Elezioni. Intervista a Laura Boldrini. Quando la politica è impegno civile

ROMA – Alle prossime elezioni politiche anche Sel, come il Pd,  vanterà una presenza considerevole di donne candidate.

Tra queste spicca un nome noto all’opinione pubblica, quello di Laura Boldrini,  portavoce dal 1998 al 2012 per l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). La Boldrini, capolista nelle circoscrizioni Sicilia 1 e 2 e Marche, è tra i 23 candidati scelti direttamente dall’assemblea nazionale di Sel alla Camera dei Deputati. Un curriculum di tutto rispetto e soprattutto un’esperienza maturata all’estero nelle zone più calde del pianeta. Segno inequivocabile che il nuovo sta avanzando nel centro sinistra.

Cosa l’ha spinta a mettersi in gioco nella politica, specie in un momento così delicato come quello che sta attraversando il Paese?

“È proprio perché ero indignata e sfiduciata dalla politica. Ero anche stanca di sentire parlare dell’Italia all’estero solo in concomitanza di scandali o della vita privata dell’allora presidente del Consiglio. Quando Nichi Vendola mi ha proposto di unire le forze e partecipare a un nuovo  progetto di Paese, basato sul rispetto dei diritti di tutti, mettendo a disposizione la mia competenza ed esperienza, non ho potuto dire di no. Perché non basta lamentarsi per cambiare le cose.

In caso fosse eletta di quali istanze intende farsi portatrice a Montecitorio?

Su tutto, il lavoro, passando per tre linee d’azione: ridare credibilità all’Italia, restituire alla donna un ruolo centrale nella società e ripensare la migrazione. Questi tre temi si collegano direttamente al lavoro, perchè il prestigio istituzionale  farà dell’Italia un partner economico più affidabile. Così come un ruolo più centrale della donna nel mondo del lavoro creerà più ricchezza per il Paese ed  il riconoscimento dei diritti dei migranti, che sono parte integrante del nostro sviluppo economico e sociale, renderà la nostra società più coesa e contemporanea.

Lei si è occupata per tanti anni di rifugiati. Come cambierebbe l’attuale legge italiana sull’immigrazione?

Bisogna riconsiderare l’impianto di norme in materia migratoria. A cominciare dalla Bossi-Fini.  Ora si dovrebbe assumere  una persona che non si è mai nemmeno vista in faccia  prima poiché  un migrante può entrare regolarmente nel nostro Paese per lavorare solo se ha già un contratto di lavoro. Chi di noi affiderebbe i propri cari o una mansione in un’azienda a qualcuno che non ha mai conosciuto? La Bossi-Fini crea irregolarità e lavoro nero.

Si è particolarmente impegnata anche sulla questione per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna, tema tra l’altro per il quale ha ricevuto diversi riconoscimenti. Eppure nel nostro paese si parla ancora di quote rosa, di donne lavoratrici che percepiscono salari inferiori rispetto agli uomini. Insomma una situazione per alcuni versi inaccettabile. C’è ancora da lavorare molto per eliminare le differenze di genere, ma cosa manca secondo Lei all’Italia per superare questa arretratezza?

Bisogna valorizzare la figura femminile, darle la centralità che merita nel società e nel mondo del lavoro. Anni di subcultura maschilista hanno fatto male al paese e hanno riprodotto un’immagine femminile svilente. La donna come un oggetto. Quindi bisogna agire anche a livello culturale per porre un argine a questa deriva. Se una persona viene percepita alla stregua di un oggetto, è facile arrivare a pensare di poterne fare ciò che si vuole, inclusa la violenza.

Nichi Vendola ha affermato recentemente che se Monti fa autocritica e corregge alcune delle sue controriforme si può costruire un compromesso importante. Non le sembra un’ipotesi azzardata, visto che Monti definisce Sel e il suo leader come l’ala estrema del centro sinistra?

Mi pare che le ultime aperture del professor Monti  al centrodestra chiariscano ogni dubbio in merito.

Uno degli aspetti negativi delle prossime elezioni è rappresentata dai cosiddetti indecisi. Una percentuale altissima, stando ai sondaggi, che in taluni casi ha superato la soglia del 40%. Un segnale che dimostra una marcata disaffezione alla politica e alle istituzioni. Come dovrebbe procedere il centro sinistra per riconquistare quei cittadini “scontenti”?

Intanto credo che prima di tutto i cittadini valuteranno la qualità e le competenze dei candidati. Tra di noi non ci sono impresentabili, ma gente portatrice di valori con cui chiunque può facilmente identificarsi.
Inoltre, penso che la politica debba esser fatta stando in mezzo alla gente, per recuperare la distanza che si è creata negli ultimi anni. In queste settimane ho incontrato i rappresentanti istituzionali dei territori in cui sono candidata, le associazioni di categoria, i sindacati, le associazioni di donne, i rappresentanti delle varie confessioni religiose ed altri per poter conoscere e capire meglio le loro istanze, le problematiche più sentite così da potermene fare carico, se verrò eletta.
Durante questi scambi mi hanno detto che non ci sono stati altri candidati che hanno chiesto un incontro. Per me è stato il primo pensiero, la cosa più ovvia anche se questa legge elettorale non premia il singolo candidato, visto che non ci sono le preferenze. La politica, per come la intendo io, deve essere impegno civile.

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