Corte dei Conti. Il Governo ammazza l’economia

.Confindustria lancia la settimana da 44 ore

ROMA – La Corte dei Conti annuncia, anch’essa, il fallimento della politica ultrarigorista del Governo Monti e indica le politiche di Governo come responsabili di due terzi della perdita di PIL nel 2013.E come soluzione per l’uscita dalla crisi arriva dal Presidente di Confindustria un’idea sempliciotta e semplicistica ma soprattutto degna del tempo dei padroni delle ferriere, aumentare del 10% l’orario di lavoro. Camusso, segretario generale della Cgil non solo rsponge la <proposta mala ritiene offensiva per i lavoratori.
Ma per il Governo va bene così e la compatibilità tra rigore e crescita c’è perché “ci deve essere per forza compatibilità”.

Dal 2008 persi 270 miliardi di PIL

Dall’inizio della crisi, ovvero dal 2008, fino al 2013 l’Italia avrà una perdita di Pil nominale pari a 270 miliardi, pari a ben il 14,8%. Ad affermarlo è il presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, nel corso di un’audizione alla Camera dei deputati sulla Nota di aggiornamento al Def.
“Con riferimento ai livelli del Pil nominale lo scostamento dalle previsioni di inizio legislatura, che già in altre occasioni la Corte ha assunto come indicatore della perdita permanente di prodotto subita dall’economia italiana, supererà nel 2013 i 270 miliardi (-14,8%)”.


Pochi consumi, troppe tasse e zero crescita

Il Presidente Giampaolino sostiene inoltre come in Italia ci sia il rischio che avvenga un “corto circuito rigore-crescita, favorito dalla composizione delle manovre correttive delineate nel Def, per quasi il 70% affidate, nel 2013, ad aumenti di imposte e tasse”.
A fronte di questo dato i consumi delle famiglie sono crollati e la spesa si “è contratta a metà del 2012 del 4% e questa è una situazione presumibilmente destinata a peggiorare nella seconda parte dell’anno e nei primi mesi del 2013”.
Per inquadrare il dato il Presidente ha poi dichiarato: “Nella prospettiva storica i dati di contabilità nazionale evidenziano come quello in corso sia l’episodio recessivo di massima intensità per i consumi delle famiglie e per le costruzioni (quest’ultima componente è in contrazione da 19 trimestri consecutivi)”.


Troppi sacrifici, che rischiano di essere inutili

L’eccesso di rigore ha talmente strozzato la nostra economia da rischiare seriamente di essere controproducente e di causare, tramite la riduzione del Pil, ciò che si vorrebbe scongiurare, il disequilibrio dei conti pubblici.
Nelle parole della Corte dei Conti: “La somministrazione di dosi crescenti di austerità e rigore al singolo Paese, in assenza di una rete protettiva di coordinamento e di solidarietà, e soprattutto se incentrata sull’aumento del prelievo fiscale, si rivela, alla prova dei fatti, una terapia molto costosa e in parte inefficace”.
Ed in più il Presidente sottolinea come: “Quasi due terzi della riduzione del Pil nel 2013 devono essere imputati alle dimensioni e alla composizione della manovra complessiva di finanza pubblica attuata a partire dall’estate 2011”. Giampaolino ha poi ribadito che  “solo una quota ridotta del deterioramento delle prospettive di crescita può essere fatta risalire al meno favorevole ciclo internazionale”.
Per concludere Corte dei Conti ha dato un ultimo pessimo dato: “Per il 2012 la flessione del Pil e’ stimata al 2,4% (1,2% nel Def di aprile), ma sorprende, soprattutto, la diminuzione dell’1% del prodotto anche in termini nominali: un risultato eccezionalmente negativo che, storicamente, si era verificato solo nel 2009, l’anno centrale della ‘grande recessione”.

 L’ultra rigorismo crea una spirale negativa
L’ultra rigorismo non dà “certezze” sull’allentamento delle “tensioni finanziarie” creando una “spirale negativa” che è “ben evidenziata dalla situazione italiana”.
La sostenibilità di lungo periodo dei conti pubblici, afferma infatti la Corte dei Conti, va considerata  “a rischio se il rigore non è accompagnato dal rilancio della crescita economica”.
“Il caso dell’Italia è esemplare, perchè consente di verificare come il rigore di bilancio, da solo, non basta se manca una crescita dell’economia su cui appoggiare la sostenibilità di lungo periodo della finanza pubblica”.
Se la crescita non arriverà si avranno “effetti malefici” causati soprattutto dal “rinvio di interventi strutturali” con una riduzione permanente o quasi delle entrate previste e maggiori spese al netto degli interessi.

Nessuna nuova manovra. Non sarebbe sostenibile

Il presidente della Corte dei conti conclude con un monito agghiacciante “non dovrebbe essere necessaria una nuova manovra, che tra l’altro la nostra economia non potrebbe sostenere”.
Per Giampaolino è quindi “necessario incrementare la strategia della crescita, riducendo la pressione fiscale e specificando maggiormente la determinazione della spesa, attraverso la semplificazione del quadro amministrativo (Comuni, Regioni, Province), e riducendo i poli di spesa, superando logiche difensive”.

Confindustria. Il valore perduto del silenzio

Per Squinzi, Presidente di Confindustria, la ripresa è ancora lontana, così lontana da dichiarare che “Per l’anno prossimo una vera ripresa non la vediamo, salvo un miglioramento verso la fine dell’anno. Per una ripresa autentica metterei la firma per il 2015”.
Per Confindustria non è un problema il rigore ma la ricetta per recuperare il 10% di competitività è facilissima: “Lavorando di piu”  il presidente di Confindustria rivela sereno come l’associazione stia “lavorando ad una serie di proposte” a cominciare proprio da “qualche ora di lavoro in più, per adesso”.
E alla ovvia domanda “Quante ore Presidente?”Squinzi risponde “Si fa presto a fare i conti se vogliamo recuperare il 10%”

Reazioni infuocate alle parole di Confindustria
Per il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, viste le migliaia di lavoratori in mobilità chi continua a dire che l’unica ricetta possibile sia quella di lavorare di più per arrivare ad una maggiore produttività in Italia “rischia di diventare per molti lavoratori anche offensivo”. 
E questa colpevole dimenticanza degli altri fattori produttivi evidenziata dal discorso di Squinzi è sottolineata dalla Camusso, per la quale: “Questa riduzione al ‘lavorare di più’ che vedo fare da tutti quelli che hanno lanciato il tema della produttività senza porsi il tema dei fattori strutturali della produttività rischia di diventare per molti lavoratori anche offensivo, visto che misuriamo le decine di milioni di ore di cassa integrazione e le decine di migliaia di lavoratori in mobilità ai quali piacerebbe tanto poter lavorare e invece sono costretti all’inattività”

Felice Belisario, capogruppo dell’Italia dei Valori a Palazzo Madama, ha invece dichiarato: “La proposta di Squinzi di lavorare qualche ora in più mi pare superficiale, se non proprio banale, lanciata casualmente perché non si sa più cosa dire, né cosa fare.  “L’unica strada da percorrere è quella che il governo Monti non ha mai percorso e cioè detassare gli stipendi e rilanciare gli investimenti per lo sviluppo e la ricerca. Per essere competitivo il Paese ha bisogno di nuovi posti di lavoro e di minore precarietà.
“.


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