Anna Maria Bernini, la rampante officiante del Cavaliere

ROMA – Pare che stia salendo nella scala di preferenze del Cavaliere per le comparsate nei talk-show politici e per questo la si vede con maggiore frequenza. Lei è Anna Maria Bernini, avvocato, docente universitaria di diritto pubblico, figlia d’arte (suo padre è Giorgio Bernini, uno dei massimi esperti di legislazione antitrust e di arbitrato e fu ministro per il commercio con l’estero nel primo governo Berlusconi). Ma la sua presenza, ieri sera, a “Ballarò” non passerà alla storia.

Molto nervosa quando parlavano Rosy Bindi o Italo Bocchino, si scambiava in continuazione occhiatacce con il suo vicino, il ministro Angelino Alfano, molto più tranquillo e forse aduso alle telecamere. Poi, i suoi interventi non hanno di certo brillato. Ha ripetuto sempre, come un mantra, “questa è una sentenza anticipata, questa è una sentenza anticipata, questa…” senza saper aggiungere altro, magari pescandolo nella sua pur doviziosa sapienza di docente universitaria.

Il suo ragionamento è stato più o meno il seguente: a) non si può imbastire una trasmissione come questa, dove si anticipa una sentenza che ancora la magistratura non ha fornito contro Berlusconi. Quindi, silenziamo la trasmissione (tutt’al più si possono fare programmi come quelli del prode Alessio Vinci o dell’astuto Signorini, i cronisti di corte); b) Berlusconi non si deve presentare a testimoniare dai pm di Milano perché quelli sono giudici comunisti, quindi prevenuti ed illegittimi, perché la competenza funzionale e territoriale non gli appartiene; c) Berlusconi non deve proprio essere processato perché non ha compiuto nessun reato.

Le conclusioni della giovane e brillante studiosa sono quindi lampanti: nessuno deve parlare degli scandali sessuali, altrimenti emette una sentenza prima del tempo. D’altronde, una sentenza vera e propria non può esserci perché Berlusconi non si deve presentare e perché i giudici non la possono emettere in quanto “comunisti”.  Berlusconi è Uno e Trino, è dovunque e da nessuna parte. È lui il nostro “quando” e il nostro “dove”. E tu, Giovanni Floris, chi cazzo sei?

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