Sardegna. I lavoratori dell’Alcoa occupano il porto. Appello a Napolitano

E’ guerra anche per la Tirrenia sponsor del Cagliari Calcio

CAGLIARI – Mentre è in corso il Consiglio dei Ministri in Sardegna c’è in attacco al Governo Monti accusato di aver attenzionato solo l’Ilva di Taranto e le faccende “continentali” ed aver dimenticato la crisi economica che sta imperversando sull’isola.

Per farsi sentire  è stato bloccato il porto di Cagliari da parte dei lavoratori dell’Alcoa che rivendicano pari dignità nella definizione delle prospettive  occupazionali per il futuro. Ed è guerra aperta tra il deputato sardo Mauro Pili e le scelte che il Governo sta mettendo in atto a danno della Sardegna. Tante le questioni sul tavolo e tanta soprattutto la rabbia che emerge di fronte alla indifferenza della classe politica e dei Media nazionali. Un insieme di vertenze spinose che rischiano così di rimanere isolate nonostante le molteplici interrogazioni parlamentari e la condivisione dei cittadini che, oltremare rispetto ai Palazzi del Potere, si sentono danneggiati e beffati.

A cominciare dalla vertenza Alcoa di Portovesme giunta ormai alle battute finali e che approderà al Consiglio regionale della Sardegna martedì 28 agosto, in una seduta che la presidente del consiglio, Claudia Lombardo, ha convocato con un unico punto all’ordine del giorno.  Il tema è quello dello stop degli stabilimenti con la messa a rischio dei 500 lavoratori e dei 300 addetti dell’indotto. Una vicenda per la quale è stato convocato per venerdì prossimo, 31 agosto, un incontro al ministero del Lavoro per definire la questione degli ammortizzatori sociali degli stessi lavoratori. E sebbene si continui a chiedere la prosecuzione dell’attività industriale proprio Pili illustrando un’interrogazione parlamentare presentata mercoledì ha sostenuto come «nel bel mezzo di una lotta durissima per tentare di scongiurare la chiusura dello stabilimento di Portovesme il governo Monti pensa a incassare 300 milioni di euro da Alcoa, che paga e se ne va. E il governo Monti come nelle rapine più spregiudicate,nel silenzio più totale e in pieno agosto, sottrae al Sulcis quei fondi indispensabili per il riequilibrio del costo energetico. Un atto scellerato che conferma che siamo dinnanzi ad un governo incapace di gestire una vertenza così delicata. Per quale motivo – domanda l’ex presidente della regione Sardegna- il governo non ha evitato la rottura con Alcoa? Per quale ragione ha voluto fare cassa in piena trattativa e soprattutto in attesa di un giudizio definitivo sulla sanzione? E soprattutto per quale motivo non ha dichiarato sin dall’inizio come avrebbe voluto utilizzare quelle risorse recuperate dalla Cassa Conguaglio? Quei trecento milioni non erano destinati ad Alcoa, ma erano l’onere del riequilibrio del costo energetico del Sulcis. Con una legge dello Stato, votata dal Parlamento, si era, infatti, deciso di riequilibrare il costo energetico del Sulcis alla media europea, non in funzione di Alcoa ma in conseguenza di una strutturale carenza elettrico energetica della Sardegna su cui si abbatteva la speculazione monopolista dell’Enel». Il fondo Aurelius, il private equity tedesco, l’ ultimo “cavaliere bianco” che avrebbe potuto, forse, ridisegnare l’esito di questa vicenda. Invece non ha presentato alcun piano industriale per il sito e una disponibilità concreta a ricapitalizzare l’azienda inducendo il sottosegretario dello Sviluppo economico, Claudio De Vincenti a dichiarare la «disponibilità a seguire con estrema attenzione la vicenda, visto che comunque fino al 31 agosto c’è la possibilità di raggiungere un accordo con eventuali, futuri acquirenti e anche tornare a incontrare i soggetti che avevano mostrato un interesse e a riaprire con loro una interlocuzione». Intanto Alcoa ha già fatto sapere che pagherà la sanzione, mentre Pili chiede che i soldi siano destinati alla Sardegna. Resta centrale nel caso-Alcoa, il problema per eccellenza, cioè il costo dell’energia. « Ad oggi – dice il deputato che sulla vertenza Alcoa ha presentato un’interpellanza urgente al Ministro dello Sviluppo Economico – non esiste un percorso tecnico o legislativo per affrontare la questione. C’è solo una strada, un accordo bilaterale tra l’Enel e lo stabilimento di Portovesme. Ci sono pochi giorni di tempo e le strade sono obbligate. Il governo deve predisporre un immediato “Decreto Sulcis” che metta in essere tutte le azioni necessarie per favorire la soluzione del problema energetico, dai presupposti per l’accordo bilaterale sino all’approvazione del progetto Miniera Centrale della Carbosulcis, alla definizione della soluzione strutturale dell’Eurallumina e la restituzione al Sulcis di quei fondi che la Cassa Conguaglia riscuoterà da Alcoa. Credo che dopo l’Enel oggi il Sulcis abbia un altro nemico giurato: il governo Monti. Per quanto mi riguarda, parafrasando lo stesso Presidente del Consiglio, siamo in guerra contro un governo incapace di dare risposte ma nel contempo abile nel sostenere gli interessi forti, a partire da quelli monopolistici e ricattatori dell’Enel».

