ROMA – Le Province sono dure a morire, come dimostrano i periodici tentativi andati a vuoto negli anni passati. E anche questa volta, la lista di quelle destinate a sparire ‘ingoiatè dalla manovra si è assottigliata da un giorno all’altro. Ieri erano 37, oggi sono diventate 29. Mentre gli amministratori locali insorgono e minacciano annessioni alla Svizzera, l’opposizione insinua: sono state salvate le Province leghiste. È stato il ministro della Semplificazione Roberto Calderoli a illustrare la misura. «Non condivido – premette – la strada della soppressione completa delle Province. L’unica strada sarebbe quella costituzionale. Noi – osserva – abbiamo previsto la soppressione di quelle che non raggiungono o i 300mila abitanti o i 3mila km quadrati di superficie. Ma il punto di riferimento è il censimento che si farà in autunno». I numeri attuali indicano che il taglio riguarderà 29 Province, da Benevento a Lodi, da Enna a Rovigo, da Crotone a Vercelli, da Rieti all’ Ogliastra. L’introduzione del criterio della superficie ne risparmia otto, tra cui Sondrio e Belluno, guidate dalla Lega. «Nella notte – accusa Antonio Borghesi (Idv) – una manina lesta, pur di salvare il feudo leghista di Sondrio, nonchè patria del ministro Tremonti, per quanto riguarda i criteri per abolire alcune province italiane, ha aggiunto nella manovra una norma in più».
Stesso sospetto ha Giorgio Conte (Fli), secondo cui i parametri introdotti dal decreto, «del tutto opinabili e discutibili», garantirebbero «molte province a guida leghista». Ed era stato lo stesso presidente della Provincia di Sondrio, il leghista Massimo Sertori, a fare la voce grossa contro la minaccia del taglio. «L’intenzione – annuncia – è quella di promuovere un referendum per capire se i miei convalligiani preferiscano andare con la vicina Svizzera, oppure accontentarsi di restare in un territorio di periferia, abbandonato al suo destino dallo Stato italiano, ipotesi quest’ultima che appare la meno probabile da accettare». Anche dagli altri amministratori indiziati di scomparsa si levano proteste. «Quante ore occorreranno ancora al Governo – chiede il presidente della Provincia di Rieti, Fabio Melilli – per accorgersi che l’articolo 133 della Costituzione attribuisce ai Comuni e solo ad essi il potere di iniziativa per modificare le Province?». Gli fa eco Stanislao Zurlo (Crotone). «Ho già parlato con la mia Giunta e con il Consiglio – fa sapere – e all’unanimità abbiamo deciso di rinunciare all’indennità ed a tutte le altre concessioni che potrebbero diventare una spesa per l’Ente. È nostra intenzione difendere in tutto e per tutto un’istituzione tanto agognata dal nostro territorio e che rischia di sparire dopo pochi anni di vita». Clemente Mastella, da parte sua, si mobilita per salvare la sua Benevento e parla di ‘Molisanniò, nuova entità provinciale che si otterrebbe annettendo le confinanti Valle Caudina e Valle Alifana per «superare, così, la soglia dei 300mila abitanti evitando di rientrare tra quelle istituzioni sottoposte a cancellazione». Il decreto prevede anche che non possano essere istituite «in ogni caso» Province «in regioni con popolazione inferiore a 500mila abitanti». A partire dal primo rinnovo degli organi di governo delle Province successivo alla data di entrata in vigore del provvedimento, inoltre, viene ridotto della metà il numero dei consiglieri e degli assessori provinciali. La soppressione delle Province, infine, determina anche il taglio degli uffici territoriali del governo che vi hanno sede. Tante poltrone, dunque, a rischio ed è facile prevedere che il trasversale partito ‘salva-Provincè si metterà in moto per fermare la ghigliottina.