Obama. Il valore dell’uguaglianza

ROMA – Come è risultato evidente anche dal battibecco in diretta televisiva fra Lucia Annunziata e Giuliano Ferrara, un evento di straordinaria importanza come le elezioni presidenziali negli USA può essere osservato e interpretato in modi molto diversi.

Come spettatori di uno show stellare a fronte del quale esibire la propria appartenenza ad un fan-club, oppure come cittadini del mondo interessati a comprendere processi che comunque coinvolgono tutti.
L’attesa dell’esito è stata indubbiamente coinvolgente anche sul piano emotivo, ma di questo, e delle scenografie rutilanti, si è detto e scritto fin troppo. Oggi, smaltita l’emozione, deve riprendere corso l’analisi più propriamente politica. Due aspetti, innanzitutto, mi paiono degni di particolare attenzione: alcuni contenuti del discorso di Obama vincitore, e la dimensione organizzativa dell’evento.

Obama ha fatto un discorso programmaticamente molto impegnativo, forse più di quanto sia avvenuto durante la campagna elettorale, se lo si riascolta sfrondandolo delle parti più emotive e di circostanza. L’occasione imponeva la sintesi, ma nonostante ciò il Presidente è andato al cuore dei problemi e ha enunciato principi davvero fondanti. Uno in particolare: il valore dell’uguaglianza. Come rilevano i commentatori più acuti e avvertiti (uno per tutti: Federico Rampini) ha indicato tre campi prioritari di intervento: il fisco, l’immigrazione e la scuola. Si può forse pensare che si sia trattato di una scelta puramente formale o di circostanza? Evidentemente no! Quali fattori, più di questi, sostanziano un percorso possibile per rendere qualunque società più uguale? Si dirà: ma la società americana è oggi talmente segnata da squilibri e disuguaglianze per cui la scelta, almeno sul piano della retorica, era pressoché obbligata; si tratta di parole! A me invece pare che sia evidente in quel discorso la volontà di annunciare una svolta, anche rispetto ai toni della campagna elettorale. E’ molto significativo, infatti, che ciò sia avvenuto a conclusione di una campagna elettorale in cui le grandi lobby, i potentati finanziari, i “poteri forti” -diremmo noi- si erano schierati in modo quasi uniforme per lo sfidante. Dunque le “premesse di valore” per un programma di governo chiaramente “di sinistra”, pur nella consapevolezza di dover fare i conti con un Congresso per metà ostile.

Ritrovare uno spirito di coesione nazionale

Anche il forte richiamo alla necessità di ritrovare uno spirito di autentica coesione nazionale è stato collocato dal Presidente Obama in relazione al modello di società più uguale da lui tratteggiato.
Considerando tutto ciò vien da pensare alla nostra Europa e, in essa, all’Italia. Paradossale che tenga banco, nel nostro dibattito politico interno, il grado di fedeltà all’”agenda Monti” come discrimine del confronto elettorale prossimo! Cosa significa in termini di modello di società verso cui orientare i cittadini? E cosa significa, altresì, il cambiamento come valore in sé, a prescindere dai contenuti? O, viceversa, ci si chieda come interpreterebbe l’elettore americano termini da noi, pare, cruciali quali “rottamazione”, o ancora che valore avrebbe per Obama o per Romney la qualificazione di “moderati”.
Io ne traggo una sola conclusione: per la sinistra è possibile candidarsi a governare, e vincere la sfida, con un programma semplice e nitido, che renda percepibile alle persone i valori fondamentali a cui si ispira la sua idea di società. E su quella base ottenere il consenso anche di aree di elettorato alieno a definizioni  tradizionalmente “politiciste”, ma disponibile ad un impegno civile responsabile. Insomma: la ipotesi su cui Bersani sta schierando il “suo” PD.  

Il diritto a vivere una democrazia reale

C’è un altro aspetto della recente vicenda americana che merita di essere riflettuto, senza strumentalità e doppi fini: la dimensione dell’impegno organizzativo del confronto elettorale. Qualche commentatore ha valutato la campagna elettorale americana come “l’evento singolo più costoso dell’intera storia dell’umanità”. Lo stesso Obama, nel discorso della vittoria, ha fatto cenno alla questione, mettendone in valore il significato, laddove ha sottolineato che grande parte dei popoli del mondo lotta e soffre anche per conquistare il diritto a vivere una democrazia reale, che abbia nella pratica del confronto elettorale il momento più alto, simbolico e impegnativo. Naturalmente tutto è relativo, ed anche la sobrietà è un valore positivo per cui impegnarsi. Non si tratta quindi di proporre quello americano come modello assoluto. Tuttavia sarebbe errore altrettanto grave essere acriticamente corrivi ad una deriva qualunquistica e populista di cui, peraltro, la destra si sta facendo interprete come via di fuga dalla propria crisi e dalle proprie responsabilità. Anche a questa riflessione ci sollecita la vicenda americana.

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