Ma a tenere banco non c’è solo il problema di Portovesme e del Sulcis, la questione energetica dell’Enel. Si torna a parlare di Continuità territoriale che dovrebbe mettere la Sardegna in condizione di poter “dialogare” con il Continente a tariffe agevolate e fisse considerato che i prezzi che le compagnie stanno praticando sulle rotte sarde per i non residenti sono delle vere proprie rapine a mano armata. In ultimo ma non per minore importanza la vicenda “Tirrenia” che dopo la scoperta della “truffa di Stato” sull’acquisto delle “nuove”ammiraglie Amsicora e Bonaria per la tratta Civitavecchia-Cagliari, già navi da crociera greche ma di provenienza italiana, ora la questione tocca addirittura il calcio.

E se il fatto che all’interno delle navi i passeggeri continuano a viaggiare in condizioni di disagio, se tutte le indicazioni sono rimaste in greco a dimostrazione del fatto che si è condotta una sporca operazione economico-finanziaria alla luce del sole dietro le coperture forti dei potentati, ecco che la notizia della sponsorizzazione della Tirrenia al Cagliari Calcio ha fatto infuriare i sardi. Ed il front-runner parlamentare dello schieramento contrario alla Tirrenia è ancora il deputato del Pdl Mauro Pili che sebbene non abbia rilasciato dichiarazioni, ha affidato il suo pensiero a un’immagine fortemente simbolica pubblicata sul suo profilo Facebook: una grande bandiera rossoblù e la scritta “La dignità e l’orgoglio dei sardi non si comprano e non si vendono”. Accanto al logo della regione Sardegna ci sarà dunque la scritta Tirrenia e le voci parlano di un introito per le casse della società sportiva  di 2.5 milioni di euro dalla Regione Sardegna e poco più di 2 milioni dal gruppo Onorato. Una situazione che rischia di mettere in subbuglio non solo la dignità dei Sardi ma l’intera azione finanziaria tenuto conto che si Pili, che aveva già contestato la cessione della Tirrenia alla Cin, ha presentato un’interrogazione urgente al ministro dei Trasporti, Corrado Passera. «Com’è stato possibile – ha chiesto nell’interrogazione – cambiare nome a una nave? Cambiare registro di Stato in meno di dieci giorni? Queste navi battono bandiera italiana?». Secondo l’ex presidente della Regione, «l’operazione avviene con la complicità del commissario della Tirrenia e la supervisione di un ministero inesistente o complice». Pili ribadisce che, a suo avviso, la cessione della Tirrenia è stato un «imbroglio di Stato» che regalerà ai nuovi proprietari 560 milioni di euro nei prossimi anni «in cambio di tariffe alle stelle e la cancellazione di qualsiasi tipo di concorrenza sulle rotte sarde». Il deputato conclude dicendo che «è indispensabile che il parlamento apra un fascicolo urgente sull’intera vicenda della vendita Tirrenia» anche perché «in gioco c’è un diritto inalienabile, quello alla libertà di movimento di un popolo, diritto che viene negato a colpi di vernice e di tariffe alle stelle». Ed ora con quei soldi si vorrebbe mettere a tacere la tifoseria sarda con la complicità della classe politica regionale.

