Renzi ad Arcore, la simbologia del dominio

ROMA – Strani movimenti stanno accadendo all’interno del Pd, tutti negativi a quanto pare: parliamo delle liaisons dangereuses tra Veltroni e D’Alema contro Bersani, naturalmente subito smentite, e di tutta una serie di distinguo che intossicano il partito che dovrebbe essere in questi frangenti il protagonista del superamento del berlusconismo.

Oltre ad avere un bel po’ di naturali nemici esterni Bersani, e il suo entourage, si trovano a rintuzzare i continui attacchi distruttivi delle serpi covate in seno al partito.
E si può ben parlare di distruttori, e non di riformatori visto che un gruppo di giovani rampanti del mordi e fuggi capeggiati da Matteo Renzi sindaco di Firenze si definiscono ‘rottamatori’ del vecchio apparato del Pd.
L’ultima bordata, che lascia esterefatti anche coloro che avevano ben compreso di che pasta fossero fatti i ‘rottamatori’, è venuta proprio da Renzi , il quale, con nonchalance, si è recato a cenare nella chiacchierata dimora privata di Berlusconi, in quel di Arcore.

Sarebbe chiaro anche ad un bambino di  due anni che questo comportamento, – venuto alla luce perché svelato dai giornali – è quantomeno ambiguo. Invece quasi tutti gli ‘amici’ di partito minimizzano: “Su Renzi non bisogna esagerare con polemiche a prescindere” Lo ha detto il presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, mentre ossequiava la Madonna Immacolata a Roma.
Certe madonne, non propriamente immacolate, gli sono venute anche a Mario Adinolfi, facente parte anche lui dei ‘rottamatori’, che per gli ‘incomprensibili richiami all’ordine’ a cui sarebbe stato sottoposto Renzi dal Pd, ha affermato: “Dopo aver visto la bastonatura riservata a Renzi, non mi va di stare in piazza con Bersani e la Cgil che gliela riempie. Voglio bene al Pd, l’ho fondato, ci resto, ma se vogliamo vederlo vincere dobbiamo innovare radicalmente, altro che rito postcomunista a San Giovanni”.

A questo punto, secondo il nostro Adinolfi, è Bersani che dovrebbero chiedere scusa a Renzi per il suo sconsiderato appello alla correttezza della prassi politica. “Sarebbe stato meglio Palazzo Chigi – ha detto Bersani – Non è vietato per un sindaco incontrare il presidente del Consiglio, ma esistono delle sedi, sennò si può capire male”. “Capisci ammé”, direbbe Di Pietro.
Per tutta risposta il giovin Renzi fa orecchie da mercante: “È stato un incontro istituzionale, non sono andato a parlare di politica o di rottamazione, ma della mia città – e – Berlusconi non mi ha detto che gli assomiglio-“ Così seraficamente ha risposto il sindaco di Firenze Matteo Renzi.

Della somiglianza, come direbbero a Roma, “non ce ne può fregar de meno”. Ma del fatto che Renzi non capisca il senso politico che ha un comportamento del genere, ci si deve veramente preoccupare.
Anche se il sindaco di Firenze fosse andato a casa di Berlusconi per dirgli “buonasera” – e non è andato casa di Berlusconi per dirgli “buonasera” – sarebbe comunque qualcosa di inqualificabile.
O meglio, sarebbe qualificabile: o Renzi è un povero sprovveduto che non conosce la simbologia del dominio politico, né il senso che hanno i luoghi deputati alla politica, oppure è della stessa categoria dei furbi – di cui Berlusconi è il Re – e sta svendendo se stesso e/o le sorti del Pd al miglior offerente.

Nel frattempo strane affermazioni, anticipano le nostre angosciose domande: messaggi di sostegno a Renzi sono giunti dal geniale Daniele Capezzone, portavoce Pdl, per il quale “tanti uomini della sinistra hanno riversato su Renzi un mix di intolleranza, cultura del sospetto e stupidità”.
Vorrà dire che se lo ritroveremo Renzi insieme a Capezzone a pettinare le bambole del Cavaliere, sapremo perché è andato nella dimora privata di Berlusconi ad Arcore … ai posteri l’ardua sentenza.

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