Il Pdl manifesta contro la sentenza di condanna a Berlusconi. Maggioranza a rischio

Ore cruciali per la tenuta del governo. Palco non autorizzato a Via del Pleibiscito

 

ROMA – Oggi il popolo del Pdl scende in piazza per chiedere la riforma della giustizia e manifestare contro la sentenza di condanna della Cassazione a carico di Silvio Berlusconi nel processo Mediaset. All”iniziativa che si svolgerà dalle 18 in Via del Pleibiscito a Roma non è ancora dato a sapere  se parteciperà Silvio Berlusconi. Di certo il cavaliere accompagnato dalla fidanzata Francesca Pascale  ha preso in tarda mattinata l’aereo da Olbia, in Costa Smeralda, per fare rientro a Roma e quindi non è escluso che possa prender la parola sul palco che i suoi stanno allestendo. Palco tra l’altro abusivo, come fa sapere il  Campidoglio, che in una nota riferisce di non aver mai autorizzato un palco per il comizio in via del Plebiscito per il semplice motivo che non ha ricevuto una richiesta in proposito. Il Sindaco ne ha informato il Prefetto. “Il Campidoglio è e sarà sempre disponibile – continua la nota –  a valutare ogni richiesta di occupazione di suolo pubblico ma solo seguendo le procedure corrette e rimanendo nell’ambito della legalità, valore a cui questa amministrazione tiene molto”.

E non è neppure sicuro che i ministri del governo non siano presenti, a differenza di quanto annunciato ieri dal titolare della Infrastrutture Maurizio Lupi. I pidiellini, insomma, non si vogliono arrendere al verdetto della Cassazione. Ieri, il  coordinatore del partito Sandro Bondi si è addirittura spinto oltre, evocando un clima di guerra civile.
Altero Matteoli  punta invece sulle prossime mosse del Capo dello Stato: “Nessuno può pensare che gli elettori di centrodestra non si debbano indignare e quindi reagire con la protesta e la solidarietà verso Berlusconi. Nessuno può ritenere che non si possa criticare la sentenza della Cassazione definendola ingiusta e con finalità politiche. Nessuno può pensare ed affermare, a maggior ragione, che le manifestazioni siano eversive”.
E poi, sempre Matteoli aggiunge: “Ci sono e ci saranno esagerazioni verbali ma – aggiunge Matteoli – esse hanno tutte le attenuanti del caso. Siamo con Berlusconi e lo resteremo perchè un leader con la sua storia e la sua personalità non viene sbattuto fuori dall’agone politico da una sentenza. In queste ore, anche tanti amici che si erano allontanati per ragioni varie dal Pdl chiedono di riavvicinarsi al partito per riprendere insieme la battaglia per la libertà e per riaffermare i principi della democrazia. Qualcuno, sbagliando in modo sommario e preconcetto, paragona questo passaggio drammatico a quello di Mani pulite. Craxi e gli altri leader del Pentapartito vedevano sciogliersi come neve al sole le loro forze politiche e sparire il consenso degli elettori. Oggi Berlusconi mantiene, anzi, aumenta la sua popolarità ed il suo partito è unito e forte. Così il progetto di certi magistrati e di parte della sinistra di espellerlo dalla vita politica con le sentenze è fallito miseramente e sta a noi ora tener i nervi saldi ed evitare le trappole che il Pd vorrebbe tenderci. Allora, il governo vada avanti ed approvi i provvedimenti economici che abbiamo richiesto e concordato ed, infine, lasciamo in pace il Presidente della Repubblica che abbiamo voluto rieleggere dopo che il Pd aveva portato il Paese sull’orlo di una crisi istituzionale senza precedenti, teniamolo fuori dalle schermaglie politiche, egli saprà cosa fare”.

A Matteoli risponde per le rime Vannino Chiti. “Il Pdl non deve neanche pensare di fare pressioni sul Quirinale, considerandole un aspetto del sostegno alla maggioranza di governo”, tuona il senatore del Pd. “La magistratura è un potere indipendente, non può essere subordinata al potere esecutivo e a quello politico. Dopo tre gradi di giudizio la sentenza di condanna per Berlusconi è un punto fermo. Quanto alla sua decadenza da senatore, la legge è chiara. E non può essere certo materia di trattative e di accordi, il suo aggiramento. Vedremo se il Pdl vuole essere un partito della destra europea, o resta solo un partito personale. Noi discutiamo parecchio, ma sulla democrazia, il rispetto della Costituzione e il futuro del paese, il Pd è compatto” “Se il Pdl rompesse il patto di governo – ha detto infine il presidente della commissione Politiche dell’Unione europea – la legge di stabilità sarebbe ‘plasmatà dalla Ue, potremmo dire addio anche ai timidi accenni di ripresa e si andrebbe a votare con il porcellum, e quindi avremmo ancora un Parlamento senza una chiara maggioranza”.

A rischio la maggioranza. Elezioni all’orizzonte?

Ma la partita si gioca soprattutto a palazzo Chgigi, dove l’imprevisto è dietro l’angolo. Enrico Letta ieri ha avuto un colloquio telefonico con Angelino Alfano, ma all’orizzonte c’è anche il congresso del Pd,  dove il partito punta a venire fuori da una situazione di stallo. I militanti chiedono al premier una presa di posizione critica sull’iniziativa dei pidiellini. Oggi Letta dovrebbe incontrare Giorgio Napolitano per studiare i possibili margini di manovra per andare avanti. Eventuali elezioni anticipate vengono giudicate un grave rischio per l’Italia, ma Letta ha sempre detto che non intende rimanere a Palazzo Chigi «ad ogni costo».

“Non dobbiamo drammatizzare, ma essere consapevoli di alcune importanti opzioni, una consiste nelle elezioni anticipate”. Ha detto il ministro della Difesa, Mauro, sottolineando che in alternativa potrebbe esserci “un governo sostenuto da maggioranze improbabili, tutt’altro che orientato alle riforme. Passeremmo dai piccoli passi in avanti dell’esecutivo Letta a grandi balzi indietro”. “Il fattore che stabilisce se le larghe intese possano resistere oppure no – ha aggiunto- è che sussistano le condizioni per realizzare o meno le riforme”.

Altro che riforme
Toni di contrarietà arrivano dal centro sinistra. Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà parla della condanna del cavaliere come un passaggio storico: “Si è rotto il velo che ammantava gli ultimi mesi di retorica della responsabilità nazionale, sul Berlusconi statista, che camuffava il blocco berlusconiano come un moderno blocco democristiano. Nei latrati delle prefiche – prosegue il leader di Sel – si è visto il vero volto di una destra con scarsa cultura liberale, che unisce craxismo e populismo senza aver fatto i conti con le radici fasciste.  In cui il principio di legalità si vuole subordinato al primato del consenso elettorale, sempre sull’orlo del plebiscito. La capacità del centrosinistra di farsi male e di soccorrere alla fine Berlusconi è una caratteristica dell’ultimo ventennio. Serve uno scatto di reni. Stiamo precipitando in un baratro civile, sociale e democratico Ora anche – conclude Vendola – la caricatura dell’ereditarietà delle virtù politiche, come in Corea del Nord. Dobbiamo chiudere questa pagina. Sono in gioco i principi fondamentali della nostra civiltà giuridica e democratica. Altro che riforme costituzionali”.

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