Approvata la ” riforma” dell’Università

ROMA – Il ddl Gelmini sulla riforma universitaria è stata approvata in via definitiva dal Senato. Hanno votato a favore 161, 98 contro e 6 sono stati i voti di astensione. «Non un miracolo, ma certamente c’è stato un grande impegno e un grande lavoro da parte del governo e della maggioranza, con un grande gioco di squadra che ha permesso finalmente di approvare la riforma dell’Università». Così il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini esprime la sua soddisfazione nel corso del collegamento di “Porta a porta”.

Quanto ai finanziamenti, «ho i soldi – assicura Gelmini- è stato stanziato un miliardo di euro nella legge di stabilità che è sufficiente per garantire le spese di funzionamento e il riconoscimento degli scatti meritocratici ai ricercatori e ai professori. E ci sono 125 milioni di euro per le borse di studio. Mi pare siano risorse significative, che determineranno l’entrata in vigore della legge sul piano concreto». Per quel che riguarda poi i tempi, il ministro informa che «è già stato predisposto il decreto attuativo per il reclutamento con la promozione attraverso un concorso di 1.500 posti da professore associato. Nel prossimo Consiglio dei ministri presenteremo il provvedimento e nell’arco di sei mesi tutti i regolamenti e i decreti previsti per l’attuaizone della riforma saranno ultimati».

I punti salienti della riforma

Lotta agli sprechi e a ‘parentopoli’, stop ai rettori a vita, assegnazione di risorse agli atenei in base alla qualità della ricerca e della didattica. Sono alcuni dei punti chiave della riforma dell’Università approvata oggi, dopo un iter durato due anni. Sono del 2008, infatti, le linee guida del governo che hanno ispirato la riforma. Il 29 luglio scorso l’aula del Senato approva il testo che approda alla Camera ad ottobre. «Il primo provvedimento organico che riforma l’intero sistema universitario» il provvedimento, evidenziava il ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, dopo l’approvazione da parte della Camera, afferma il principio che l’autonomia delle università deve essere coniugata con una forte responsabilità finanziaria, scientifica, didattica. Le università sono autonome ma risponderanno delle loro azioni. Se saranno gestite male riceveranno meno finanziamenti. Con il provvedimento vengono quindi riformati il reclutamento del personale e la governance delle università secondo criteri meritocratici e di trasparenza. Organizzazione del sistema universitario (entro sei mesi dall’approvazione della legge le università dovranno approvare statuti con queste caratteristiche). Verrà istituzionalizzata l’adozione di un codice etico. Oggi, spiega il ministero, non ci sono regole per garantire trasparenza nelle assunzioni e nell’amministrazione. La riforma prevede l’introduzione di un codice etico per evitare incompatibilità e conflitti di interessi legati a parentele. Alle università che assumeranno o gestiranno le risorse in maniera non trasparente saranno ridotti i finanziamenti del Ministero.

Il provvedimento prevede poi un nucleo di valutazione d’ateneo a maggioranza esterna per garantire una valutazione oggettiva e imparziale. Non solo, gli studenti valuteranno i professori e questa valutazione sarà determinante per l’attribuzione dei fondi alle università da parte del Ministero. Viene quindi offerta la possibilità per gli atenei di fondersi tra loro o aggregarsi su base federativa per evitare duplicazioni e costi inutili. Con la riforma sarà possibile di unire o federare università vicine, anche in relazione a singoli settori di attività, di norma in ambito regionale, per abbattere costi e aumentare la qualità di didattica e ricerca. Riduzione dei settori scientifico-disciplinari, dagli attuali 370 alla metà (consistenza minima di 50 ordinari per settore). Attualmente ogni professore è oggi rigidamente inserito in settori scientifico-disciplinari spesso molto piccoli, anche con solo 2 o 3 docenti mentre in futuro saranno ridotti per evitare che si formino micro-settori che danneggiano la circolazione delle idee e danno troppo potere a cordate ristrette.

