Ustica. Cassazione riapre processo. Consacrata la tesi del missile e accertato il depistaggio

La compagnia aerea Itavia potrebbe essere fallita in conseguenza della “significativa attività di depistaggio” sviluppatasi attorno al disastro aereo di Ustica che avvenne il 27 giugno del 1980

 

ROMA – Lo ha stabilito la terza sezione civile della Corte di Cassazione che, accogliendo il ricorso degli eredi di Aldo Davanzali, patron dell’Itavia, proprietaria del Dc9 precipitato a Ustica, ha disposto un nuovo processo a Roma per valutare un’eventuale responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti nel fallimento della compagnia aerea. Dunque il “depistaggio” delle indagini sul disastro aereo di Ustica deve considerarsi “definitivamente accertato” e per questo serve il nuovo processo civile per valutare la responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti nel fallimento della compagnia aerea Itavia. Lo ha deciso la Cassazione dando ragione al ricorso degli eredi della proprietà dell’Itavia.

Con una nuova sentenza della Terza sezione civile depositata oggi, la Cassazione torna ad occuparsi di Ustica e lo fa accogliendo il ricorso di Luisa Davanzali, erede di Aldo, patron della compagnia aerea Itavia fallita sei mesi dopo il disastro. Ai Davanzali la Corte di appello di Roma aveva sbarrato la strada alla richiesta di risarcimento danni allo Stato, nonostante i depistaggi. Per la Cassazione il verdetto d’appello “erra” ad escludere “l’eventuale efficacia di quella attività di depistaggio” e l’effetto sul dissesto.

La tesi “del missile sparato da aereo ignoto”, quale causa dell’abbattimento del DC9 Itavia caduto al largo di Ustica il 27 giugno 1980, risulta “oramai consacrata” anche “nella giurisprudenza” della Cassazione. Lo sottolinea la stessa Suprema corte accogliendo il ricorso dell’erede del patron della compagnia area Itavia. Ad avviso dei supremi giudici, comunque, dal momento che è accertato il depistaggio delle indagini da parte di ufficiali dell’Aeronautica diventa anche “irrilevante ricercare la causa effettiva del disastro”, e questo “nonostante la tesi del missile sparato da aereo ignoto, la cui presenza sulla rotta del velivolo Itavia non era stata impedita dai ministeri della Difesa e dei Trasporti, risulti ormai consacrata pure nella giurisprudenza di questa Corte”. Ora i due Ministeri torneranno sotto processo.

 

Imposimato: “Depistaggio. Ora bisogna chiedersi: da parte di chi? Bisogna trovarli”

”La decisione della Cassazione mi trova pienamente d’accordo: sulla strage di Ustica vi è stato un depistaggio conclamato. Ora bisogna chiedersi: da parte di chi? Bisogna trovarli. Qui ritornano in ballo vecchi spettri. E prima o poi bisogna affrontarli per avere una verità…”. Lo dice all’Adnkronos il giudice Ferdinando Imposimato, che della strage di Ustica si è occupato quando era senatore, membro del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi segreti, commentando la sentenza della Cassazione. ”Da anni -spiega Imposimato- risulta chiaro che l’aereo fu abbattuto da un missile sparato da forze militari straniere nel Mediterraneo”. Quanto al nuovo processo civile, per il giudice esperto di terrorismo, ”è un diritto delle parti offese reclamare il risarcimento del danno per le gravi colpe e negligenze dello Stato nell’accertamento della verità”.

Quella tragica notte di 33 anni fa

Il Dc-9 I-Tigi Itavia, in volo da Bologna a Palermo con il nominativo radio IH870, scomparve dagli schermi del radar del centro di controllo aereo di Roma alle 20.59 e 45 secondi del 27 giugno 1980. L’aereo era precipitato nel mar Tirreno, in acque internazionali, tra le isole di Ponza e Ustica. All’alba del 28 giugno vennero trovati i primi corpi delle 81 vittime (77 passeggeri, tra cui 11 bambini, e quattro membri dell’equipaggio). Il volo IH870 era partito dall’ aeroporto ‘Guglielmo Marconì di Borgo Panigale in ritardo, alle 20.08 anzichè alle previste 18.30 di quel venerdì sera, ed era atteso allo scalo siciliano di Punta Raisi alle 21.13. Alle 20.56 il comandante Domenico Gatti aveva comunicato il suo prossimo arrivo parlando con «Roma Controllo». Il volo procedeva regolarmente a una quota di circa 7.500 metri senza irregolarità segnalate dal pilota. L’aereo, oltre che di Ciampino (Roma), era nel raggio d’azione di due radar della difesa aerea: Licola (vicino Napoli) e Marsala. Alle 21.21 il centro di Marsala avvertì del mancato arrivo a Palermo dell’aereo il centro operazioni della Difesa aerea di Martinafranca. Un minuto dopo il Rescue Coordination Centre di Martinafranca diede avvio alle operazioni di soccorso, allertando i vari centri dell’aeronautica, della marina militare e delle forze Usa. Alle 21.55 decollarono i primi elicotteri per le ricerche. Furono anche dirottati, nella probabile zona di caduta, navi passeggeri e pescherecci. Alle 7.05 del 28 giugno vennero avvistati i resti del DC 9. Le operazioni di ricerca proseguirono fino al 30 giugno, vennero recuperati i corpi di 39 degli 81 passeggeri, il cono di coda dell’aereo, vari relitti e alcuni bagagli delle vittime.

Condividi sui social

Articoli correlati