Scalfari, al inguaggio ‘paesano’ di Bersani, preferisce la ‘narrazione poetica’ di Veltroni

ROMA – Oggi su La repubblica, nel solito biblico articolo domenicale, Eugenio Scalfari,  Mosè del giornalismo italiano, ha vergato le sue metafisiche percezioni politiche.

La sua visione, probabilmente dettata da quel dio a cui fa, da anni, una dissimulata corte, è in particolare attratta dal linguaggio politico usato venerdì da Veltroni al Lingotto di Torino.
Linguaggio che a noi francamente è sembrato ridondante, disonesto, retorico, inutile, soprattutto perché è un linguaggio che non può far presa sui possibili votanti a sinistra. Una frase fra tutte: “Ciò che dava più dolore – ha detto Veltroni – è che quella espressione minacciosa sulla ‘punizione’ dei magistrati veniva pronunciata davanti alla bandiera tricolore. Nessuno può dimenticare che per difendere l´onore di quella bandiera e di questa nazione molti magistrati hanno dato la vita.” Letterariamente tutto giusto e condivisibile, ma questa frase che viene usata retoricamente per fare effetto, non funziona, non può funzionare perché il suono che giunge all’uditorio sa di vuoto. E sa di vuoto perché detta queste cose se dette da Veltroni vengono svuotate dei contenuti etici.
Invece, secondo ciò che Scalfari da a intendere, senza però dirlo esplicitamente, con l’intervento di Veltroni: “questo vuoto (politico della sinistra) è stato colmato o almeno sono state poste le premesse perché lo sia. Con lucidità di pensiero e con fermezza d´intenti.”

Ma non solo, per Scalfari Veltroni: “ha parlato da leader, con la passione e l´eloquenza d´un leader ed anche con il senso di unità e di generosità che un leader deve avere”. Gli è piaciuta anche la sua citazione di Mark Twain: “Tra vent´anni sarete più delusi per le cose che non avrete fatto che per quelle che avrete fatto. Quindi mollate le cime. Allontanatevi dal porto sicuro. Prendete i venti con le vostre vele. Esplorate. Scoprite. Sognate”.

Capito operai della Fiat non state tanto a preoccuparvi del futuro, “ scoprite, sognate”. Ma che belle parole!! Che commozione!! A Scalfari piace la gente che fa sognare, secondo lui ‘l’Obama italiano’ possiede un: “in più che nessuno degli altri ha: è capace di evocare un sogno. Non il sogno dell´utopia, ma quello che emerge dalla realtà.”
Quindi, secondo Scalfari, non solo Vendola è evocatore di sogni e politico carismatico ma; “c´è anche un carisma di Veltroni: il realismo che evoca il sogno di un´Italia nuova e di una nuova frontiera. Veltroni ha ricordato nel suo discorso Roosevelt e Luther King e la nuova frontiera kennedyana. Potrà funzionare oppure no il suo carisma, ma nel Pd oggi è il solo che possieda quel requisito e se non lo saprà usare la responsabilità sarà soltanto sua.” “Soltanto sua” cioè di Bersani.

A Scalfari non importano i fatti concreti, è innamorato dei sogni a occhi aperti, quelli che potrebbero anche venire chiamati ‘fantasticherie onanistiche’. A Scalfari piacciono i famosi “ma anche” di Veltroni, che hanno fatto scrivere decine di sketch ai nostri autori comici. I famosi “ma anche” di cui è stato prodigo nel discorso del Lingotto: “L´Italia è un Paese molteplice, la cui molteplicità può essere una grande ricchezza ( ma anche) una grande sventura”.  
Scalfari ha scritto che per Veltroni il “caso Marchionne” è una ”irruzione positiva” che porterà benessere all’azienda (ma anche) ai lavoratori i quali parteciperanno agli utili dell’azienda che assicurerà la rappresentanza di tutti i lavoratori senza discriminazioni. Scegliete: se credere alla favola di Biancaneve che cantava che i ‘sogni son desideri’, o se questo ‘leader carismatico’, di cui si è innamorato Scalfari, ha perso completante contatto con la realtà.

Scalfari appare anche molto soddisfatto che ci sia stata, nel discorso di Veltroni, ( ma anche) un´apertura a Vendola, perché Veltroni, ”così penso io – dice Scalfari –  è il solo nel Pd che possa ridimensionare Vendola. Anche il governatore con l´orecchino è portatore d´un sogno. Se si confronta soltanto col politichese, il sogno di Vendola vince anche se isolerebbe la sinistra in una presenza puramente testimoniale”.  “ …puramente testimoniale” sembra che il Mosè del giornalismo abbia aderito al logos vendoliano, che, secondo lui è “narrazione poetica” che “si confronta con un sogno che emerge dalla realtà, allora l´orecchino non basta a fare la differenza anche se può dare un contributo ad un riformismo “ben temperato”. Avete capito qualcosa? Come dicevamo, puro logos vendoliano, ovvero ‘aria fritta’!

Infine il nostro promettente Scalfari si ricorda che c’era anche Bersani  al Lingotto che però “ … ha un suo modo di parlare paesano e colloquiale. – dice Scalfari, e continua  – Dopo il discorso di Veltroni così teso e intenso, faceva uno strano effetto, di quelli che spesso Crozza provoca quando lo imita a ‘Ballarò’. Cioè, secondo Scalfari, Bersani faceva ridere e divertire la platea, mentre i suoi pupilli, i gemellini della V, Veltroni e Vendola, con le loro “narrazioni poetiche” sono “portatori di un sogno”. Scalfari deve ‘amare’ molto Bersani chissà perché.
Ecco il linguaggio della politica, che assume il logos della retorica per distruggere i propri avversari, che hanno il difetto di dire con fare “ paesano e colloquiale” che noi tradurremmo in ‘semplice e naturale’, la verità per quella che è e non parlare di sogni in un paese invaso da incubi creati dalla realtà politica italiana.
Ed infine cominciamo a chiederci chi c’è dietro Eugenio Scalfari, chi è il suo padrone che vuole la distruzione della sinistra rappresentata da Bersani.

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