Carneficina a Tripoli, migliaia di morti.Gheddafi in diretta: “Morirò come un martire”

ULTIM’ORA -Il colonnello Gheddafi sta parlando in diretta alla televisione di Stato libica da una delle sue residenze. “Morirò come un martire” ha detto, “per difendere il mio Paese e la libertà dei libici”. Il dittatore ha attaccato le potenze occidentali che, secondo lui, fomentano la rivolta. Il viso teso e la voce alta, retorica, forse si tratta del disperato tentativo del capo libico per cercare di rimediare ad una situazione che oramai gli sfugge di mano.

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Prosegue senza tregua la carneficina cui Gheddafi si sta dedicando per sterminare i moti di piazza in Libia. I morti sarebbero oramai oltre i mille a causa dei bombardamenti sulla folla. Il dato viene comunicato da Foad Aodi, presidente della Comunità del mondo arabo a Roma, in contatto con alcuni testimoni oculari a Tripoli. Nel tardo pomeriggio dovrebbe svolgersi un vertice della maggioranza sulla crisi libica. Da più parti viene criticato il silenzio del premier. Amnesty International ha invitato il premier italiano, dati gli stretti rapporti intercorsi con il dittatore libico, ad adoperarsi per indurlo a far cessare le violenze. Lo sollecita, in una lettera inviata in tarda mattinata al presidente del consiglio italiano, il segretario generale di Amnesty Inrternational Salil Shetty. Nella lettera – inviata anche ai ministri Franco Frattini e Roberto Maroni – Shetty chiede anche all’Italia la sospensione della fornitura di armi, munizioni e veicoli blindati alla Libia fino a quanto non sarà cessato completamente il rischio per la popolazione libica della violazione dei diritti umani.

Si dimette ambasciatore libico in Usa

L’ambasciatore libico negli Usa, Ali Aujali, si è dimesso dal suo incarico in segno di protesta nei confronti della repressione dei manifestanti pro-democrazia in Libia. «Mi dimetto dal servire l’attuale regime dittatoriale, ma non mi dimetterò mai dal servire il nostro popolo finché la sua voce non raggiungerà il mondo intero, finché i suoi obiettivi non saranno raggiunti», ha affermato Aujali in un’intervista all’emittente ‘Abc’. L’ambasciatore ha quindi lanciato un appello al colonnello Muammar Gheddafi affinché faccia un passo indietro. «Gli chiedo di andarsene e di lasciare solo il nostro popolo», ha aggiunto.

Gheddafi asserragliato in una sua base

Il leader libico Muhammar Gheddafi si sarebbe barricato all’interno di una base a Tripoli. Ad affermarlo, parlando per telefono con l’agenzia di stampa tedesca Dpa, è stato l’ex diplomatico Abdulmoneim al-Honi, rappresentante della Libia alla Lega Araba, che ha rassegnato le dimissioni per protesta contro la brutale repressione delle folle che manifestavano. «Si trova attualmente a Bab al-Azizia, che occupa un’area di sei chilometri quadrati. Oltre questa base, ci sono solo due caserme in mano a Gheddafi ed al suoi sostenitori. Una di queste è quella di Al-Saadi, ad est di Sirte. Il resto del paese è controllato dai giovani».

A Tripoli rivolta generazionale

«Quella in atto è a mio avviso una rivolta generazionale. La voce di questi giovani va ascoltata e loro vanno aiutati. Anche se la situazione economica della Libia non è delle peggiori, i giovani cercano una speranza per il futuro». Lo ha detto alla Misna monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario apostolico di Tripoli, raggiunto telefonicamente nella capitale libica. «Stamani mi sono recato dal nostro quartiere, Dahara, a quello di Gurgi par la Santa Messa, e non ho notato particolari disordini o contestazioni» riferisce il presule, sottolineando la difficoltà di poter verificare la moltitudine di informazioni rilanciate in queste ore dai media internazionali. «Molte cose dette sono inesatte -aggiunge il vescovo- come ad esempio notizie secondo le quali la cattedrale e l’aeroporto sarebbero stati bombardati, che a me non risultano affatto». Impossibile per il presule, un missionario francescano, confermare le notizie secondo cui l’aviazione avrebbe bombardato ieri i manifestanti per le strade di Tripoli, le cui immagini sono state diffuse da molte televisioni. «La repressione contro i manifestanti c’è stata, ma bisogna dire anche che le contestazioni sono state molto accese», osserva monsignor Martinelli, sottolineando che «la violenza non serve, non porta a nulla». In prima linea in queste difficili giornate libiche sono state le diverse comunità di religiose, tutte impegnate nel campo sanitario, in particolare negli ospedali. «Tutte stanno bene, ma hanno trascorso momenti difficili, di grande shock per per l’alto numero di feriti e le scene drammatiche», conclude monsignor Martinelli.

