I dieci saggi al Quirinale. Napolitano si sente abbandonato dai partiti

ROMA –  Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano riunisce stamane al Quirinale le personalità invitate a far parte dei due gruppi di lavoro di cui ha promosso la costituzione indicando -nell’incontro di sabato scorso con la stampa- le motivazioni e i compiti.

In una nota del Quirinale si legge che “Il gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea si riunisce alle ore 11, quello sui temi istituzionali alle ore 12”.

MNa riusciranno i dieci a discutere un programma di governo, seppur brevem, per avviare le riforme e trovare una maggioranza che garantisca la fiducia?
Secondo Stefano Ceccanti, costituzionalista e già senatore del Pd teme uno scenario addirittura apocalittico: “Per il Quirinale andrebbe bene qualsiasi nome, purché si trovi una ampia maggioranza”.

“Tra queste tre minoranze attuali – aggiunge Ceccanti –  ci può essere un accordo blindato solo tra due, non importa quali. Di queste che fanno l’accordo accordo poi può accadere che le due maggioranze non riescono a mettersi d’accordo sul governo, e magari la terza minoranza vince alle elezioni che potrebbero farsi a fine giugno. E questa terza minoranza che vince le elezioni potrebbe dire che il Presidente della Repubblica è illegittimo. Temo questo scenario apocalittico”.

Per il centro destra la situazione è diversa considerando che vede il governissimo come un’alternativa percorribile.
Bersani ed il Pd stiano molto attenti a non creare rotture politiche traumatiche pericolosissime per la tenuta stessa della democrazia”, avverte il senatore del Pdl Altero Matteoli. Insomma, per Matteoli stando allo stato delle cose esistono solo due possibilità: “o un governo di larga intesa sulle cose da fare per il Paese o il voto subito a giugno. Se si vuole restare nell’ambito della democrazia sancita dalla Costituzione, tertium non datur”.

Intanto il M5S apre al dubbio: “Forse poteva essere intrapresa una strada mai percorsa prima, e cioè di affidare il governo a Bersani che con i suoi ministri poteva presentarsi al Parlamento e qualora non avesse ricevuto la fiducia poteva continuare, alla stregua dell’attuale governo Monti, senza la fiducia ma solo per gli affari ordinari. Almeno sarebbe stato rappresentativo di una maggioranza relativa e non di una strettissima minoranza come il governo Monti in regime di prorogatio”. Così scrive Vito Crimi.
Poi però corregge il tiro: “A quanti oggi sostengono che avremmo dovuto offrire una possibilità a Bersani e al Pd chiedo: quante possibilità gli sono state concesse in questi ultimi anni? Quante occasioni hanno avuto per mantenere promesse che sistematicamente venivano disattese? Quando si sono degnati di abbandonare il ruolo di ‘stampellà di Berlusconi, per indossare finalmente le vesti di una reale forza di opposizione, che potesse aspirare un giorno ad un ruolo di governo per risollevare le sorti del Paese? Perchè questa doveva essere la volta buona? Cosa è cambiato?”. Per Crimi siamo dinnanzi agli stessi interlocutori di sempre, e “da questi provengono ancora le medesime parole e illusioni che da decenni ci propinano, senza averne mai portata a realizzazione alcuna. A tal proposito, abbiamo prodotto un elenco di motivi per i quali non avremmo mai potuto fidarci: l’iniziativa, partita inizialmente quasi per gioco, si è rivelata essere un’inesauribile fonte di ragioni e argomenti”.

 

E sui saggii scelti dal Capo dello Stato, Crimi aggiunge: “La scelta di Napolitano non è altro che un’ulteriore conferma della cecità che ha colpito la classe politica: ancora non ha compreso il risultato di queste elezioni. La logica partitica si riscontra oggi nei gruppi ristretti indicati dal Presidente, che di ‘saggiò hanno ben poco, e di politico hanno tanto”.

 

Insomma la situazione non è delle miglior, come ammette il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: “Dopo sette anni sto finendo il mio mandato in un modo surreale, trovandomi oggetto di assurde reazioni di sospetto e dietrologie incomprensibili, tra il geniale e il demente…”. Così il Capo dello Stato in un colloquio con il Corriere della Sera durante il quale .
recrimina di sentirsi “lasciato solo dai partiti” dopo le polemiche suscitate dalla scelta di convocare un doppio comitato di specialisti incaricati di  formulare precise proposte programmatiche  in grado di divenire in varie forme oggetto di condivisione da parte delle forze politiche”.
“Una scelta – confida il capo dello Stato – che è stata travisata e criticata in modo ingiusto”.

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