L’Europa continua a camminare sull’orlo della crisi

ROMA – Anche limitando la valutazione ai soli costi, la deflagrazione dell’Euro avrebbe un costo enorme. Qualche calcolo uscito in questi giorni paragona il salvataggio della Grecia (2/300 miliardi di euro) al costo del fallimento dell’euro (oltre 1.000 miliardi, più quanto è impossibile prevedere).

In realtà la fine dell’Euro avrebbe implicazioni politiche ed economiche di proporzioni ancora maggiori, facendo impallidire la questione dei costi che pure è rilevante.

Grecia e Spagna due pesi e due misure

Malgrado questo l’Europa continua a camminare sull’orlo della crisi. Anche l’intervento europeo, in sé utile, a favore delle banche spagnole non risolve il problema. Semmai pone una questione di parità di trattamento.
Perché i quattrini necessari per salvare le banche greche, provenienti dall’Europa, sono entrati nel conto del salvataggio di quel paese ? Portando di conseguenza alle misure draconiane di tagli e sacrifici che sta spingendo al disastro la Grecia. Mentre nel caso della Spagna è stato trovato un escamotage per evitare di aggravare il deficit pubblico spagnolo e quindi imporre ulteriori tagli e sacrifici ? Le dichiarazioni del Primo Ministro spagnolo rendono chiaro l’arzigogolo, il cui effetto però è concretamente di escludere la Spagna da misure di tipo greco.
Ovviamente la preferenza va alla scelta a favore della Spagna, ma è difficile capire perché la Grecia dovrebbe accettare di pagare un prezzo molto più salato per gli aiuti. Non c’è da meravigliarsi se anche questo influenzerà le urne greche domenica prossima. Né si potrà rispondere sbrigativamente ad una richiesta greca di ottenere le condizioni spagnole. Non va dimenticato che sia le banche greche che ancora di più quelle irlandesi sono state salvate dai rispettivi Stati che infatti si sono indebitati anche per questo soccorso. Se si poteva agire diversamente anche questi paesi oggi avrebbero condizioni migliori.
La verità è che la Grecia, al netto dei suoi errori, ha pagato il prezzo di diventare lo spauracchio per tutti gli altri paesi europei, tenando di ignorare che se un mattone cade è difficile isolarlo dal resto dell’edificio europeo, come dimostra l’allarme che ora riguarda anche Cipro per gli stretti legami con la Grecia.

La finanza non può essere la soluzione della crisi

Anche i richiami di Obama all’Europa fanno riflettere. Certo, è difficile dargli torto. L’Europa non svolge certo un ruolo di traino per l’economia mondiale, tranne la tenuta della Germania, che non è poca cosa. Tuttavia anche nell’impostazione di Obama tutto rientra nell’ambito di misure per il rilancio finanziario dell’economia. La finanza così diventa l’origine e la soluzione della crisi, senza però affrontare la sostanza del problema. La sostanza è che la finanza internazionale, massimamente quella con base in America, è libera come e più di prima di operare sui mercati internazionali, senza vincoli particolari e anzi – se possibile – più forte di prima e anche più bisognosa di guadagni ad ogni costo.

Il limite della politica degli Stati Uniti

Il limite maggiore della politica Usa in questa fase è di avere immaginato di potere rimettere in moto il meccanismo finanziario e quindi l’economia così com’è, essenzialmente con iniezioni di liquidità. La stessa linea è stata scelta dalla Bce.
Non potendo per statuto svolgere il ruolo di banca centrale di ultima stanza e quindi di potere stampare moneta, comprare debito pubblico degli Stati, la Bce ha scelto di immettere liquidità nel sistema, di conserva con gli Usa. Oltre 1.000 miliardi, pronta ad aumentare l’iniezione. Nell’immediato la soluzione può consentire alle banche di tirare il fiato e per 3 anni di lucrare sulla differenza di interessi tra i titoli pubblici e il prestito ottenuto dalla Bce. Quindi i bilanci delle banche miglioreranno ma gli Stati pagheranno di più il debito pubblico e in particolare questo si scaricherà sui paesi maggiormente in difficoltà. In sostanza i cittadini indirettamente aiuteranno le banche a migliorare i bilanci.
In altre parole: buona parte dell’aumento degli interessi che l’Italia pagherà sul debito pubblico andranno a migliorare i bilanci delle banche che compreranno i titoli di Stato.

I nodi di fondo che devono essere affrontati

Questo cerotto tuttavia lascia irrisolti i nodi di fondo:
1)mettere in condizioni di non nuocere le Agenzie di rating, il cui vero compito è di guidare la muta della speculazione.

2)introdurre regole severe nei mercati finanziari, sia recuperando qualcosa di Bretton Wood, sia adottando misure più attuali per i mercati finanziari odierni, cresciuti 10 volte in poco più di 2 decenni;
3)reintrodurre nel sistema bancario la distinzione tra gestione del risparmio e affari;
4 adeguati  interventi nei mercati  cacciando  chi non rispetta le regole.
5)guardare oltre i bilanci delle banche perché perfino i mercati finanziari potranno funzionare meglio quando riprenderà la domanda interna dei paesi e i redditi torneranno a salire;
6)ripensare il modello di sviluppo e dei consumi;
Diffiicle accettare che 100 miliardi per la banche spagnole vengono trovati rapidamente, come è giusto, mentre cifre minori per l’occupazione e lo sviluppo vengono negate. Così è insopportabile che il provvedimento del Governo per ridare slancio all’economia, già fin troppo gracile e inadeguato se misurato con gli obiettivi, sia fermo perché non si trovano 300 milioni di euro. In questo caso Scalfari ha ragione: Monti è condizionato da Canzio, il Ragioniere generale dello Stato.
La logica ragionieristica che viene usata per misurare la fattibilità dei provvedimenti in Europa e in Italia stride con l’urgenza di misure in grado di ridare fiato all’occupazione e allo sviluppo.

L’Europa, il primo terreno di lavoro

L’Europa è il primo terreno di lavoro e dalle elezioni francesi sembra venire un ulteriore contributo ad una svolta, ma per realizzare l’obiettivo occorre avviare di conserva con Hollande un’iniziativa e una solidarietà europee di cui per ora non c’è traccia. Ad esempio il Governo Monti potrebbe andare oltre la dichiarazione che non ci sono pregiudiziali sulla Tobin tax e proporne l’approvazione per legge in Italia. Questo schiererebbe l’Italia in modo chiaro. Ma l’Europa non risolverà il nodo di una redistribuzione delle risorse a favore dei meno abbienti e della ripresa, questo resta un problema che solo l’Italia può risolvere, ingaggiando la necessaria battaglia politica ed economica per una svolta nel paese

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