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TRIPOLI – È una calma irreale, «allarmante» secondo il corrispondente del ‘Guardian’, quella che si registra in queste ore a Tripoli e a Bengasi, ieri teatro di una repressione violenta dei manifestanti da parte del regime di Gheddafi. «Non si sente un rumore», scrive il quotidiano britannico, mentre il centro della capitale risulta completamente bloccato dal regime in vista dell’arrivo di giornalisti stranieri. L’obiettivo del colonnello sembra quello di voler mostrare ai media internazionali che le notizie di «massacro» e «genocidio» diffuse negli scorsi giorni sono in realtà sono menzogne. Intanto a Zintan, città a sud-ovest di Tripoli, resta alta l’emergenza di attrezzature mediche per assistere i feriti. Ma nella mattinata sono ripresi i bombardamenti aerei, secondo “Al Jazeera” sui manifestanti causando altre centinaia di morti e feriti. Oramai Gheddafi sembra impegnato in una terroristica repressione del suo stesso popolo. Intanto moltissime città, fra cui Bengasi, sono oramai state conquistate dagli insorti che le governano tramite comitati civici.

Gheddafi riappare in televisione

Il leader libico Muammar Gheddafi stanotte ha fatto un’apparizione lampo sugli schermi della Tv libica per annunciare di persona di trovarsi a Tripoli e non in Venezuela e per confutare «le malevole insinuazioni» propagate sul suo conto dai media occidentali. La Tv di stato aveva annunciato nella tarda serata di ieri che il leader della Jamahiriyha si sarebbe rivolto in nottata al suo popolo sullo sfondo della più drammatica crisi che il paese sta vivendo da quando il colonnello, nel 1969, è salito al potere. Ma chi si aspettava uno dei suoi discorsi fiume è stato deluso. A conferma della sua fama di uomo sempre e comunque imprevedibile, Gheddafi si è concesso alle telecamere solo per 22 secondi. È stato inquadrato con un mantello, uno stravagante copricapo nero e sotto un ombrello (a Tripoli pioveva) mentre stava per salire su un fuoristrada nella sua residenza di Bab Al Azizia, a Tripoli. «Vado ad incontrare i giovani nella piazza Verde. È giusto che vada per dimostrare che sono a Tripoli e non in Venezuela: non credete a quelle televisioni che dipendono da cani randagi», ha detto il colonnello facendo riferimento alle informazioni diffuse ieri da numerose tv e media internazionali sulla sua presunta fuga da Hugo Chavez. Con una scritta in sovrimpressione, la tv libica ha spiegato che «in un incontro in diretta con la rete tv satellitare Al Jamahiriya, il fratello leader della rivoluzione ha smentito le insinuazioni dei network malevoli». Il ministro degli esteri britannico, William Hague, aveva dichiarato ieri a margine di una riunione a Bruxelles che Gheddafi aveva probabilmente abbandonato il suo Paese per far rotta verso il Venezuela. Prima di trasmettere le immagini del leader, la tv libica aveva mandato in onda un balletto in costume. Dopo ha mostrato invece immagini patriottiche di soldati in marcia con musica araba come colonna sonora. Pur breve che sia stata, quella di stanotte è la prima apparizione televisiva di Gheddafi da quando la rivolta contro il suo regime è scoppiata una settimana fa. Suo figlio Seif al Islam ieri notte ha invece parlato in diretta per 45 minuti, promettendo riforme, denunciando un complotto internazionale contro la Libia e ammonendo che il regime intende resistere «fino all’ultimo uomo e all’ultima donna».

