Donne uccise, nel 2011 aumenta il “femicidio”

ROMA – I primi dati relativi agli accadimenti del 2011 parlano di 92 donne uccise solo da uomini italiani. Melania Rea, Yara Gambirasio sono solo alcuni dei nomi delle storie di cronaca nera che hanno destato più interesse nella stampa nazionale. Ma molti altri sono i casi che passano sotto silenzio e che raccontano delle quotidiane violenze che vengono subite dalle donne in Italia.  

Alcuni omicidi sono raccontati solo dalla stampa locale, altri sono difficilmente rintracciabili, altri ancora sono menzionati, ma non viene riportato il nome della donna uccisa, talvolta etichettata soltanto come “prostituta”, “clandestina”, “straniera”.
Un elenco di nomi, con tutto il loro carico di vita e di bellezza che spariscono senza un perchè.   
Per ogni donna uccisa ce ne sono tante che subiscono ogni giorno violenze e vessazioni, che vivono in una continua estenuante tortura.  
“Sebbene in 125 paesi esistano leggi che penalizzano la violenza domestica, e l’uguaglianza tra uomini e donne sia garantita in 139, sei donne su dieci, in tutto il mondo, hanno subito violenza fisica e sessuale nel corso della loro vita, quasi sempre a opera di mariti e familiari”. Questo sottolineava il direttore di UN Women, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che si celebra in tutto il mondo a Novembre.
“La violenza contro le donne ha la portata di una pandemia. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite indica nella violenza sessuale una tattica deliberata di guerra, eppure le donne continuano ancora a essere vittime di abusi. E questo non per mancanza di consapevolezza, ma perché manca la volontà politica di venire incontro ai bisogni delle donne e di tutelare i loro diritti fondamentali”.

Nel 2011 il “femicidio” (dall’inglese “femicide” definito dalla criminologa Russell – violenza misogina) non si ferma, ma è in aumento. Lo dicono le associazioni che denunciano “dati allarmanti e sottostimati”. Secondo un rapporto elaborato dalle volontarie della “Casa delle donne” di Bologna, nel 2010 sono morte in 127, il 6,7% in più rispetto all’anno precedente. Dal conteggio sono esclusi i casi irrisolti, le donne scomparse, le vittime della tratta. Il rapporto sottolinea la stretta relazione tra vittima e assassino. A uccidere sono i mariti (22%), ex (23%), compagni o conviventi (9%), figli (11%) e padri (2%). La violenza familiare “è solo l’apice di altre violenze subite e taciute”.  Il delitto, insomma,  non quasi mai frutto di un raptus, ma è l’epilogo di un percorso. Infatti secondo Osservatorio Nazionale dello Stalking (attivo dal 2007) un’alta percentuale  omicidi è preceduta da atti persecutori e molestie.

Ciò che aggrava la situazione è come molti di questi delitti rimangano irrisolti e come la giustizia italiana lasci dei vuoti non comprensibili dal punto di vista giudiziale.

A marzo di quest’anno, nella periferia romana, è stato trovato il tronco di un cadavere di una donna, mutilato, privo di organi interni ed appeso ad un albero. Un delitto di tale ferocia e premeditazione ci si aspetterebbe venisse trattato come prioritario e non lasciato nel limbo del  “cadavere non identificato” e del “non risolto”, ma a parte poche informazioni al momento del ritrovamento del cadavere non si è più avuta nessuna notizia.
Ben note poi sono le vicende di Meredith Kercher e Chiara Poggi. La Kercher era una studentessa statunitense a Perugia, assassinata nel 2007 con un taglio alla gola. Gli indiziati erano Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudy Hermann Guede. Dopo 4 anni di processi e detenzioni la Knox e Sollecito sono stati assolti per non aver commesso il fatto, Guede viene condannato per concorso in omicidio, concorso in un omicidio commesso da nessuno.
Alberto Stasi è stato dal momento della morte della Poggi, sempre nel 2007, praticamente l’unico indiziato e lo scorso dicembre è stato anche lui assolto per non aver commesso il fatto.
L’elenco delle vicende simili a quelle citate è molto lungo, indagini non chiuse o concluse a distanza di anni in modo non soddisfacente (il delitto di Simonetta Cesaroni, a distanza di 20 anni viene arrestato pochi mesi or sono il fidanzato).

Chiunque sia stato a commettere questi omicidi può sperare nell’impunità. Non è come nella fiction e nella letteratura, il delitto perfetto esiste, il delitto paga e uccidere sembra diventare un modo possibile per risolvere un conflitto di genere.
Non è possibile colmare il vuoto generato da una perdita, ma l’edificante certezza della pena e quindi l’arresto del colpevole aiuterebbe la fiducia del singolo, sia questo uomo o donna, in una società più sicura e giusta. Precisamente, le ricerche di alcuni illustri giuristi, dimostrano come sembri più efficace la maggior certezza dell’applicazione della pena, che non la severità della stessa.

“L’obiettivo generale che tutte le leggi si pongono, o che dovrebbero porsi, è quello di aumentare la felicità complessiva della comunità: e quindi, in primo luogo, di escludere nella maggior misura possibile il male…”. Jeremy Bentham nel 1789.

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