Do you remember Vallombrosa?

ROMA – La formale costituzione, ai fini elettorali, della coalizione centrista (ancora non sappiamo come si definirà. Adotterà senz’altro un nome molto patriottico) si presta ad una doppia lettura, per noi militanti del PD e del centrosinistra.

Una lettura preoccupata per le conseguenze negative che ne potrebbero derivare alla governabilità del paese, pur nel caso della probabile vittoria elettorale del centrosinistra, dati i meccanismi premiali previsti dal “porcellum”. Ovvero una lettura positiva che valorizza gli elementi di maggiore chiarezza che ne derivano alla geografia politica, oltre al fatto che così si determina una sorta di “cordone sanitario” attorno alla destra populista, sostanzialmente eversiva dello spirito costituzionale.  
Ambedue le interpretazioni si fondano su elementi di verità, ed il fatto in sé, a mio avviso, non muta sostanzialmente la strategia pre-elettorale nostra. Nel dopo elezioni dirimente ne sarà l’esito, ovviamente.
La novità, tuttavia, merita una riflessione attenta di carattere più strategico, meno schiacciata sulla scadenza elettorale. E alla riflessione spesso giovano le provocazioni dialettiche; dunque: cosa unisce l’esponente più autorevole della Comunità di S. Egidio al co-autore della “Bossi-Fini”? E cosa accomuna il Presidente delle ACLI ai presidenti emeriti di Confindustria (Montezemolo, Marcegaglia), forse l’endorsement di Marchionne, che pure ha allegramente “rottamato” perfino Confindustria? Od ancora: cosa c’entra il Monti tecnocrate, il Monti bocconiano, con l’ineffabile Cesa, prototipo esemplare dei burosauri della più vecchia “vecchia politica”? E c’è da temere che altri paradossi scopriremo quando dai cenacoli semiclandestini -non certo dalle primarie- emergeranno le liste della coalizione tripartita.
Non si tratta di “cose loro”, perché le forme della politica sono questione di sistema, riguardano tutti i cittadini, ciascuno dei quali si colloca naturalmente dove più si sente a proprio agio, ma nel  contesto di una dialettica le cui forme e regole siano per tutti riconoscibili.
Quindi porre quelle domande significa esprimere l’esigenza di una politica trasparente, e dare le risposte dovrebbe essere avvertito come un imperativo etico dai protagonisti della dialettica politica. Vedremo.
Nel frattempo si accreditano interpretazioni forse maliziose, ma non prive di fondamento. Il riferimento ai valori cristiani come motore dell’impegno diretto nella politica ricorre con molta frequenza nelle dichiarazioni, interviste di molti dei promotori del nuovo soggetto politico. Questo è un fatto; sarebbe arbitrario assolutizzarlo, ma non può essere negato. D’altronde abbiamo tutti letto le recenti dichiarazioni dell’autorevolissimo Arcivescovo di Milano, Cardinale Scola che, pur senza farne una dottrina, ha affermato: “…bisogna tornare ad una unità capace di testimoniare la bellezza della nostra esperienza”. Ed è stato molto ambiguo nel rispondere ad una domanda sulla possibilità di dar vita ad un soggetto politico unitario di ispirazione cattolica: “…non so se c’è spazio per un altro partito…”. La questione, dunque, per il Cardinale, è solo logistica?
Inoltre si rilegga il Manifesto conclusivo del recente convegno di Todi promosso da molti degli animatori della nuova coalizione in quanto dirigenti di associazioni di ispirazione cattolica. Fra molti equilibrismi si afferma, in conclusione, l’impegno comune su valori, contenuti e “modalità di presenza” nella politica.
Siamo dunque alla riedizione della dottrina della unità politica dei cattolici? Alla riproposizione della sempiterna anomalia italiana nel panorama delle democrazie europee? Di fronte a questa prospettiva latente avanziamo due considerazioni, a nostro avviso risolutive. E intendiamo formularle nel massimo rispetto della personale adesione di chiunque al sistema di valori che l’appartenenza religiosa detta per la vita privata e per quella collettiva delle persone.

Se l’obiettivo più propriamente politico fosse quello di andare oltre quello che molti, con buona ragione, definiscono il bipolarismo muscolare imperniato sull’antitesi berlusconismo/antiberlusconismo, allora non si cerchino scorciatoie. Da lì si esce in un solo modo: sconfiggendo definitivamente il berlusconismo. Ora si può fare. All’obiettivo si può contribuire anche da destra, con programmi chiari e con il coraggio di scegliere persone giuste. Cioè bisogna non dimenticare quello che diceva Manzoni a proposito di don Abbondio e del coraggio.
D’altra parte non si dimentichi la storia dell’Italia del dopo-guerra; c’è da essere convinti che alla riedizione dell’unità politica dei cattolici manchi oggi molto più che “lo spazio”. Manchi la disponibilità delle persone, si opponga la loro capacità critica. Ma se in qualche modo si desse corpo a quella prospettiva, si rischierebbe di inaugurare una nuova fase della “anomalia italiana”, dovendo poi bruciare qualche altro decennio nell’attesa di una nuova Vallombrosa,che prima o poi, comunque, arriverà.   

 

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