Val di Susa. Cronaca di una giornata ai confini della realtà. Il video che non avete mai visto

All’alba del 27 giugno c’erano 2mila agenti in Val di Susa, inviati dal ministro Maroni a difendere gli interessi economici  stimati attorno ai 20 miliardi di euro per i lavori dell’Alta velocità. In tenuta antisommossa i militari hanno fatto violentemente irruzione nel campeggio-presidio della Maddalena, sui monti di Chiomonte in Val Susa.

La testimonianza
Arrivati dopo dodici ore di viaggio riusciamo finalmente a sistemare la tenda alle 4 di mattina. Ma prima di poter entrare per il meritato riposo scatta l’allarme dall’altoparlante: “Le forze dell’ordine hanno chiuso l’autostrada, si preparano ad attaccarci, tutti sul piazzale!”.
Poco dopo vengono lanciati in aria numerosi fuori pirotecnici che rimbombano per tutta la vallata, in modo da avvertire la popolazione che si deve preparare a resistere.

Per tutta la giornata ci terrà  compagnia un elicottero della Polizia che monitorerà dall’alto tutti i nostri movimenti.

Quello che ci appare davanti man mano che si fa giorno, dalle 4 alle 7, è un’ammucchiata di decine e decine di blindati e tre enormi ruspe, delle quali due dotate di pinze giganti.

Nel tratto di autostrada che ci interessa i blindati rimangono al riparo sotto le gallerie di Chiomonte e di Giaglione. Chi si trova su una delle barricate poste a ridosso della carreggiata riesce a vedere la lunga fila di mezzi rimasta “dentro ai buchi”. Pochi mezzi, principalmente della finanza e della digos, sono a vista nel tratto autostradale scoperto tra le due gallerie. A ridosso di quella più lontana c’è una barricata che chiude un sentiero, e che  intorno alle 7 viene buttata giù con le motoseghe della forestale. Partono altri fuochi d’artificio. E l’attacco ha inizio.
Ci sono tra le 1.500, 2.000 persone, tutti dislocati in numerosi punti dove sorgono altrettante barricate e sul monte, che si rivelerà più tardi l’unica via  di fuga per sfuggire a cariche e lacrimogeni.

Mandano avanti le ruspe, in particolare quella con il braccio più lungo e la pinza più grande comincia il suo lavoro distruttivo su una delle barricate a ridosso dell’autostrada, mentre ragazzi scaricano gli estintori nel tentativo di ostacolare l’avanzata.
Pochi minuti prima il pacifista Turi Vaccaro era sceso da solo in autostrada per raggiungere “il mostro” che, in effetti, ha iniziato a fare retromarcia incredulo nel vedersi lanciato addosso un uomo. Le forze dell’ordine lo aggrediscono e lo portano via, non senza difficoltà mentre i valsusini ne reclamano a gran voce il rilascio.

La resistenza agli attacchi dura  oltre due ore, nonostante la celere riesca a sfondare altri due punti della barricata: uno sull’altro lato dell’autostrada e l’altro alla centrale elettrica, sempre grazie all’aiuto fondamentale di alcune ruspe e agli idranti che fanno indietreggiare i manifestanti.
Ma tutto ciò non basta. Si scatena una pioggia di lacrimogeni  che rendono l’aria irrespirabile. Molti vengono sparati  ad altezza d’uomo, tanto che li sentiamo passare a pochi centimetri dalla nostra testa  prima che raggiungono il piazzale dove sono accampate centinaia di tende.
Sono tantissime le persone colte da un malore improvviso. Sono momenti di panico. Tra i manifestanti c’è anche un legal team, composto da avvocati e amministratori della Valle e una grande tenda che funge da luogo adibito al primo soccorso, oltre ad una radio FM “Maddalena Libera”.
Precauzioni che non serviranno a nulla visto il violento attacco.  Alle 9.30 il movimento NoTav batte la ritirata in mezzo ai boschi della Ramats di Chiomonte. A valle non si riesce a intravedere nulla a causa dei lacrimogeni. E’ un fuggi fuggi generale.
Ma la celere  non sembra essere soddisfatta e spara ancora dentro la boscaglia numerosi  lacrimogeni, che salgono velocemente nell’aria proprio nella direzione dei fuggitivi. Ci sono uomini, donne, anziani e anche bambini che vengono investiti da una folata irrespirabile che produce l’ennesima situazione di opanico. Molti di loro si sentono ancora male, manca l’aria, manca l’ossigeno. Perchè questo accanimento? ci si chiede.

