Fassina. Il pensiero unico è matrice dell’antipolitica

ROMA – “In politica non si può rappresentare il tutto, ma solo attraverso la politica è possibile trovare delle mediazioni”. Il riferimento non è casuale, ma Stefano Fassina ha ben in mente l’oggetto dei suoi ragionamenti.

“Non è corretto delegittimare continuamente le idee altrui (…) mi spaventa chi parte dal presupposto che la strada da seguire sia definita da una razionalità astratta che si distacca dagli interessi reali che compongono la società”. E il rischio è quello di fomentare l’antipolitica ”Se non c’è niente da scegliere, le persone rinunciano alla politica”.

Dichiarazioni raccolte durante la presentazione del suo ultimo libro Il lavoro prima di tutto. L’economia, la sinistra, i diritti”, organizzata in collaborazione con la Fondazione Bruno Buozzi e la Rivista “Intervento nella Società. Il responsabile economico del Partito Democratico definisce il libro come un’opera militante, al limite dell’incoscienza, che nasce dall’esigenza politica di contrastare l’inadeguatezza dell’impianto culturale del PD negli ultimi anni. “Se non hai una visione autonoma, sei solo appendice di qualcun altro – dice Fassina – Volevo dare un contributo a un dibattito deprimente”.

Il libro parte da una lettura della crisi iniziata nel 2008, che l’autore definisce una lunga fase di transizione, a seguito della rottura dell’equilibrio neoliberista. Dopo quasi cinque anni, non sembra esserci ancora la luce in fondo al tunnel, e le ricette fino ad oggi messe in pratica non riescono a cogliere la dimensione del problema. Bisogna quindi alzare lo sguardo, uscire dal conformismo dell’austerità, “che ci farà andare a sbattere”.

Un’analisi che va oltre la campagna elettorale, e attinge dalla Caritas in Veritate di Papa Benedetto XVI. In Europa il problema non è solo il pareggio di bilancio, ma la necessità di ricostruire una modernità fondata sulla civiltà del lavoro e sulla dignità della persona che lavora: lo sviluppo umano include il lavoro, senza il quale la persona non si realizza. La stessa democrazia non funziona se le persone che lavorano operano come entità isolate: il lavoro deve tornare ad avere soggettività politica. Questo non significa mirare al conflitto sociale, ma metterlo in conto per poter arrivare a un accordo. Solo così si può essere riconosicuti come interlocutori credibili. “L’Art. 1 della Costituzione non è stato scritto per caso, ma si basa sui concetti di lavoro e democrazia”.  

In un contesto in cui la politica ha perso gli strumenti di regolazione dell’economia tipici del Novecento, l’unico modo per riconquistarli è a livello sovranazionale. “La sovranità nazionale è un guscio vuoto, dato che le leggi di bilancio non le fanno i Parlamenti (…) Le classi dirigenti europee devono fare un salto di qualità, dando sostanza politica alla dimensione nazionale” E la dissoluzione dell’Europa non è una soluzione percorribile. “Non si può tornare indietro, perchè significherebbe condannarsi singolarmente all’irrilevanza politica nei confronti delle grandi potenze”. Fassina propone una visione più lungimirante: centralizzare le politiche di bilancio a livello europeo, ma con la possibilità di dare ossigeno alla ripresa nelle fasi di recessione.

Fassina nota che la strada che molti paesi stanno scegliendo è quella di legare la propria ripresa alla crescita delle esportazioni, in un momento in cui i consumi e gli investimenti sono crollati e la finanza pubblica ha le mani legate. Ma se tutte le economie, dagli USA ai paesi emergenti, scelgono lo stesso driver per la crescita, dall’altra parte quali paesi prevedono di aumentare le proprie importazioni?

Le politiche restrittive non funzionano neanche per contrastare quello che erroneamente viene considerato il problema principale dell’area Euro. Il rapporto debito pubblico/PIL sta aumentando dovunque, e allo stesso tempo la sofferenza sociale si sta diffondendo, con conseguenze pesanti sulla tenuta democratica di molti paesi.  

Il lavoro di Fassina rappresenta in sintesi un inno al primato della politica sul tecnicismo economico. L’economia è politica, e qualunque scelta economica coperta da neutralità tecnica sfugge al controllo democratico. Prendere delle decisioni significa assumersi delle responsabilità, soprattutto politiche. Fassina mostra una strada alternativa per uscire dalla transizione. Forse non sarà quella giusta, ma è meno frustrante che accettare passivamente il pensiero unico della tecnocrazia.

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