IL Pd, baricentro di un’ alleanza di centro sinistra e democratica

ROMA – Il voto amministrativo ci parla di un popolo che abbandona Berlusconi e la Lega. Li critica pesantemente dopo circa venti anni in cui questi hanno segnato la vita politica, sociale e (a)morale dell’Italia.

PDL e Lega crollano nel vero senso della parola. Sta finendo così la loro epoca, quella segnata dal miscuglio di liberismo, affarismo, populismo, egoismo e rapina dei beni pubblici, caratterizzata dall’aggressività , dall’assenza di solidarietà e di rispetto per le persone e per il lavoro. Un ventennio in cui l’Italia è stata sostanzialmente senza crescita.

Il loro blocco elettorale è smarrito e si è disperso tra l’astensionismo, le liste civiche e la protesta di Grillo contro tutti. Il Centro di Casini Fini e Rutelli non raccoglie queste forze e fallisce così l’ambizioso progetto politico del grande centro a sostegno di Monti.
 Il Partito democratico e le forze di centro sinistra resistono al terremoto politico e rimangono in piedi conquistando il governo di moltissimi comuni al primo turno e così si prevede per il secondo. Quindi, il PD rappresenta, nonostante i suoi molteplici problemi l’architrave centrale del governo locale, la cerniera tra il centro sinistra e le forze moderate, il baricentro  di una ampia alleanza di centro sinistra e democratica.

Il voto al partito “5 stelle” e l’alta astensione segnalano che c’è un bisogno e una richiesta di pulizia e di nuove modalità partecipative nella e della politica, ma esse sono intrecciate alla sfiducia e ad una spinta pericolosa contro l’idea stessa di partito e contro tutti i partiti in quanto tutti colpevoli. Grillo raccoglie ciò che hanno seminato, in termini di assalto ideologico contro tutti i partiti, i grandi gruppi economico-finanziari (gli oligopolisti dell’informazione), descritti come identici e uguali in quanto moralità e responsabilità verso la crisi. Del resto questa tesi ha avuto buon gioco dalle cronache sull’uso truffaldino e vergognoso che la Lega e il tesoriere della Margherita hanno fatto del finanziamento pubblico ai partiti. E ciò è anche una parte della crisi strutturale del sistema politico della seconda repubblica, che è segnato complessivamente dalle degenerazioni del berlusconismo che hanno aggravato in quasi vent’anni di governo la questione morale e reso inefficiente ed affaristico il governo della cosa pubblica.

Questi teorici del dopo Berlusconi in continuità con il plebiscitarismo berlusconiano, dopo aver appoggiato per anni il centro destra e che oggi non vogliono il cambiamento culturale, sociale ed economico indispensabile ed urgente, hanno di fatto danneggiato anche il governo Monti in quanto senza i partiti esso non esisterebbe.
La tenuta del PD dice, e lo dice anche al governo Monti, che c’è bisogno di allungare e velocizzare il passo verso più equità e verso la ripresa economica. Ci sono proposte del PD che vanno accolte immediatamente dal governo: correggere gli accordi firmati da Berlusconi con l’Europa che ci stanno strangolando, scorporando gli investimenti dal conteggio del disavanzo; superare in sintonia con Hollande la politica restrittiva europea imposta dalla Merkel; alleggerire l’IMU reperendo le risorse dalla tassazione sui grandi patrimoni; sbloccare i pagamenti della pubblica amministrazione verso le piccole e medie imprese; dare ai comuni la possibilità di intervenire subito contro la recessione mettendoli nelle condizioni di fare investimenti e per questo va rivisto il patto di stabilità almeno per i comuni virtuosi e va ridefinita la ripartizione fiscale tra Stato e comuni.

L’Italia, le fasce medie e popolari, le imprese, il Mezzogiorno hanno bisogno di vedere dei fatti positivi e di scorgere una via d’uscita, di ricostruzione, per riacquistare fiducia nella democrazia e nel futuro.
Sappiamo che non sarà il governo Monti il governo della ricostruzione e che questo compito spetta in prima persona al PD in un quadro programmatico chiaro, aperto e unitario, tuttavia, al governo in carica spetta ora di aprire immediatamente una fase nuova, più equa e di ripresa economica, che accolga le indicazioni che vengono dal voto (non più condizionamenti dalle destre) e dalla società, dai movimenti e dai sindacati che chiedono lavoro, ripresa sostenibile e diritti sociali.
Come opererà il governo Monti in questo momento non lo sappiamo, ma sappiamo che andrà incalzato e richiamato fortemente alle sue nuove responsabilità. È evidente che ciò implicherà anche la costruzione di nuovi e più avanzati equilibri politici e di governo.

Il voto ci segnala anche la necessità di ridare speranze agli italiani e non lasciarli soli con i loro problemi che in troppe occasioni hanno portato al suicidio di imprenditori e di disoccupati. E c’è bisogno di ribadire che la via del cambiamento democratico è possibile e che gli attentati terroristici e la violenza sono nemici.
Per questo la manifestazione del 2 giugno, indetta dai sindacati, dovrà essere una grande manifestazione di popolo, unitaria e serena, ferma e includente, precisa nelle sue richieste di eguaglianza, diritti e lavoro.

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