Cancellieri, disco verde dal Pd. Ma la sfiducia è solo rinviata

Epifani: “Ora il Governo è più debole”. Respinta la mozione di sfiducia dei 5 Stelle

ROMA – Con 405 voti contrari, 154 favorevoli e 3 astenuti, la Camera ha respinto la mozione di sfiducia individuale presentata dal Movimento 5 stelle nei confronti del Guardasigilli, Annamaria Cancellieri-La mozione era un evro e propriop atto d’accusa nei confronti del ministro della Giustiza per le sue telefonate per le sue telefonate coi familiari di Giulia Ligresti, arrestata e poi scarcerata per motivi di salute, per la vicenda Fonsai. In Aula la Cancellieri ha difeso a spada tratta la sua onorabilità e ribadito quanto affermato la settimana scorsa nell’informativa sul caso, affermando di non aver mentito “al Parlamento né ai magistrati” per poi aggiungere: “Da parte mia non c’è stata alcuna reticenza”.

La ministra, nel corso del suo intervento, ha poi voluto ringraziare Enrico Letta e il Governo da lui presieduto per il sostegno che non è mai mancato”.  Poi la Cancellieri è entrata nel merito della questione posta dai 5 Stelle: “Ho avuto difficoltà a comprendere i confini delle contestazioni che mi venivano mosse. Se avessi avuto il minimo dubbio sul mio operato – dice -, non avrei atteso un istante a lasciare l’incarico ad altri. Nella mia carriera non è mai venuto meno il principio secondo cui nessuna posizione personale può essere anteposta all’interesse del Paese. Non ho mentito al Parlamento né ai magistrati su alcun elemento di fatto utile a chiarire la vicenda e non ho mentito sulle mia amicizia con Antonino Ligresti”.. Quanto alla ormai famosa terza telefonata avuta con Antonino Ligresti, la ministra ha voluto puntualizzare: “Non vi è stata alcuna reticenza, lo dimostrano i contenuti del verbale. Lo stesso magistrato – aggiunge ancora la Cancellieri – ha ritenuto di non dovere chiedere ulteriori chiarimenti. Se non avessi fornito io i contenuti di quelle telefonate non intercettate, mai sarebbero stati noti”. In chiusura del suo intervento ha voluto poi ribadire “con assoluta fermezza il sospetto che l’esito della vicenda Ligresti dimostri che c’è una giustizia di classe che distingue tra detenuti di serie A e detenuti di serie B”.

Ma la questione, almeno nel Pd, sembra non si sia chiusa con il voto di fiducia. In molti nel partito spingono ancora per un passo indietro del ministro. Dopo un intervento molto deciso che ribadiva la posizione del suo partito, Guglielmo Epifani si lasciava andare davanti ai giornalisti che attendevano insieme a lui l’esito del voto di Montecitorio: “Da oggi il Governo è più debole. Ora serve uno scatto”, e la richiesta era rivolta direttamente a Letta, che, certamente ha messo al riparo il Governo da quasi sicure dimissioni, come per altro aveva già ipotizzato lo stesso Presidente del Consiglio, in caso di sfiducia. Ma toirniamo, per un attimo all’intervento di Epifani in Aula: “Il Pd – ha detto l’ex-segretario della Cgil – non voterà la sfiducia. Il governo è alle prese con un compito essenziale, pensiamo alla stabilità, resa difficile da una dinamica che non è quella che vorremmo, e alla crisi che continua a dilagare con conseguenze sull’occupazione.

