Anna Maria Bellini pubblica “Tutto il mio infinito amore”. Intervista

Un esordio letterario dove racconta la potenza dell’amore e dell’inclusione in un racconto autobiografico

“Tutto il mio infinito amore” rappresenta l’esordio letterario di Anna Maria Bellini: una donna straordinaria, ma soprattutto una madre, che con coraggio ha dedicato la propria vita all’accudimento e alla cura di Jack, il suo primo figlio, affetto da tetraparesi. Un romanzo che intende raccontare la sua “particolare” quotidianità incentrata sulle esigenze di Jack, ma che lascia spazio all’amore, che Anna Maria ha incontrato quando meno se lo aspettava, stravolgendole nuovamente la vita.

Questo libro è un’autobiografia, dove lei viene descritta come una “madre eroica”, pronta a tutto per suo figlio Jack. Cosa può dirci sulla protagonista e di riflesso, su aspetti della sua persona, che non sono stati già approfonditi nel libro?

«Il diventare madre è già un atto di coraggio: l’esserlo come è capitato a me, ne richiede sicuramente molto di più.
Vedere i tuoi sogni distruggersi in un momento, cercare di rimanere in piedi e ogni giorno tentare di fare un gradino in più per andare avanti, per non mollare, richiede molta forza. Se guardo indietro, non so davvero come ci sono riuscita: come ho potuto tornare a sorridere ed ad aprirmi di nuovo alla vita, nonostante tutto, avendo ancora il coraggio di essere felice.
Si, credo che in un mondo di imposizioni e preconcetti, l’atto di coraggio più grande: è essere davvero felici. Di me, posso dire,
di essere una persona resiliente: una donna che non ha smesso di credere nell’amore, nè di inseguire i propri sogni».

Che messaggio il libro vuole trasmettere alle madri che vivono la sua stessa situazione con Jack?

«Il consiglio è di non arrendersi: perché nello sguardo dei nostri figli è celato uno straordinario messaggio di vita e speranza. Non è facile coglierlo subito, perché all’inizio bisogna fare i conti con la disperazione, ma quando si riesce a capirlo: tutto si trasforma.
Impari a capire su chi puoi contare: fai pulizia intorno a te, capisci quali sono le persone vere, comprendi il valore della vita, imparando così a godere delle piccole cose. Sì, la vita cambia completamente e a volte non è facile farci i conti. Tuttora, ci sono giornate in cui mi sembra di non farcela più, ma poi la forza arriva e si va avanti a testa alta, nonostante chi dovrebbe aiutare le famiglie come noi – intendo le istituzioni – non ci veda nemmeno, anzi, c’è da battagliare tutti i giorni per far valere i nostri diritti … Ma questa è un’altra storia!».

I proventi del libro andranno alla sua associazione: “Jackgliocchidellasperanza”. Che obiettivo si prefigge l’associazione per disabili? 

«L’associazione “Jackgliocchidellasperanza” è stata fondata nel 2013 da parenti e amici, a sostegno del percorso medico e fisioterapico di Jack. Sono molto le necessità di Jack e il nostro sogno e quello di tutte le persone che a noi si sono unite è quello di far vivere a Jack una vita il più normale possibile. Organizziamo banchetti, pranzi sociali, tornei sportivi, concerti e ora questo nuovo progetto, chiamato: “Il mio libro”. Il ricavato, infatti, sarà devoluto a sostegno dell’associazione. Per seguire più da vicino la nostra quotidianità, abbiamo una pagina Facebook e Instagram che si chiama: “Jackgliocchidellasperanza”». 

Quando nel suo romanzo, si definisce: “ libera di educare i suoi figli e libera dalle convenzioni”, che cosa intende?

«Io e Jack, che ora ha 13 anni, abbiamo ricevuto moltissime porte in faccia. La prima delusione più grande è stata la scuola: non sono mai riuscita a trovare un posto per lui. Mi sono sentita dire più e più volte: “ Non può frequentare perché ha una tracheotomia e non c’è personale idoneo alla sua assistenza”. Ho dovuto così pensare da sola alla sua educazione. E così ho dovuto allestire una scuola a casa con maestri a lui dedicati, venendo così in contatto con la pedagogia Steineriana che si prefigge davvero l’inclusione di ogni singolo individuo, non etichetta ed educa alla libertà individuale: non ho potuto far a meno di scegliere questo percorso anche per Dylan, il mio secondogenito: un percorso di libertà individuale». 

Che tipo di servizio e di accoglienza riceve nel centro: “Piccoli campioni” di Lonato del Garda? 

«Il centro “Piccoli campioni” mette a disposizione una palestra attrezzata con tutto il necessario per la riabilitazione dei più piccoli: utilizza il metodo “Therasuit” per trattare disturbi neurologici e sensoriali.
Il centro è stato fondato Sonia – con la quale sono diventata amica, anche lei, madre di una bambina disabile – al ritorno dagli Stati Uniti, dopo un percorso fisioterapico cui era stata sottoposta la sua bambina. E così, ha scelto di portare in Italia questo metodo innovativo, dopo averne testato in prima persona l’efficacia». 

Ha già un altro libro in cantiere? 

«Sì, perché scrivere ha sempre fatto parte di me e continuerò a farlo.
Sto pensando a un racconto per bambini e ragazzi, magari sul tema dell’inclusione di cui tanto si parla, ma che poi nei fatti non è che venga ancora davvero applicata… ».

Come si definirebbe in una parola? 

«Luce, perché nonostante l’oscurità in cui mi sono ritrovata ho scelto di rimanere “luminosa” e positiva». 

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