Berlusconi contestato in piazza: “Anticipiamo il pareggio al 2013”

ROMA – ”Prevediamo un’opportuna accelerazione delle misure introdotte nel decreto legge manovra con la possibilità del raggiungimento del pareggio bilancio nel 2013 anziché nel 2014”. Ad annunciarlo è stato il premier, Silvio Berlusconi, nel corso della conferenza stampa convocata per questa sera a Palazzo Chigi. 

Pareggio che entrerà nella Carta. “Metteremo in Costituzione il pareggio di bilancio che è fondamentale per qualificare storicamente questo passaggio. Saremo già al lavoro la prossima settimana” ha detto il ministro dell’Ecomonia, Giulio Tremonti. “Non dobbiamo cambiare l’impostazione” della manovra, “dobbiamo solo anticipare la tempistica, dato che in un mese è come se fosse cambiato il mondo” ha poi precisato Tremonti, ribadendo che la manovra è “corretta e appropriata”. 

Contestazioni al premier

Al suo arrivo a palazzo Chigi Berlusconi è stato contestato. Dalla folla presente a piazza Colonna si sono levate alcune grida di “buffone”, e “vai a casa”. Sono state intanto convocate per la settimana prossima le commissioni della Camera interessate alle misure economiche anti-crisi del governo. A confermarlo è Francesco Boccia del Pd. “Pronti ad andare in commissione, ma stavolta vogliamo fatti concreti”, ha commentato.

Di Pietro: “Vuole fare le nozze con i fichi secchi”

«Abbiamo assistito all’annuncio delle riforme con i fichi secchi». Con questa battuta Antonio Di Pietro ha commentato su «La 7» la conferenza stampa di Berlusconi e Tremonti. «Il vero problema – ha proseguito il leader dell’Idv – è che i mercati non si fanno prendere in giro. Infatti dei quattro punti indicati dal governo solo uno è valido: quello che anticipa le misure della manovra dal 2014 al 2013». Per l’ex pm «la verità è che di fronte alla crisi Berlusconi chiude gli occhi e continua a farsi gli affari suoi. Tornerà in Parlamento la prossima settimana a fare una foto di famiglia, mentre sarebbe indispensabile avviare subito le riforme che servono davvero, a partire dall’abolizione delle province».

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