Libia. Se l’intervento armato fosse l’unica soluzione per salvare il popolo

NOUAKCHOTT – Il diritto internazionale su un punto finora é stato abbastanza chiaro e coerente: le guerre civili non possono essere oggetto d’ingerenza interna se non quando si verificano crimini contro la popolazione.

Fu la ragione per cui nel 1999 i caccia Nato si levarono in volo per tentare d’azzerare l’apparato industriale serbo al suona della famosa trovata pubblicitaria dell’allora premier britannico Tony Blair, faro dei post-comunisti di tutto il mondo, “si tratta di una guerra umanitaria”. Un evidente aporia semantico-logica, ma funzionò. Il Kossovo fu depurato dai serbi di nascita o d’origine in una silenziosa pulizia etnica ad opera dei militanti UCK protetti dai jet della Nato. Una guerra le cui conseguenze sono ancora oggi evidenti: il Kossovo é un feudo di mafie di ogni tipo, crocevia di contrabbandi e traffici illegali che adotta una costante politica di segregazione etnica e drena lo sviluppo democratico di tutta l’area tramite periodiche vampate proto-nazionaliste. Nonostante tutto questo ancora oggi gli autori di quello scempio si riparano dietro la correttezza formale del diritto internazionale: una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la oramai storica 1244, 14 voti a favore e la sola Cina astenuta, autorizzò i bombardamenti. Ciò significa che il consesso mondiale delle nazioni era sostanzialmente unanime nell’utilizzo mirato della forza militare per proteggere le vite umane dei civili in un territorio ove era in corso un conflitto assimilabile ad una guerra civile. L’escamotage per violare la sovranità territoriale dell’allora Jugoslavia senza proclamare una guerra fu l’assimilazione delle azioni di polizia ad una repressione, ignorando che la la stragrande maggioranza delle azioni erano in realtà una risposta ad azioni di terrorismo e guerriglia dell’UCK. La stessa risoluzione riaffermava l’integrità e sovranità della Ex-Jugoslavia sul Kossovo, sapendo che era un dichiarazione falsa, poiché l’UCK non guerreggiava per l’autonomia ma unicamente per l’indipendenza ed appoggiare indirettamente la loro azione significava leggittimare di fatto la volontà secessionista ed indipendentista. E così fu: nel 2008 il Kossovo si proclamò indipendente con tanta pace della 1244. Il paradosso fu che la Corte Internazionale di Giustizia de L’Aja interpellata da Belgrado per pronunciarsi sulla proclamazione d’indipendenza di Pristina usò proprio la 1244 come risoluzione giustificatrice l’atto del regime kossovaro.

Dunque dal 1999 le guerre civili possono essere oggetto d’interventi armati da parte della comunità internazionale quando si registrano gravi violazioni dei diritti umani e grave pericolo sulla popolazione civile. Il caso Kossovo fu l’unico finora e sicuramente quello dove meno aveva senso l’intervento come sopra si é tentato di spiegare.
Ma invece é opportuno ricordarsi nel 1994 i ruandesi che invocarono, allo scoppio della guerra civile, l’intervento internazionale e la stessa amministrazione statunitense del Kossovo in accordo con la Francia tergiversò riparandosi dietro la foglia di fico degli affari interni ad uno stato sovrano. In quell’occassione più di 2 milioni di esseri umani furono selvaggiamente e barbaramente trucidati, ma nessun jet ad Aviano rullo sulla pista con buona pace dei pacifisti senza se e senza ma.

Ed esiste il rischio concreto che la carneficina si possa ripetere in questi giorni in Libia, ove un egotista maniacale di dittatore amico di troppe cancellerie europee ed insegnante di Bunga Bunga del nostro Presidente del Consiglio sta massacrando il suo popolo con l’ausilio di bande di straccioni analfabeti africani (i mercenari storicamente sono altra cosa, ma la degenerazione linguistica in atto li fa appellare tali; i più ignorano che grazie alle milizie mercenarie che Firenze garantì la sua indipendenza dall’Imperatore e dal Papato favorendo in tal modo la nascita del Rinascimento Italiano) assoldati sotto la minaccia di immediata esecuzione per compiere razzie e stupri nelle case dei libici non appartenti alla tribu del Gheddafou, nomigliolo assegnato da diversi quotidiani e riviste francofone africane che associa la parola pazzo al nome del rais libico.

Il mondo intero è unanime nella condanna ferma del dittatore sanguinario e le sanzioni sono state adottate con una relativa rapidità. Ma in queste ore appare evidente la necessità di neutralizzare il potenziale bellico ancora in mano alle truppe fedeli del pazzo sanguinario. E questo non significa altro che procedere a dei bombardamenti mirati ovvero a un lancio di missili da crociera contro obiettivi strategici a Tripoli e nelle roccaforti della tribu del dittatore sanguinario. Solo un irenismo cieco potrebbe obiettare sull’uso della forza: non si voglia mai la ripetizione di orrori come lo stop dell’Armata Rossa davanti a Varsavia durante la tragica insurrezione del ghetto.  Ma sopratutto si offrirebbe una sponda a quanti nelle varie cancellerie occidentali non vedrebbero negativo un rais pazzo dimezzato se non azzerato da una terribile repressione della rivolta.

Una Libia finalmente libera del pazzo sanguinario é indispensabile per il futuro democratico del Mediterraneo e per il successo delle rivoluzioni tunisina ed egiziani. Laisser-faire significherebbe scaricare sul popolo libico non appartenente alla piccola tribù Qaddadfa della regione di Sirte al Nord est del paese, di cui é originario il dittatore pazzo, la capacità di sconfiggere uno degli arsenali più potenti d’Africa (dal 2006 la Libia é venticinquesima per spese militari nel mondo davanti alla Russia). In pratica si tratterebbe di decidere cinicamente la morte sicura di centinaia di uomini donne e bambini a fronte della certezza dell’eliminazione totale di uno dei principali fattori di instabilità politico-sociale, violenza e sopruso del mondo contemporaneo. Ci sono delle circostanze in cui si deve avere il coraggio fino in fondo di una scelta di campo. Stare con il popolo libico oggi significa aiutarlo concretamente a liberarsi di un incubo durato 42 anni. E l’azione concreta é l’azione militare con tutto quello che comporta: saranno uccisi anche civili e distrutte costruzioni importanti come scuole od ospedali.

Purtroppo é chiaro che gli USA non potranno mai permettersi di sollecitare un azione militare, senza mettere a rischio l’intero nuovo corso diplomatico nei paesi arabo-islamici. Sarebbe auspicabile che fosse l’Europa a farsi promotrice di un’azione militare autorizzata dall’Onu sulla base della 1422 che permetta alla flotta statunitense e russa nel mediterraneo di lanciare mirati bombardamenti aerei e missilistici per distruggere il più possibile l’arsenale del rais malefico. Ma l’aria é altra. La Francia mediante il suo portavoce Francois Baroin ha dichiarato ieri (1 marzo) ad France2 che la priorità é l’aiuto umanitario, come se ci si trovasse davanti ad una catastrofe ambientale! Ma da uno scherano di un vecchio amico del dittatore sanguinario come il Presidente Francese non ci si poteva attendere molto. Putroppo!!!!!

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