Renzi, un piano per il lavoro. Ma sarà battaglia sull’articolo 18

ROMA – Creare occupazione è uno degli obiettivi che si è posto il nuovo segretario del Pd Matteo Renzi. Sulla base degli scoraggianti dati sulla disoccupazione giovanile e sulle difficoltà divaganti nel trovare un lavoro, talvolta tutt’altro che stabile, e del precariato diventato normalità, Renzi è al lavoro per scrivere un Job act, cioè un vero e proprio piano per il Lavoro.

Le motrici di questa idea saranno diverse, alcune anche in netto contrasto con gli schemi della vecchia sinistra, in primis l’articolo 18. Renzi però è dell’idea che la priorità è creare occupazione, quindi il fine, al momento, giustifica i mezzi. Il sindaco di Firenze propone un contratto unico di durata triennale, senza lo scudo dell’articolo 18, per contrastare l’abuso dei contratti flessibili. In questo caso, l’imprenditore non avrà il dovere di pagare i contributi, che sarebbero invece a carico dello stato, ai neoassunti. Su questo però dovrà scontrarsi contro il nocciolo duro della sinistra italiana e la Fiom. Ieri, nell’intervista rilasciata a Fabio Fazio in Che tempo che fa, il leader del sindacato dei metalmeccanici ha ribadito: “Se Renzi vuole fare una cosa intelligente, ripristini l’articolo 18 per impedire i licenziamenti ingiustificati. Ripristini un diritto di civiltà”. Altra misura sarà un sussidio di disoccupazione universale, che prenderà il posto della cassa integrazione. Beneficiario sarà chiunque perderà il posto di lavoro. In parallelo un percorso di formazione, come in Germania, per rientrare nel mondo del lavoro. Poi, secondo Renzi, è necessario potenziare i centri per l’impiego attraverso l’integrazione con le agenzie private per il lavoro. Quindi elaborare una legge che stabilisca il “peso” dei sindacati. Una legge sulla rappresentatività, avallata da Fiom e Cgil ma osteggiata dalla Cisl. Tuttavia, il piano di Renzi non convince Il viceministro all’Economia Stefano Fassina, che in una recente intervista all’Avvenire ha dichiarato: “mi sembra l’ultima cosa da fare: il Paese è come un’auto rimasta completamente a secco. Serve la benzina per farla ripartire. Cambiare l’olio per lubrificare i rapporti è inutile, se non dannoso”. “Il lavoro – conclude Fassina – si crea con politiche macroeconomiche di sostegno alla domanda aggregata, favorendo investimenti e consumi interni. E’ deprimente il ritorno dell’ossessione sull’articolo 18 e sulle regole dopo i conclamati fallimenti della ricetta neoliberista. I rottamatori dovrebbero rottamare anche i falliti paradigmi culturali ancora cari agli interessi più forti”. 

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