Monti e l’OCSE. Fra ottimismo e possibili bufale sulla crescita

ROMA – Grande ottimismo è stato ostentato dal nostro premier alla presentazione del Rapporto dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dedicato al nostro Paese. ‘Italia. Dare slancio alla crescita e alla produttivita”, diffuso oggi a Roma.

 A dargli manforte l’OCSE che apprezza le riforme e vede con favore un ulteriore alleggerimento dello Stato e del sociale nel bilancio nazionale.
Dall’altra parte della barricata il CODACONS che definisce una ‘bufala’ la previsione di crescita a 10 anni annunciata dall’OCSE e la CGIL che pubblica il dato della propensione al consumo, dato che accenderebbe una grande discussione politica se solo questo Paese non fosse ‘ostaggio’ di un manipolo di tecnici.

 Sembra recessione, ma invece no

Sembra una battuta infelice ma l’affermazione del presidente del Consiglio, Mario Monti, fatta aprendo la conferenza internazionale sulle riforme strutturali organizzata dall’Ocse e dal Governo italiano. “Il 2013 sarà’ un anno in crescita”. In quanto il -0,2% del pil previsto per l’anno prossimo “sembra recessione, ma in corso d’anno quel -0,2 medio” è frutto di un anno che comincerà malissimo come si concluderà il 2012 ma si svilupperà poi “con un profilo ascendente”.
Per il Presidente Monti “il motore dell’economia si riavviera’ lentamente”, a causa del peso del passato” ragion per “la ripresa può’ essere solo graduale”.


Il debito pubblico italiano in rapporto al Prodotto Interno Lordo é tra i piu’ elevati dell’area Ocse. Per questo L’organizzazione ritiene che l’obiettivo di pareggio di bilancio strutturale per il 2013 sia un obiettivo positivo per il cui raggiungimento il governo deve impegnarsi in maniera decisa.
L’Ocse però va oltre, secondo alcuni un po’ troppo oltre, spiegando come la necessità’ di rapidi risultati abbia “fatto si’ che l’aumento delle imposte sia stato finora lo strumento principale di adeguamento fiscale. Tuttavia, la pressione fiscale aggregata in Italia e’ la quarta più’ alta tra i paesi Ocse. E’ quindi importante nell’adeguamento fiscale dare priorita’ ai tagli di spesa.”
Ipotesi alternative come, ad esempio, un recupero serio ed incisivo dell’evasione fiscale non viene ventilato dall’OCSE, che invece come sia da condannare una spesa pubblica al di sopra della media Ocse o il settimo posto dell’Italia nella classifica Ocse per quanto riguarda la spesa sociale.
Grande apprezzamento, e non poteva essere altrimenti, arriva anche per la riforma pensionistica del 2011.

Un’agenda politica dettata al governo

Alla luce di tutto questo l’Organizzazione arriva quasi a dettare una puntuale agenda politica raccomandando all’Italia di ‘mantenere gli obiettivi di deficit strutturale definiti nel programma di stabilita’; allargare la base imponibile, riducendo le agevolazioni fiscali; integrare un processo di spending review nei normali sistemi di controllo del bilancio e della spesa; rendere operative le norme costituzionali sul pareggio di bilancio e l’organismo indipendente in modo efficace e rafforzare il programma di privatizzazioni’.

Codacons. La bufala della crescita del 4% in 10 anni.
Per Il Codacons, la previsione di un aumento del Pil del 4% in 10 anni grazie alla riforme Monti è una bufala perché non prende l’impatto che le stesse riforme hanno avuto sulla crescita, ovvero quale crollo del Pil verrà determinato da un complesso di materie depressive oltre all’effetto che avrà sulla crescita la necessità di abbattere il debito al 60% del Pil in 20 anni.
Secondo il Codacons inoltre una crescita del 4% in 10 anni sarebbe bassissima, dato che non servirebbe nemmeno a compensare il crollo del Pil avuto in un solo anno di crisi, il 2009. Ecco perché Monti, sempre secondo il Coordinamento, dovrebbe trovare finalmente il coraggio di cambiare marcia al proprio piano di Governo

 Ires Cgil. “La scomparsa dei consumi”

Più volte è stato sottolineato, e da più parti, come punire i redditi più bassi abbia avuto un effetto molto più depressivo per i consumi domestici di quanto ne avrebbe avuto colpire i redditi più elevati.
A dare ulteriore manforte ad una visione che è altro rispetto all’approccio che sta guidando questo Governo è arrivata oggi una rilevazione sull’andamento dei consumi (‘La scomparsa dei consumi’) condotta da Ires e Isf Cgil, assieme al Cer: la prima di una serie di rilevazioni periodiche su consumi e redditi. Secondo questo studio inflazione, disoccupazione e pressione fiscale, hanno creato un combinato disposto che determinera’ un ridimensionamento dei consumi reali delle famiglie operaie nel triennio 2012-2014, rispetto al 2011, di 1.806 euro (-8,4%)
Nel caso di famiglie operaie, si legge inoltre nello studio, la propensione al consumo sfiora l’85% del reddito; nel caso degli imprenditori si rimane al di sotto del 65%.
Il che implica una riduzione dei consumi differente a seconda del gruppo sociale eventualmente percosso da un incremento della tassazione.

Duramente colpite le famiglie operaie

Uno studio che, nelle parole  del segretario confederale della Cgil, Danilo Barbi, e del presidente della fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni, “conferma un quadro molto preoccupante”, soprattutto alla luce di un incremento della perdita media annua di consumo per le famiglie di operaie, nel periodo 2007-2011 una cifra di poco superiore ai 200 euro annui ad una perdita media annua di 600 euro nel periodo 2012-2014.
Dati “che anzitutto smentiscono l’affermazione di fonte governativa che le ripercussioni delle manovre sull’economia avrebbero provocato un rallentamento nel ‘breve periodo’ dovuto al calo della domanda”.
La ricerca infatti indica invece che “il calo della domanda rimarra’ almeno fino al 2014, un periodo ‘lunghissimo’ per le persone”.
Secondo Barbi e Fammoni  infine “pressione fiscale, inflazione e disoccupazione sono gli elementi che comprimeranno ancora la capacità di spesa delle famiglie, con un conseguente calo dei consumi e ripercussioni sulla produzione e sull’occupazione. Le scelte del Governo quindi non provocano un effetto neutrale, ma ripercussioni molto differenziate per livelli di reddito”.

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