Obiettivo Somalia per gli aerei senza pilota USA. La guerra si sposta nel Corno d’Africa

ROMA – Il nuovo direttore della CIA, Leon Panetta, ne è profondamente convinto. Dopo la controffensiva USA in Afghanistan e Pakistan e la morte di Osama bin Laden, il baricentro della crociata internazionale contro il “terrorismo” deve trasferirsi in Corno d’Africa.

Target, le milizie somale degli Shabab, accusate dall’agenzia d’intelligence di essere parte della rete di al-Qaeda. “Abbiamo parecchi indizi che mostrano che gli Shabab stanno per colpire obiettivi anche fuori dalla Somalia”, ha dichiarato Panetta nel corso di una recente audizione al Senato. “Al-Qaeda sta trasferendo i suoi affiliati in Yemen, Somalia e nord Africa per fornire aiuti e addestramento al combattimento, ed è in queste regioni che potrebbe emergere il suo nuovo leader carismatico. La CIA sta lavorando con il Comando congiunto per le operazioni speciali USA per cercare di potenziare le forze antiterrorismo”.

Contro la “grande minaccia” rappresentata dalla penetrazione in Africa orientale delle milizie antigovernative sono stati mobilitati i reparti di USAFRICOM, il Comando interforze per le operazioni USA nel continente africano, a partire dagli oltre duemila marines di stanza nello scalo aeronavale di Gibuti. E per scovare e annientare gli Shabab, Washington è pronta ad intervenire con le tecnologie militari più moderne e sofisticate, come i velivoli senza pilota UAV del tipo Global Hawk, Predator e Reaper, ampiamente utilizzati per l’attacco alla Libia.

Secondo il Washington Post, in vista delle nuove operazioni “anti-terrorismo” in Somalia e Yemen, l’amministrazione Obama sta allestendo in Corno d’Africa e nella penisola arabica una serie di basi per i decolli e gli atterraggi dei droni. Una di esse sorgerà in Eti?o?pia, principale alleato USA nella lotta contro gli Shabab somali. Secondo il quotidiano statunitense, da almeno quattro anni Washington chiedeva ad Addis Abeba di autorizzare l’uso di una installazione militare per gli aerei senza pilota. “Il programma ha subito però forti ritardi perché gli etiopi non erano del tutto convinti”, ha spiegato un alto ufficiale USA al Washington Post. “Quando è stata compresa appieno la portata della minaccia degli Shabab, l’Etiopia ha accettato di essere un valido partner nella lotta al terrorismo. Oggi abbiamo una serie di accordi di cooperazione con gli etiopi, specie nel campo dell’intelligence e dello scambio di dati sulle postazioni dei militanti islamici. Noi forniamo agli alleati le informazioni raccolte dai nostri satelliti spia, mentre i militari etiopi ci aiutano a tradurre i messaggi, le telefonate e le e-mail dei membri dell’organizzazione degli Shabab, intercettati dalle agenzia USA”.

La CIA e le altre agenzie di spionaggio statunitensi utilizzano in territorio somalo informatori e agenti segreti di nazionalità etiope. Un’unità speciale delle forze armate USA, la Task Force 88, è operativa in Etiopia e in Kenya da alcuni anni per addestrare le truppe d’élite locali, come ad esempio gli Agazi Commandos, i gruppi di pronto intervento etiopi che hanno partecipato alla sanguinosa offensiva in Somalia di fine 2006.

