Unità d’Italia. Intervista a Roberto Cotroneo: “ Berlusconi è paragonabile a Gino Bramieri…”

ROMA – Roberto Cotroneo è uno tra i maggiori scrittori e giornalisti italiani. Attualmente dirige a Roma la Scuola superiore di giornalismo della LUISS, le scuole creative della LUISS Business School,  La LUISS Writing School, che è un master sui mestieri dell’editoria, del cinema e della televisione.

La LUISS Master of Art, sulle professioni connesse al patrimonio artistico. La LUISS Master of Music, sulle professioni musicali, e la LUISS Videogame School, sulla progettazione di videogiochi.

E’ stato importante il Risorgimento italiano?
Il Risorgimento non fu una rivoluzione di popolo che voleva un suolo e un’unica nazione, il Risorgimento fu tante cose e anche questo. L’ideologia romantica inventò una parte di storia autentica e una parte che in fondo non era poi così autentica.

E’ importante ricordare il Risorgimento?
Abbiamo passato cinquant’anni nella retorica della Resistenza ora non vorrei che ne passassimo altri cinquanta nella retorica del Risorgimento, mi pare veramente eccessivo. Se ci togliessimo di dosso un po’ di retorica non sarebbe male…

Si può fare un parallelo tra l’Italia Unita e l’Europa unita?
In un certo senso l’idea di Europa oggi sta all’idea di Italia di allora nello stesso modo, nel senso che esistono diverse identità culturali che tendono a riconoscersi in una identità unica, ma con lingue diverse, tradizioni diverse, mondi diversi.  Come fu l’Italia di allora che parlava lingue diverse, aveva tradizioni diverse, stati diversi.

Tra gli scrittori e i poeti del Risorgimento c’è qualcuno che ritieni moderno e consiglieresti?
Nel Risorgimento vedo tantissima retorica. Non credo che il Risorgimento abbia espresso una cultura letteraria di un qualche tipo. Se vuoi posso dirti che l’unità  l’ha fatta il Manzoni con i  “Promessi   sposi”,  che è il più grande libro della storia letteraria italiana, romanzo che ha poco a che fare con il Rsorgimento ma in qualche modo soprassiede a tutto. Un altro grande libro è certamente “I Viceré” di De Roberto. In questi due si trova quello che è stato il processo di unificazione italiana.

Giacomo Leopardi?
Non lo vedo come un autore risorgimentale. Si tratta di autori romantici e post romantici che da questo punto di vista hanno una fortissima identità, ma non li collego direttamente a quello che fu il risorgimento.  Il risorgimento fu semplicemente un’idea politica geniale di Cavour supportata dal re che voleva trasformare la sua piccola monarchia sabauda in una monarchia importante in Europa. Per fare questo aveva bisogno di unificare i territori Borbonici, il Lombardo-Veneto, il Gran Ducato di Toscana, lo Stato Pontificio… insomma tutto quello che serviva.  Trasformando ad esempio gli oppositori borbonici in briganti, con una propaganda violentissima che ancora oggi resiste nella sua efficacia.

Cosa rimane ai giorni nostri della cultura risorgimentale?
Se pensi che in India son tutti di Brescia  mi sembra che non sia rimasto proprio niente!  Facendo una battuta, è vero. Di Brescia, di Bergamo, tutti quelli che sono andati a combattere per l’Unità d’Italia, che avevano a che fare con Garibaldi, era tutta gente padana. Oggi non so se è rimasto qualcosa. Temo che i padani non andrebbero a combattere per annettere la Sicilia, la Calabria e la Campania alla Pianura Padana.

D. Dunque l’Italia unita esiste ma è lontana…
L’Unità d’Italia si racconta sempre con il luogo comune che la fece Mike Buongiorno con “Lascia o raddoppia”  alla televisione italiana.  Fino agli anni cinquanta non c’era nemmeno la lingua comune.  L’unità vera è stata fatta dai media. Non dimentichiamo che per anni e anni soldati di leva venivano mandati dal nord al sud e viceversa,  perché c’era il tentativo di mescolare in un modo o nell’altro la popolazione.

A proposito di media… Luigi XV aveva a Versailles “Il parco dei cervi”,  tenuta dove ospitava dozzine di amanti. Secondo te la vita privata del nostro Presidente del Consiglio ha qualcosa di affine al passato assolutista?
No.  Il nostro Premier è uno che nella sua vita ha fatto un altro mestiere, quello dell’imprenditore, dell’impresario.  Gli impresari nel nostro paese, come ce ne sono stati tanti nella storia del nostro paese e non solo del nostro paese, avevano la compagnia di ballerine, la compagnia teatrale, come i produttori di cinema facevano poi feste e festicciole  con dolci fanciulle.  Berlusconi  è incappato in un piccolo dettaglio:  da impresario è diventato Presidente del Consiglio dei Ministri e questo ha creato qualche problema in più. Io non amo occuparmi di vite private, indubbiamente però la vita privata del Presidente del Consiglio non è la vita privata di chiunque.  Il suo atteggiamento non ha nulla a che fare con il potere e il controllo del potere, per cui il paragone con Luigi XV non lo vedo, vedo il paragone con Gino Bramieri: Berlusconi è uno da festicciola serale con allegre ragazze. Non che il potere non facesse queste cose, non c’è bisogno di andare in tempi lontani… basti pensare ai Kennedy,  a tempi più recenti con Bill Clinton… però c’era sempre la consapevolezza che certe cose si dovessero fare tenendo conto che si era espressione del potere. Berlusconi non ha questa consapevolezza. Fa queste cose come le faceva nel ’68 quando invitava a cena a  casa sua le ballerine  di Drive in, o di programmi suoi che nascevano allora a Canale 5.

D. Oggi, dunque, in che vita politica e culturale viviamo?
Io non sono pessimista. Viviamo una fase talmente vitale da stordirci quasi, da darci la sensazione che nulla accada di importante… in realtà in questi venti anni, trent’anni, l’Italia è cambiata profondamente ed è cambiata a un  livello che neanche riusciamo a capire sino in fondo.  Lo capiremo quando non ci sarà più questa figura ingombrante del nostro Presidente, nel bene e nel male. In quel momento capiremo esattamente cosa è accaduto. Io continuo a pensare che Berlusconi non è la causa di quello che è avvenuto nel nostro paese, ma un effetto.  Noi vediamo di fatto la malattia di un paese, chiamiamola così, che Berlusconi impersona in maniera molto forte e molto nitida. Quando finirà, si capirà cosa è rimasto.

Pur nella difficoltà di sintesi di quello che accade da noi, vedi nell’accelerazione di tutti i processi mondiali una ragione?
Le velocità sono diverse.  Oggi accade tutto molto velocemente in alcune parti, in altre parti accade più lentamente.  Indubbiamente la diffusione della comunicazione a diversi livelli, che va da internet nei paesi del nord d’Africa, ai satelliti che permettono di veder le televisioni occidentali in paesi come il Chad o il Niger,  accelera tutti i processi,  non c’è dubbio…

Credi che una sola terra unita, una fusione tra le varie culture, sia auspicabile?
Tutte le civiltà che non si sono fuse, non si sono contaminate, sono civiltà che sono morte. Da quelle sudamericane e centroamericane, parlo degli Incas e dei Maya,  fino ai Greci… i Romani hanno vinto finché sono stati capaci di mescolarsi e in fondo non hanno perso nemmeno quando è caduto l’ultimo imperatore romano perché in realtà i Longobardi sono diventati figli di quella cultura, il medioevo è diventato figlio di quella cultura. Quelli che noi chiamavamo barbari non erano barbari, erano persone che bussavano alle porte della civiltà per appropriarsi di quelle che erano le cose più importanti   anche per loro.

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