Algeria. Scoppia la rivolta sociale. Giovani contro il carovita e la disoccupazione

ALGERI – Non si placa la rabbia dei giovani algerini, che ormai da tre giorni stanno manifestando con violenza in quasi tutta l’Algeria. Nonostante gli appelli alla calma diffusi dai megafoni delle moschee della capitale durante la tradizionale predica del venerdì, pesanti scontri sono scoppiati anche questo pomeriggio ad Algeri e in diverse città del paese, come Annaba e Tizi Ouzou. Il quotidiano Al Watan nel suo sito on line riferisce che un ragazzo di 18 anni è morto, colpito da proiettili, nel comune di Ain Hadjel, circa 200 km a sud est di Algeri.

La stampa locale parla di decine di feriti, mentre nessun bilancio è stato diffuso da fonti ufficiali. Come misura preventiva, la Lega nazionale di calcio ha annunciato la sospensione del campionato. «Non possiamo continuare a vivere sperando un giorno di riuscire a fuggire per l’Europa», racconta all’ANSA, Abdel, 26 anni, seduto sul lungomare di Bab El Oued, in attesa di vedere se in serata potrà, come le due notti precedenti, partecipare a questa «nuova rivolta». «È l’unico modo che abbiamo per farci sentire», dice mentre si riempie le tasche di pietre, «ho un banchetto di sigarette e guadagno 8 mila dinari al mese (circa 70 euro, ndr.). Così non mi posso sposare, e pensare che l’Algeria è ricca, ce lo ripetono in continuazione, ma dove sono i nostri soldi del petrolio?». Come Abdel, centinaia di giovani sono scesi per le strade un pò in tutto il paese, da Orano (ovest) alla berbera Cabilia, fino alla regione sahariana, a Ouargla e Ghardaia, e a Tebessa, vicino al confine con la Tunisia. Nelle ultime ore, le strade della capitale sono state teatro di una vera e propria guerriglia. Decine di giovani armati di pietre, coltelli e bastoni hanno affrontato le forze di sicurezza che hanno tentato di disperdere la folla con lacrimogeni e cannoni ad acqua. Alcuni vagoni del tram ancora in costruzione alla periferia orientale sono stati bruciati, mentre a Baraki è stata devastata una fabbrica di televisori. Perfino un museo è stato saccheggiato a Sidi M’hamed, mentre diversi edifici pubblici – ha reso noto l’agenzia Aps – sono stati attaccati in diverse città. A far scoppiare la protesta – come in Tunisia, dove anche oggi, secondo testimoni cinque persone sono rimaste ferite in scontri a Sidi Bouziz – la mancanza di lavoro e di prospettiva, ma anche gli ultimi rincari di alcuni alimenti, come zucchero, olio e farina, alla base della dieta delle classi più disagiate. «Già da tempo possiamo permetterci la carne soltanto nei giorni di festa», dice una donna di Bachdjarah, quartiere di casermoni senz’anima alla periferia della città, «e adesso vogliono toglierci anche il pane». Per tentare di calmare gli animi, il ministro del commercio, Mustapha Benbada, ha convocato per domani un consiglio interministeriale per «esaminare il modo di frenare il forte aumento dei prezzi di alcuni prodotti alimentari di largo consumo». E i principali produttori d’olio algerini hanno annunciato la sospensione di ogni aumento di prezzi per essere «al fianco dei cittadini e delle istituzioni in un momento cos delicato». Un appello alla calma è arrivato anche dal ministro della gioventù e dello sport, Hashemi Djiar, che in una prima reazione ufficiale alla rivolta, ha esortato i giovani a «dialogare», invece di abbandonarsi ad atti di vandalismo. Giovani che rappresentano oltre il 70% della popolazione algerina, tra cui si registra un tasso di disoccupazione, secondo il Fondo monetario internazionale, di circa il 20%. «La serenità e la calma sono le grandi doti di Allah. Bisogna preservarle», ha detto in serata alla Radio nazionale un predicatore. Ma nuovi scontri si segnalano già a Bab El Oued e in alcuni villaggi della Cabilia.

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