Riduzione del numero delle Facoltà

Il provvedimento prevede inoltre una riduzione molto forte delle facoltà che potranno essere al massimo 12 per ateneo. Questo per evitare la moltiplicazione di facoltà inutili o non richieste dal mondo del lavoro. la riforma introduce poi l’abilitazione nazionale come condizione per l’accesso all’associazione e all’ordinariato. L’abilitazione è attribuita da una commissione nazionale sulla base di specifici parametri di qualità. I posti saranno poi attribuiti a seguito di procedure pubbliche di selezione bandite dalle singole università, cui potranno accedere solo gli abilitati. Tra i punti salienti: Commissioni di abilitazione nazionale autorevoli con membri italiani e, per la prima volta, anche stranieri; cadenza regolare annuale dell’abilitazione a professore, al fine di evitare lunghe attese e incertezze; attribuzione dell’abilitazione, a numero aperto, sulla base di rigorosi criteri di qualità stabiliti con Decreto Ministeriale, sulla base di pareri dell’Anvur e del Cun; distinzione tra reclutamento e progressione di carriera: basta con i concorsi banditi per finta solo per promuovere un interno. Entro una quota prefissata (1/3), i migliori docenti interni all’ateneo che conseguono la necessaria abilitazione nazionale al ruolo superiore potranno essere promossi alla luce del sole con meccanismi chiari e meritocratici; messa a bando pubblico per la selezione esterna di una quota importante (2/3) delle posizioni di ordinario e associato per ricreare una vera mobilità tra sedi, oggi quasi azzerata; procedure semplificate per i docenti di università straniere che vogliono partecipare alle selezioni per posti in Italia.

Acceso per i ricercatori

La riforma introduce poi interventi volti a favorire la formazione e l’accesso dei giovani studiosi alla carriera accademica. Tra i punti salienti la revisione e semplificazione della struttura stipendiale del personale accademico per eliminare le penalizzazioni a danno dei docenti più giovani; la revisione degli assegni di ricerca per introdurre maggiori tutele, con aumento degli importi; abolizione delle borse post-dottorali, sottopagate e senza diritti; nuova normativa sulla docenza a contratto, con abolizione della possibilità di docenza gratuita se non per figure professionali di alto livello; riforma del reclutamento, con l’introduzione di un sistema di tenure-track: contratti a tempo determinato di 6 anni (3+3). Al termine dei sei anni se il ricercatore sarà ritenuto valido dall’ateneo sarà confermato a tempo indeterminato come associato. In caso contrario terminerà il rapporto con l’università maturando, però dei titoli utili per i concorsi pubblici. Questo provvedimento, come evidenziato dal Ministero, si rende indispensabile per evitare il fenomeno dei ricercatori a vita e determina situazioni di chiarezza fondate sul merito. Inoltre, il provvedimento abbassa l’età in cui si entra di ruolo in università, da 36 a 30 anni, con uno stipendio che passa da 1300 euro a 2100. Novità anche per quanto riguarda la Gestione finanziaria con l’introduzione della contabilità economico-patrimoniale uniforme, secondo criteri nazionali concordati tra Miur e Tesoro. I bilanci dovranno rispondere a criteri di maggiore trasparenza. Debiti e crediti saranno resi più chiari nel bilancio. È quindi previsto il commissariamento e tolleranza zero per gli atenei in dissesto finanziario.

Valutazione degli atenei

Il provvedimento prevede quindi la valutazione degli atenei. Le risorse saranno trasferite dal ministero in base alla qualità della ricerca e della didattica. Fine della distribuzione dei fondi a pioggia.Obbligo di accreditamento, quindi di verifica da parte del ministero, di tutti i corsi di laurea e di tutte le sedi distaccate per evitare che si creino insegnamenti e strutture non necessarie. Valutazione dell’efficienza dei risultati conseguiti da parte dell’Anvur. I docenti avranno l’obbligo di certificare la loro presenza a lezione. Questo per evitare che si riproponga senza una soluzione il problema delle assenze dei professori negli atenei. Viene per la prima volta stabilito inoltre un riferimento uniforme per l’impegno dei professori a tempo pieno per il complesso delle attività didattiche, di ricerca e di gestione, fissato in 1500 ore annue di cui almeno 350 destinate ad attività di docenza e servizio per gli studenti. Sono quindi previsti scatti stipendiali solo ai professori migliori.Si rafforzano le misure annunciate nel DM 180 in tema di valutazione dell’attività di ricerca dei docenti. In caso di valutazione negativa si perde lo scatto di stipendio e non si può partecipare come commissari ai concorsi.

Diritto allo studio

Vengono poi previste norme per il diritto allo studio e aiuti agli studenti meritevoli. Delega al governo per riformare organicamente la legge 390/1991, in accordo con le Regioni. Obiettivo: spostare il sostegno direttamente agli studenti per favorire accesso agli studi universitari e mobilità. Inoltre sarà costituito un fondo nazionale per il merito al fine di erogare borse di merito e di gestire su base uniforme, con tassi bassissimi, i prestiti d’onore. Sarà inoltre favorita la mobilità all’interno degli atenei, perchè un sistema senza mobilità interna non è un sistema moderno e dinamico. Infine, è prevista la possibilità per chi lavora in università di prendere 5 anni di aspettativa per andare nel privato senza perdere il posto.

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