 

Appello a Napolitano

 “Non fateci perdere la ragione, e la ragione di vivere” : sono le parole di un minatore del Sulcis che Mauro Pili, deputato sardo, ricorda al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un accorato estremo appello affinchè il governo nazionale adotti un decreto urgente e contingibile per il Sulcis.
La lettera appello chiede al Capo dello Stato di fare in fretta, di non far trascorrere troppe ore per un autorevole intervento presso palazzo Chigi. Il dramma dei lavoratori – ha scritto Pili – può trasformarsi nelle prossime ore in guerra santa per tutelare lavoro e sviluppo di un territorio martoriato dai ricatti di Enel, Eni e Tirrenia.

Questa la lettera integrale di Mauro Pili al Capo dello Stato:

Illustrissimo Presidente,
 oso pensare che a pochi mesi dalla Sua visita nella terra di Lussu e Garibaldi, autonomista il primo e repubblicano il secondo, non abbia il Capo dello Stato rimosso le drammatiche parole di speranza e disperazione che Le hanno rivolto in accorati appelli i lavoratori della Sardegna tutta.
A Lei, supremo tutore della coesione nazionale e della Costituzione, quelle voci provenienti dal profondo delle miniere di carbone o dalle vette delle ciminiere di Alcoa, Eurallumina, Vilnys e Ottana, affidarono il grido di protesta di una terra martoriata dai ricatti dell’Enel, dell’Eni, della Tirrenia, dell’Alitalia.
 Una terra dimenticata e abbandonata a se stessa dai governi di uno Stato Italiano che reputano la Sardegna piccola e lontana, spopolata e scarsamente rappresentata. Ora che i lavoratori della Sardegna tutta trascorrono le giornate a presidiare la mente con l’obiettivo da colpire pur di far sentire la loro voce oltre Tirreno, a Lei un umile parlamentare sardo si rivolge per invocare il Suo irrinunciabile e improcrastinabile intervento prima che sia troppo tardi. Nei prossimi giorni, nelle prossime ore, la sfida a conquistare le prime pagine dei giornali regionali e nazionali sarà per questi lavoratori senza futuro l’unico obiettivo pur di consentire alla loro voce di varcare le austere e sorde stanze di Palazzo Chigi. Presidente, non vorrei nemmeno per un attimo dover rievocare i sentimenti di un minatore del profondo Sulcis che con le lacrime agli occhi pronunciò con parole semplici un sentimento che oggi sento condiviso da molti: non fateci perdere la ragione, e la ragione di vivere. Lei, Illustrissimo Presidente, che ha vissuto la storia difficile delle lotte operaie, meglio di altri può comprendere cosa significhi “la ragione di vivere” e ancor più “perdere la ragione”.

Eserciti,Presidente, ora e senza mediazioni, l’autorevolezza che tutti Le riconoscono per indurre il governo nazionale a rispettare quell’impegno che Lei stesso mesi fa aveva fatto proprio di adottare un decreto legge, urgente e contingibile, per affrontare la vertenza Sardegna. Ora, Presidente. Prima che la situazione diventi esplosiva e incontrollabile. Induca, con la persuasione o con atti, il governo nazionale a pretendere dall’Enel, seppur quotata in borsa, un contratto bilaterale per le industrie energivore del Sulcis, così come la stessa Enel concede attraverso la controllata Endesa all’omologa industria nella vicina Spagna. Imponga l’autorevolezza del Capo dello Stato per rispettare il decreto legge del 1994 con il quale il suo predecessore appose la firma affinchè le uniche e produttive miniere di carbone del nostro Paese avessero una prospettiva legata alla produzione elettrica funzionale alle industrie del Sulcis. Esorti il governo a destinare le risorse che la Cassa conguagli si accinge a riscuotere da Alcoa, oltre 300 milioni di euro, alla vertenza Sulcis e al riequilibrio del costo energetico che rende oggi impossibile qualsiasi tipo di produzione. A Lei, Presidente, tutore dell’interesse nazionale e del diritto del popolo sardo di essere riconosciuto parte integrante, non marginale ed esclusa di questo Stato, chiedo di non ignorare quelle voci che, forse, a Lei giungono flebili e stanche ma che ora dopo ora, invece, possono trasformarsi in forti e decise, pronte a tutto pur di non perdere la ragione di vivere.
Con stima e attesa,
Mauro Pili
Deputato Sardo nel Parlamento Italiano

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