Primarie del Pd. Vespa l’ha fatta grossa

ROMA – Vespa l’ha fatta grossa. Si trova fra due fuochi. Impossibile non parlare nel Porta a Porta delle  iniziative che il Pd mette in campo, leggi fra queste le primarie per le candidature al Parlamento.

Impossibile non parlare del Pdl, o meglio dei frammenti del Pdl. Impossibile non parlare dei tentennamenti dei “ centristi”. Ne parla perfino il Tg1, con la nuova direzione di Orfeo. Il problema è come limitare i danni. In questo Vespa trova tanti alleati. Per esempio si può chiedere a Maria Tersa Meli di fare un servizio sulle regole decise dalla direzione del  Pdl  con voto unanime. Questa volta non c’è neppure la possibilità di “utilizzare” Matteo Renzi. E’ pienamente d’accordo e giudica un fatto molto positivo che, a fronte di una legge come il Porcellum, il  Pd  porti le candidature al voto di qualche milione di persone. E Maria Teresa Meli non si fa pregare. Sa bene cosa vuole Vespa e cosa vuole Berlusconi, in acque sempre più affogate. E’ stato proprio il cavaliere ad affossare le primarie del Pdl, con il suo segretario, Angelino Alfano, che si è messo sull’attenti e ha detto “obbedisco”.

La disinformazia  di Porta a Porta

E la nota cronista politica che fa? Un bel “servizio”. Spiega che le primarie sono tutto un imbroglio, che deciderà Bersani chi candidare, che il voto è una presa in giro. Guarda il servizio Il responsabile del coordinamento per Bersani presidente, Speranza, un giovane dirigente, segretario del Pd della Basilicata.  Non crede ai suoi occhi. Vespa con l’occhietto che brillava glielo aveva preannunciato che era un servizio non proprio benevolo, si fa per dire. Ma le vette raggiunte dalla Meli erano difficilmente ipotizzabili. E Speranza , malgrado Vespa, tentasse interromperlo, ha detto che si trattava di “falsità”, ha ricordato quali erano le regole stabilite dalla direzione. Non neghiamo che un giornalista ha anche il diritto di dire la sua. Ma il primo dovere è quello di informare. Bastava leggere qualche riga dal documento approvato di cui Meli era a conoscenza. Ma il giornalismo,politico, si fa per dire, italiano, ormai ha perso ogni credibilità. Al lettore non offre informazione, ma la sua interpretazione di fatti avvenimenti dei quali si guarda bene da dare conto.

Bersani sbotta: “ Questo non lo accetto”

Insomma siamo ai retroscena dei retroscena.  Accade così che dieci deroghe per le candidature di parlamentari con quindici anni di legislatura alle spalle diventano l’ombelico del mondo. Per la prima volta Pier Luigi Bersani, noto per la sua pazienza, si è levato il sigaro dalla bocca ed è sbottato “ Questo Non lo accetto”, ha detto rispondendo ad una domanda dei cronisti. “Il nostro statuto- sottolinea- parla del 10% di deroghe e ieri alla direzione si è discusso di qualcosa che non è neanche il 3%. Perché ne parlate solo per il Pd? Questo è inaccettabile” “Siamo gli unici in Italia e in Europa- ha proseguito- che hanno questi meccanismi di deroghe così stringenti,  quindi per favore non chiedeteci più e andate da qualcun altro. Su questo si è superato il segno. Il Pd  è l’unico a fare cose mai fatte in Italia e in Europa e per questo gradiremmo essere seguiti con un pò di simpatia. Gradiremmo che si chiedesse anche gli altri cosa vogliono fare, visto che il Parlamento è una istituzione di tutti – ha concluso – non possiamo risolvere da soli il problema di come si scelgono i deputati. Gradiremmo sapere cosa fanno gli altri”. Ma la triste storia di un giornalismo d’accatto nion finisce qui.  In vista della direzione del Pd  tanti cronisti avevano raccontato i “ retroscena”. L’ipotesi era che in Direzione sarebbe corso del sangue.

I giornalisti inventano notizie poi le smentiscono

Ci sarebbero state baruffe, Bersani temeva che qualcuno se ne andasse dal  partito sbattendo la porta. Niente di tutto ciò è accaduto. In tre ore si è preso una decisione “ storica”, il voto è stato unanime. Con qualche imbarazzo Mannonni nel Tg 3  della notte ammette che  addirittura era stato approntato un servizio alla bisogna, ben oltre le tre ore della riunione delle Direzione. La realtà è che autorevoli retroscenisti avevano previsto lunghe ore di discussione, divisioni, stracci che volano.  Quali fonti autorevoli come si dice  in gergo, avevano  dato lì’allarme. Nessuna. I giornalisti  che smentiscono sé stessi non è un bel vedere. Ma questo è quello che passa il convento. Forse sarebbe il caso che la “ categoria” ne discutesse. In una democrazia la credibilità dei media è un fondamento.

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