Lo sfottò di Monti: “Che monotonia il posto fisso”

ROMA – E’ sempre uno spettacolo deplorevole vedere un esponente del governo che va in televisione a spiegare che l’Italia va cambiata.

Perchè lui ha capito bene quali sono le mosse giuste per uscire o almeno limitare il danno causato dalla crisi economica, spread permettendo, mentre tutti gli altri che lo ascoltano sono degli emeriti “cretini”. E lo fa attraverso il mezzo televisivo in trasmissioni che si potrebbero definire “talk show confusion”, perchè il vociferio della politica di parte ne crea con il tempo di effetti indesiderati. Proprio come le controindicazioni di un farmaco, che se abusato allieva il dolore temporaneamente, ma ti arreca nuovi danni patologici.

Ieri Mario Monti ha fatto la sua comparsa, prima al Tg5 e poi a Matrix, per rafforzare la tesi che il suo governo sta facendo del bene al Paese, che il famigerato spread è sceso di 200 punti. Ma non solo, perchè la parola d’ordine per rimettere in sesto l’Italia è cambiare, tanto i suoi diritti li ha già più che acquisiti, quindi di che preoccuparsi.
Fa un certo effetto ascoltare un presidente del Consiglio, chiamato per una funzione prettamente tecnica, affermare che i giovani devono rassegnarsi perchè il posto fisso di lavoro non esiste più. Anzi, tanto per puntualizzare chiude la frase così: “Che monotonia”, prima di annunciare che metterà mano sull’articolo 18 che definisce “pernicioso”. E così il governo non votato dagli italiani, ma salito nel più alto scranno del Palazzo per dimostrare esclusivamente una competenza tecnica, punta dritto sull’articolo 18, nel quale bisogna mettere mani in nome dello sviluppo. Insomma “non è un tabù”, per Monti, che puntualizza: “senza riforma sul lavoro gli sforzi del governo per rilanciare il Paese rischiano di rimanere incompleti”.

Viene da chiedersi da che pulpito arrivi la lezione, visto che Monti si laurea nel 1965 e dopo aver vinto una borsa di studio che lo porta negli Stati Uniti inizia la sua carriera accademica come professore ordinario presso l’Università degli Studi di Trento nel 1969. Sarà stato assunto come precario o con un contratto co.co.co? Nient’affatto, tant’è che le affermazioni del premier hanno sollevato un coro di polemiche. E non solo per chi invidia il posto fisso, che già non esiste più senza che lo dica Monti, ma perchè la disoccupazione, la precarietà, l’incertezza del futuro sono costanti ben presenti tra i giovani, specie in Italia che di certo non primeggia per politiche che possano dare impulso e stimolo alle nuove generazioni.

E non finisce qui. Monti annuncia che in 60 giorni le riforme saranno pronte per dare quella svolta al paese e far ripartire la crescita. Insomma un occhio puntato sulla liberalizzazione che deve allargarsi il più possibile a tutti i settori e l’altro sullo spread, che funge da cartina tornasole ancora sui numeri della finanza e non sull’effettiva realtà sociale. E in una situazione come questa in cui la forbice della povertà si sta ulteriormente allargando diventa davvero difficile capire a quale rilancio di riferisca il professore.

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