 

In quella telefonata ci sono cose che non ci hanno convinto da subito e che il ministro ha ripetuto anche oggi. Le voglio dire con chiarezza – ha precisato con una punta decisamente velenosa nei confronti della ministra – che quello che non va in quella telefonata non è quello che c’è, ma quello che manca, ovvero: “Opererò nel rispetto dei doveri che la mia funzione mi impone”. Nel momento in cui le diciamo di andare avanti è importante che ci sia l’impegno di rimuovere con forza i dubbi che ancora rimangono. Trovi lei il modo anche visibile per consentire a chiunque di poterle fare una telefona o accedere a una procedura cosi’ che chi non ha voce possa farsi ascoltare. E dia una maggiore attenzione nei confronti del tema delle carceri”. Ma nel Pd la posizione di Epifani, è comprensibile come garanzia di stabilità per il Governo, ma non serve da argine in un partito che anche dopo il nuovo sì alla Cancellieri, in alcune vaste componenti, sembra decisamente non gradire il dik tat di Enrico Letta. Va infatti evidenziato come Paolo Gentiloni, nel giorno della fiducia concessa alla ministra, ha fatto sapere di aver chiesto ad Enrico Letta, insieme a Cuperlo, Civati e Michela Marzano, di fare in modo che la Cancellieri si dimetta da sé nelle prossime settimane. Nella sostanza una fiducia a tempo, che potrebbe finire immediatamente dopo le Primarie del partito, sia Renzi che Cuperlo, se si insedieranno alla segreteria, non lasceranno scampo, a nostro avviso, alla Guardasigilli. Ed a quel punto Letta dovrà decidere se andare avanti o interrompere la sua esperienza di Governo, portando il Paese alle elezioni anticipate.

 

E se il Pd ha deciso di mantenere almeno fino alla consultazione popolare dell’8 dicembre, una posizione di intransigente sostegno al Governo, nel centro destra si cavalca il caso e Renato Brunetta torna alla sua vecchia passione di irriducibile avversario del Partito Democratico. Nel suo intervento alla Camera si può già annusare quale sarà la posizione nell’agone politico della rinata Forza Italia, che va all’assalto del partito competitor del centrosinistra: “Quello del Pd – ha detto Brunetta – è un voto di fiducia fasullo e insincero, una finzione allestita in un parlamento trasformato in sala giochi per i renziani e i civatiani”. Brunetta ha ‘sibilato’ che la Cancellieri è stata “bersaglio tattico” in un “rito macabro in cui significato è tutto interno alla lotta per la segreteria del Pd” e un “implicita sfiducia a Lei, presidente Letta”. “Chi mira alla stabilità del suo governo? E’ il suo partito, il Pd. Renzi, ormai capo del Pd, vuole sloggiarla al più presto”. E per concludere ha sfoggiato il meglio della sua specialità, ovvero l’opposizione radicale, che tanto è mancata agli uomini del Cavaliere nell’ultimo periodo di forzata convivenza al Governo: “Oggi il Pd infila un cappio doppio attorno al collo del premier”. In buona sostanza, possiamo dire che da ieri, non c’è più la sicurezza di leggere in Forza Italia un partito di Governo, ma un movimento di lotta, che potrebbe insidiare il Governo Letta in qualsiasi momento, profittando di tutte le occasioni possibili per metterlo a nudo e il voto nelle Commissioni o la prossima legge di stabilità, potrebbero rappresentare occasioni imperdibili di rivincita, non solo nei confronti del Pd, ma anche del Vicepremier Angelino Alfano, che dovrà veramente dimostrare la sua reale consistenza politica. Il dibattito che si è svolto alla Camera, ci consegna un Governo che, con ogni probabilità, potrà avere due possibili percorsi politici: il primo, quello più che scontato, arrivare prima di Natale ad rimpasto, che porterebbe fuori dalla compagine ministeriale la ministra Cancellieri e la riconsegna della delega di Vicepresidente del Consiglio dello stesso Alfano. Troppi 5 ministeri e un Vicepremier per un partito che è stato stimato elettoralmente in un quasi 10%. Più consistenza nell’Esecutivo ai renziani, nel tentativo di evitare, dopo l’8 di dicembre, una spallata dello stesso Sindaco di Firenze al Governo. La seconda opzione è quella del passo indietro di Letta, con scenari catastrofini per lo stesso Partito Democratico, che allora sì, potrebbe vedere chiaro davanti a se lo spettro di una quasi inevitabile scissione.

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