Medici in piazza. Diritto alla cura, diritto a curare

ROMA – Medici in piazza a Roma per dire no a nuovi tagli al comparto sanitario. Ogi i camici bianco hanno dato via a un lungo corteo partito da piazza della Repubblica è arrivato al Colosseo. 

Hanno aderito, oltre ai sindacati di categoria (26 sigle), Federconsumatori, Cittadinanzattiva-Tdm, il segretario Pd Pierluigi Bersani, Riccardo Nencini del Psi, Paolo Ferrero segretario di Rifondazione comunista, il Forum Salute di Sel, parlamentari di Pdl, Pd e Idv, gli ex ministri alla Salute, Girolamo Sirchia e Livia Turco.  Secondo gli organizzatori, sono state circa 20 mila le persone che hanno partecipato a questa giornata di mobilitazione finita simbolicamente con una bara e la marcia funebre, «a segnare la morte del Servizio sanitario nazionale».

«Quella dei ticket è una bomba a orologeria da disinnescare, spinge sull’acceleratore della privatizzazione della sanità e colpisce pesantemente i cittadini nel loro diritto alla cura», ha detto Massimo Cozza, segretario nazionale Fp Cgil Medici. «Da una parte i pronto soccorso sono più affollati, con meno medici sempre più precari e con minori possibilità di ricovero per mancanza di posti letto. Dall’altra i servizi territoriali si stanno desertificando, al di là della
propaganda sui medici di famiglia 7 giorni su 7, e i ticket sono sempre più alti. Chi può pagare va nel privato, ma chi non può si cura sempre di meno. Di tagli- ha concluso Cozza- si può morire». I medici, ha spiegato ancora il segretario generale della Cisl Medici, Biagio Papotto, protestano anche «per i carichi di lavoro, le dotazioni organiche, la difesa dei Lea e il diritto a curare in serenità evitando la medicina difensiva. Si manifesta anche per la mancata riorganizzazione delle cure primarie, punto centrale per il riordino della salute del cittadino che, attraverso l’utilizzo dell’H24, diventerebbe l’unico modo per non sovraffollare i Pronto soccorso da richieste non urgenti. La
giornata è dedicata in particolare al precariato medico largamente diffuso nelle Regioni ‘canaglià che mette a serio rischio il servizio sanitario nazionale».

Condividi sui social

Articoli correlati