Arrivati in cima alla collina la nebbia dei lacrimogeni ci apre il panorama. Si riesce a vedere l’ormai ex-campeggio, dove alcune tende hanno preso a fuoco grazie ai gas lacrimogeni. L’autostrada deserta chiusa dalla polizia (lo rimarrà per altre 30 ore!) e la statale che porta a Chiomonte con una lunga fila di TIR bloccati dai valsusini che sono scesi dalle loro case a supportare il movimento, isolando gli altri collegamenti stradali.
Si sparge la notizia che il legal team ha concordato con le forze dell’ordine la possibilità di far scendere la gente in fuga per riprendersi le tende, gli effetti personali e le auto ancora parcheggiate all’interno del presidio, facendosi però in cambio identificare. Alcuni scendono, la maggior parte continua preferisce inerpicarsi più in alto, ancora in preda alla paura.

Da vaklle giungono le prime telefonate nelle quali viene confermata la devastazione della maggior parte delle tende e dei borsoni, con tanto di pisciate a mò di sfregio da parte dei valorosi uomini di Maroni.
I manifestanti si ritrovano nuovamente insieme alla fine dell’arduo sentiero nella minuscola frazione di S.Antonio dotata di quei fantastici fontanili che una volta, e lì ancora oggi, si usavano per il bucato.
Siamo  6-700 persone e decidiamo di scendere a Chiomonte. Altri 7 km di marcia!
Ci dicono che il municipio di questo paese, governato da uno dei pochi sindaci pro-Tav, è occupato da un paio d’ore in segno di solidarietà dagli abitanti.. Le anziane signore di S.Antonio ci rifocillano con quello che hanno, comprese delle zollette di zucchero che ci ridanno quel minimo d’energia per affrontare il lungo percorso.
Arriviamo a Chiomonte proprio di fronte al municipio occupato, con il sindaco Pinard assediato dai No Tav nel suo ufficio che ne chiedono le dimissioni. Una pattuglia di tre carabinieri cerca di farsi largo a spintoni per entrare a dar man forte al primo cittadino. A quel punto partono un paio di ceffoni e  gli agenti si convincono a lasciare il paese.

La Valle è in subbuglio.
La sera stessa di lunedì 27 si tiene un’affollatissima assemblea nel paese di Bussoleno dove si deciderà di rispondere alla militarizzazione del territorio con una fiaccolata a Susa il giorno seguente, alla quale parteciperanno 10.000 persone.
Allo stesso tempo viene lanciata la mobilitazione nazionale prevista per domenica 3 luglio. Giunge l’eco delle innumerevoli manifestazioni di solidarietà con i No-Tav: da Milano a Roma, da Torino a Livorno, da Messina all’Abruzzo…

La mattina seguente decidiamo di dirigerci verso la Maddalena come risposta immediata allo sgombero, al cantiere e alle infamate che si sono protratte tutto il giorno nei confronti di chi andava a riprendersi tenda e automobile: in alcuni casi ci riferiscono siano avvenuti   pestaggi e intimidazioni.  
Tre furgoni sono stati autorizzati a caricare il materiale di tutti i manifestanti accampati.

I documenti trovati nei borsoni si è tenuti a ritirarli in Questura a Torino. Nei portafogli nessuno ha più trovato i propri soldi.
Sulla tangenziale di Torino, di ritorno a casa, incrociamo una settantina di mezzi blindati che vanno a dare il cambio ai loro  colleghi in montagna. E’ proprio uno di questi, che più tardi investirà con il blindato una donna pensionata di 65 anni uccidendola.  E’ la prima vittima di questa vicenda.

 

IL VIDEO

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