamente. Santoro è costretto a lasciare la Rai e lo fa alla sua maniera: nella puntata di Sciuscià del giorno successivo, il giornalista intona il canto partigiano ‘Bella ciaò. Il 31 maggio in onda l’ultima puntata: il Cda Rai, a maggioranza di centrodestra, cancella il programma, per «motivi di tutela aziendale»; verranno licenziati e allontanati dalla Rai anche Biagi (rapporto cessato per scadenza del contratto e non rinnovato) e Luttazzi. Santoro imbocca la via legale contro l’azienda e nel frattempo si candida all’Europarlamento con l’Ulivo di Romano Prodi. Ma l’esperienza politica non fa per lui e si chiude in anticipo: 19 ottobre 2005 presenta le sue dimissioni da parlamentare europeo per partecipare alla prima puntata del programma Rockpolitik condotto da Adriano Celentano. Santoro vince la battaglia legale e torna in televisione il 16 settembre 2006 con Annozero: da allora la sua permanenza è costellata di inciampi, avvelenata da continui e violenti attacchi politici. La presenza di Marco Travaglio e di Vauro non aiuta e tra alti e bassi il programma va avanti fino ad oggi. Con la par condicio, l’ultima battaglia fuori dalla Rai: quella di Raiperunanotte che rappresenta l’ostinazione e la voglia di andare in onda contro tutti e tutto. Sfiora il licenziamento, ma ancora una volta Santoro ‘vincè l’ennesimo braccio di ferro all’indomani dello scandalo intercettazioni nell’inchiesta di Trani con Berlusconi che ne chiede nuovamente la cacciata.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe