Generali. Geronzi si è dimesso. Il tramonto di un eterno andreottiano

ROMA – Il presidente di Generali Cesare Geronzi si è dimesso, durante la riunione del cda della compagnia. Secondo quanto si apprende da fonti finanziarie dopo poco dall’inizio della riunione alcuni consiglieri avrebbero manifestato la loro intenzione di presentare una mozione di sfiducia nei suoi confronti. La mozione di sfiducia, con le firme anche dell’ a.d di Mediobanca Alberto Nagel e del direttore generale della banca, Francesco Saverio Vinci, era stata ventilata al presidente. Di fronte alla discesa in campo della stragrande maggioranza dei consiglieri Geronzi ne ha tratto le conseguenze e ha deciso il passo indietro.

Ufficializzate le dimissioni

Sono ufficiali le dimissioni di Cesare Geronzi dalla presidenza delle Generali. Lo annuncia una nota in cui si spiega che Geronzi «a seguito della situazione venutasi a creare per contrasti che non lo vedono partecipe nelle Generali, ha ritenuto dopo pacata riflessione, nel superiore interesse della compagnia, di rassegnare oggi le dimissioni dalla carica ricoperta». Il Cda preso atto «con rammarico» della decisione di Geronzi «lo ringrazia per l’opera svolta, con dedizione e senso di istituto sin dall’assunzione dell’incarico ne apprezza la particolare sensibilità e l’alto senso di responsabilità dimostrati nel compiere questo gesto che mira a incidere favorevolmente sul clima aziendale». Geronzi mantiene la carica di presidente della Fondazione Assicurazioni Generali.

Le reazioni

«No, francamente no»: così il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, risponde a chi le chiede se si aspettasse le dimissioni di Cesare Geronzi dalla presidenza di Generali. «Non conosco le modalità, cercheremo di leggere e di capire. Credo che, comunque, in questa situazione – afferma Marcegaglia – la cosa importante sia gestire bene e tutelare la società. Le Assicurazioni Generali sono l’azienda a maggiore capitalizzazione italiana, un’azienda completamente internazionale». «È importante che adesso si metta al centro dell’attenzione di tutti la valorizzazione e la buona gestione dell’azienda», aggiunge Marcegaglia, a margine della presentazione del quinto rapporto ‘Generare classe dirigente’ curato dalla Luiss.

«Sarebbe scorretto commentare. È improprio esprimere giudizi. Inoltre si tratta di una società quotata e sono nostri azionisti». È la risposta del presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, a una domanda sulle dimissioni del presidente delle Generali Cesare Geronzi. «È una res inter alios acta, una cosa avvenuta tra altri soggetti per cui sarebbe scorretto esprimere un giudizio prima di sapere come sono andate le cose» ha aggiunto il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli. «Credo sia giusto non fare commenti» ha detto il consigliere delegato di Intesa, Corrado Passera anche perchè «ero nel pieno della presentazione e non so cosa sia successo».

Le dimissioni di Geronzi, se effettive, rappresentano una buona notizia che lascia sperare in una nuova stagione di trasparenza, ovvero l’inizio della fine di un certo modo di fare banca e impresa, senza mai rischiare di proprio, con i soldi degli altri e grazie a collegamenti politici«. lo dichiara in una nota Antonio Borghesi, vicepresidente del gruppo di IDV alla Camera. »Geronzi si è finora salvato, nonostante abbia perso in passato i requisiti di onorabilità per essere amministratore di banche. Forse proprio per i rinvii a giudizio ancora in corso aveva pensato bene di passare alla guida delle Assicurazioni Generali dove non valgono le regole sulla onorabilità« spiega Borghesi. »L’Italia per crescere non ha bisogno di supposti manager che si fanno fare un regalo di 20 milioni di euro quando lasciano una banca. Italia dei Valori ha presentato proposte di legge sia contro le spropositate indennità dei manager bancari, sia per estendere le regole delle banche anche alle assicurazioni. La politica se ne vada dalla gestione delle banche e la lasci a manager veri pronti a dire di no alle richieste dei politici di turno. Le imprese ed i cittadini gliene saranno grati. Forse si ridurrà il costo del denaro per le imprese ed le spese dei conti correnti per i clienti« conclude il vicepresidente dei deputati dipietristi.

Una carriera fra Andreotti e il Vaticano

La sua “stella” sembrava oramai vacillare, dopo i ripetuti attacchi di Diego Della Valle ed è indubbio che dietro le sue dimissioni ci sia un qualche disegno di ricomposizione del capitalismo italiano. A Marino, ridente cittadina dei Castelli romani, famosa per la “sagra dell’uva”, è il dominus incontrastato tuttora, tanto che qualsiasi tornata elettorale passa per le sue saggi mani. Cresciuto in Banca d’Italia, dove da sempre ha coltivato l’amicizia dell’ex governatore Antonio Fazio, prima che questi inciampasse nella questione della Popolare di Lodi, Geronzi ne esce per diventare il padrone della Banca di Roma, poi Capitalia. La contrapposizione con Matteo Arpe, amministratore delegato, costringe il giovane manager ad abbandonare la banca, destinata alla fusione con Unicredit. Infine, il salto di qualità prima in Mediobanca e poi alle Generali, cioè il tempio del capitalismo italiano. Geronzi, come ogni buon banchiere, ha da sempre mantenuto relazioni “bipartisan”; destra-sinitra, per lui, sono punti toponomastici, nella più pura accezione andreottiana, non certo ideologici. Ha saputo superare anche alcuni non semplici guai giudiziari, anche se è ancora invischiato nel crac Cirio, per il quale il pm ha chiesto una condanna ad otto anni per aver piazzato le obbligazioni fasulle di Cragnotti. Ora, probabilmente, le dimissioni ne disegnano il tramonto e con lui, forse, finisce un’era.

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