Un’altra base per le operazioni dei droni contro le postazioni dei miliziani islamici è operativa dal settembre 2009 nell’arcipelago delle Seychelles (Oceano Indiano). “Dall’aeroporto internazionale di Mahé, ha ripreso le operazioni questo mese una piccola flotta di droni hunter-killer, dopo che una missione sperimentale ha dimostrato che i velivoli senza pilota possono pattugliare effettivamente la Somalia partendo dalle Seychelles”, scrive il Washington Post, citando il portavoce di USAFRICOM. I droni, quattro MQ-9 Reaper, sono ospitati in un hangar vicino al terminal passeggeri dello scalo aeroportuale.
Con una lunghezza di 20 metri , gli MQ-9 Reaper possono volare per 40 ore consecutive ad una velocità di oltre 440 chilometri all’ora e un raggio operativo di 4.800 chilometri . Dotati di sofisticate telecamere e sensori per captare qualsiasi oggetto si muova nell’oceano, i velivoli sono guidati da stazioni terrestri e satellitari sotto il controllo dei Comandi US Air Force di Creech (Nevada) e Holloman (New Mexico). I lanci e gli atterraggi dei velivoli sono seguiti a Mahé da un team di un centinaio tra militari e contractor statunitensi.

In principio le autorità politiche e militari di Stati Uniti e Seychelles avevano affermato che la missione primaria degli UAV era l’identificazione delle imbarcazioni dei “pirati” presenti nelle acque somale e nel Golfo di Aden (in codice Operation Ocean Look). “Le Seychelles sono diventate il centro hub per la lotta alla pirateria”, aveva annunciato il ministro dei trasporti delle isole-stato, Joel Morgan, in occasione del primo volo operativo dei Reaper. “Gli aerei senza pilota saranno utilizzati per condurre missioni d’intelligence, sorveglianza e riconoscimento in un’area che si estende dalle coste somale sino all’Oceano Indiano occidentale”. In pochi tuttavia han creduto alle edulcorate versioni ufficiali, e dopo la pubblicazione sul periodico EastAfrican di un documento del Comando USAFRICOM di Stoccarda, fu chiaro che i Reaper erano destinati principalmente “a cacciare e attaccare i militanti islamici all’interno della Somalia”. Il Pentagono negò però che gli UAV avessero vocazioni offensive e utilizzassero armi a bordo. I cablogrammi dei diplomatici statunitensi, rivelati recentemente da WikiLeaks, mostrano tuttavia che il Pentagono aveva la ferma intenzione di armare i Reaper con missili “Hellfire” e bombe teleguidate da 500 libbre sin dall’inizio delle operazioni nelle Seychelles, esattamente come avviene in Afghanistan e Pakistan.

Gli USA utilizzerebbero droni armati in territorio somalo dallo scorso mese di giugno, quando fu sferrato un attacco missilistico contro due leader Shabab, “vicini al predicatore di origini statunitensi Anwar al-Aulaqi, scampato ad un bombardamento aereo in Yemen il mese precedente”, come ha ammesso il Dipartimento della difesa. Con questo attacco, la Somalia è divenuto il sesto paese colpito dai velivoli senza pilota, dopo Afghanistan, Pakistan, Libia, Iraq e Yemen.
Contro le milizie islamiche radicali, il Pentagono ha pure utilizzato UAV armati, decollati dalle basi di Gibuti. Per potenziare le future opzioni di strike in Corno d’Africa e Yemen, la CIA starebbe pure realizzando uno scalo per Predator e Reaper in un luogo top secret della penisola arabica. Secondo le agenzie di stampa russe, la nuova installazione dovrebbe trovarsi in Bahrein “dove già esiste una base statunitense della V Flotta”, in modo da “assicurare la rotta più sicura dei droni verso lo Yemen, attraverso l’Arabia Saudita, alleato chiave USA”.

Al quartier generale della CIA di Langley (Virginia), è stata attivata di recente un’unità speciale “antiterrorismo” destinata specificatamente a coordinare le operazioni UAV in Yemen e Corno d’Africa. La task force è andata ad affiancare il dipartimento pakistano-afgano della centrale d’intelligence (noto internamente come “PAD”) che persegue al-Qaeda con una flotta di una trentina di Predator e Reaper dislocati in alcune basi pakistane ed afgane. Alla nuova unità giungeranno pure le informazioni e le immagini captate in volo dai grandi aerei-spia Global Hawk che l’US Air Force ha installato lo scorso anno nella base siciliana di Sigonella.

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