Uno scenario assurdo ma non troppo. Se vince Berlusconi perde il paese

ROMA – Era un altro mondo, era un’altra Italia, ma c’era sempre Berlusconi ed era già sceso in campo. Gli italiani non conoscevano il significato della parola spread, Beppe Grillo era un comico epurato dalla televisione e la rete era utilizzata perlopiù dai pescatori a strascico.

Era il 1998 e Massimo D’Alema era convinto di poter riformare il Paese. Si compose così la Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, chiamata informalmente “Bicamerale”, venne costituita nel 1997 per lo studio e la presentazione di una riforma della Costituzione. Era maggio anche allora quando Silvio Berlusconi, dopo un anno e mezzo di discussioni fece saltare il banco con richieste assurde e pretestuose.

Spesso si dice che conoscere la storia sia fondamentale per evitare errori già commessi in passato. Ma oggi nella ingarbugliata matassa per la formazione del nuovo Governo questo dettaglio sembra essere passato in secondo piano, non solo si dimentica il passato ma si tende anche a dimenticare le peculiarità tipiche dei personaggi che si hanno davanti.
Ora, appare evidente, e basterebbe osservare le scene di giubilo del Cavaliere durante il discorso di Napolitano alle Camere per comprendere che se Sparta ride Atene dovrebbe in qualche modo essere preoccupata, e invece fila tutto liscio. I parlamentari bastonati dalle parole del Presidente della Repubblica applaudono, come se si stesse parlando di altri mondi, di altri responsabili e il Pd aspetta ansioso di fare un Governo di larghe intese col Pdl, certamente politico e con ministri politici che potrebbero essere persino gli odiati Brunetta, Gasparri, Alfano, Lupi.

“Occorre andare d’accordo per il bene del Paese” afferma Napolitano, ma quale Governo composto da anime eterogenee e avverse può dare risposte chiare, concrete e soprattutto durature alla crisi del Paese. Il presidente incaricato, Enrico Letta, punta addirittura alle riforme costituzionali, nono solo di provvedimenti urgenti per uscire dal baratro, parla di un Governo duraturo, di una legislatura costituente, ma come fa a non avere davanti l’incubo della Bicamerale. Non lo sfiora neanche l’idea che il Cavaliere, astuto come e più di prima, possa semplicemente trovarsi nella posizione migliore per distruggere i suoi avversari di sempre.

Immaginiamo uno scenario “assurdo”: Silvio potrebbe dopo essere resuscitato con le ultime elezioni, puntare a completare il gioco. Si trova in posizione dominante con un Pd che si è spaccato in due per ben due volte in pochi giorni, sa che non tutti nel partito sono d’accordo per fare un Governo col Pdl, sa che può chiedere qualsiasi cosa, compresa la restituzione dell’Imu e il ministro della Giustizia, perché è stato il Pd a chiedere in ginocchio a Napolitano di restare e il capo dello stato ha detto che bisogna mettersi d’accordo. Una volta ottenuto ciò che vuole, al momento giusto, con i sondaggi favorevoli e un Pd logorato, farebbe saltare il banco, affronterebbe le urne uscendone vincente e farebbe il suo di Governo. Se invece non ottiene ciò che vuole non si farà il Governo e dovremo tornare al voto il più presto possibile, cosa che il Pd non può permettersi, privo di credibilità e senza vertici. Comunque vada il Cavaliere ne uscirà vincente, il problema vero è che se qualcuno vince qualcun altro deve pur perdere, l’impressione è che il vero sconfitto sia proprio il Paese.

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