Gheddafi ha eliminato molti comandanti dell’esercito

Alla vigilia della rivolta Muammar Gheddafi avrebbe fatto eliminare i vertici dell’esercito, uccidendo molti ufficiali che credeva potessero rivoltarsi contro di lui. È quanto sostiene l’ufficiale dell’aereonautica militare libica, Qasim Najiya, nel corso di un’intervista alla tv araba ‘al-Jazeerà. L’ufficiale ha inoltre chiesto ai manifestanti «di occupare tutti gli aeroporti per bloccare Gheddafi». Sempre la tv qatariota ha annunciato la defezione di molti generali e ufficiali dell’esercito libico. L’ultimo ad aver girato le spalle a Gheddafi è il generale Abdelhilam Hussein. Prima di lui aveva abbandonato il regime anche il generale al-Mahdi al-Arabi, che ha diffuso un comunicato per chiedere a tutti i militari di passare con i manifestanti.

Il ruolo dell’esercito

È il ruolo dell’esercito una delle principali differenze tra la rivolta popolare in corso in Libia e quella che ha portato alle dimissioni dei presidenti di Tunsia ed Egitto. Nel rovesciare Hosni Mubarak, l’esercito ha avuto un ruolo pressoché neutrale, come anche in Tunisia per la caduta di Zine el Abedine Ben Ali. In Libia, invece, l’esercito si è spaccato tra fedeli a Muammar Gheddafi, pronti a sparare sulla folla se lui lo chiede paventando lo spettro della guerra civile, e disertori che si uniscono alla protesta o chiedono asilo a un Paese straniero, Malta, per essersi rifiutati di bombardare i manifestanti. L’esercito egiziano, unito e professionale, ha quindi offerto una componente di stabilità durante le tre settkmane della rivoluzione e osta sta contribuendo a guidare il Paese verso le elezioni. Mentre i manifestanti scendevano a migliaia in piazza Tahrir, i militari hanno quindi sempre lasciato passare il messaggio di essere dalla parte del popolo. Per l’esercito libico, debole e demoralizzato, è invece impossibile svolgere lo stesso ruolo che i militari hanno avuro in Egitto o in Tunisia. Le risorse migliori sono state destinate alle elite militari dedicate alla protezione del regime e sono coscienti del fatto che resteranno in pieni o cadranno insieme a Gheddafi. Inoltre, ci sono milizie fedeli a ciascuno dei due figli del colonnello. Questo significa che il forte esercito libico ha tutto l’interesse nel difendere il regime, o parte di esso, e a non seguire l’esempio di neutralità tunisino o egiziano.

Ban-Ki moon: “Indignato per violenze”

Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, è «indignato» per le notizie provenienri dalla Libia di violenze messe in atto dalle forze dell’ordine contro civili. Lo ha reso noto il portavoce, Martin Nesirky, precisando che l’ «indignazione» di Ban Ki-moon si riferisce alle informazioni secondo cui le forze di sicurezza libiche hanno sparato sui manifestanti utilizzando aerei ed elicotteri. «Se questi attacchi contro civili fossero confermati – ha dichiarato Nesirky – costituirebbero una grave violazione della legge umanitaria internazionale e sarebbero condannati dal segretario generale nel modo più fermo».

Manifestanti minacciano di bloccare le forniture di gas all’Italia

I manifestanti della città libica di Nalut, nella zona dei monti occidentali della Libia, a pochi chilometri dalla Tunisia, minacciano di fermare l’afflusso di gas verso l’Italia chiudendo il gasdotto che passa proprio per la loro provincia. In un messaggio pubblicato sul sito Internet del gruppo di opposizione ’17 febbraiò, si legge che rivolgendosi «all’Unione Europea, e in particolare all’Italia, la gente di Nalut ribadisce di far parte di un popolo libico libero e, dopo il vostro silenzio riguardo le stragi compiute da Gheddafi, ha deciso che interromperà dalla fonte l’afflusso di gas libico verso i vostri paesi, chiudendo il giacimento di al-Wafa che attraverso la nostra zona porta il gas verso l’Italia e il nord Europa, passando per il Mediterraneo». I manifestanti di Nalut sostengono di aver preso questa decisione «perchè voi non avete fermato lo spargimento di sangue della nostra gente e del nostro caro paese avvenuto in tutte le città libiche. Per noi il sangue libico è più prezioso del petrolio o del gas». Il messaggio è firmato «la gente delle zone occidentali dalla regione di Nalut».

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