Renzi aggiunge un “partito parallelo”

ROMA – Ormai ogni giorno su giornali, televisio9ni, radio Matteo Renzi fa una sua uscita. Critica tutto e tutti, quasi un giudice di tribunale emette sentenze, pesanti e inaccettabili. In questi ultimi giorni ha preso di mira  Bersani, suo bersaglio preferito dopo un breve periodo di tregua, Finocchiaro e Marini, esprimendo una concezione e una pratica politica brutale ed estremista, talvolta segnata da ironia talmente pesante da diventare offesa.

Non è del resto una novità. Già altre volte è accaduto. Alle primarie quando il camper calpestò la sagoma di Massimo D’Alema o quando invitò in modo  derisorio Walter Veltroni a dedicarsi alla carriera di scrittore. Tuttavia, credo che ora siamo ben oltre.
Non si tratta di  un confronto delle idee ma attacchi personali da rissa  come quelli a cui assistiamo da anni nei programmi delle tv di Berlusconi e che hanno inciso sulla formazione culturale di molti italiani. Ma noi non stiamo nella tv spazzatura. Siamo un partito che discute e che sta conducendo una delicatissima battaglia politica per consolidare le istituzioni democratiche e per trovare un presidente della Repubblica di garanzia costituzionale e una via d’uscita alla crisi del paese.
E’ assolutamente utile il confronto nel PD su cosa scegliere e sul cosa fare. Ma nelle cose dette c’è qualcosa in più però che mi preoccupa e su cui vorrei riflettere. Una prima questione riguarda la concezione di partito che si ha e che si pratica.

Uno stato di congresso permanente

 Qui si è affermata una idea di competizione interna che va oltre ogni limite, che tende a trasformare compagni e amici di partito in  “avversari” e che fa vivere il PD in uno stato di congresso permanente. È una concezione  radicata nello Statuto e che va rimossa al più presto. Viceversa, l’esigenza è quella di rafforzare il funzionamento degli organismi dirigenti tutti (circoli, cittadini, regionali, nazionali), aprirli alla partecipazione degli iscritti e degli elettori dando forza al pluralismo e alla coesione  propria di un partito nazionale e organizzato. Ciò è indispensabile se vogliamo diventare il partito del “noi” e non un partito personalistico  composto da gruppi sotto il comando di un capitani ventura. Tra noi il confronto e la responsabilità della sintesi debbono essere inseparabili.
La stima reciproca è il cemento del partito. La forza di un partito popolare come il nostro sta nella capacità di sintesi che fa il segretario  o che viene data nei deliberati degli organismi dirigenti, sta nei comportamenti dei nostri iscritti e dirigenti nei territori e sta nella coerenza e l’efficacia con cui tutto il partito, ai vari livelli, agisce. La forza sta anche nel nostro dibattito interno che si svolge negli organismi dirigenti e non altrove. Certo i più noti di noi hanno anche altre tribune come le tv e i giornali. Tuttavia ancora non ci siamo.

Eccessivo il peso delle correnti

 Il partito come unità plurale e organizzata è penalizzato da un eccessivo peso delle correnti che rinsecchisce il pluralismo, chiude il partito alle forze esterne e impoverisce il confronto, esalta il personalismo, conserva differenti concezione della politica. Insomma c’è ancora molto da riformare per realizzare un partito popolare, radicato nel sociale, strumento di maggiore ed effettiva partecipazione degli gli iscritti, degli elettori e dei circoli territoriali e dei luoghi di lavoro e di studio. Le polemiche personalistiche vanno nella direzione opposta.
Quello che non mi spiego è il perché Renzi rifiuta sistematicamente il confronto aperto e sincero nelle sedi proprie del PD per privilegiare lo scoop giornalistico, l’evento personale. Comunque va rilevato che rifiutare il confronto interno aggiunge di fatto un qualcosa di nuovo, direi che aggiunge un “partito parallelo”.
Le diversità politiche non pesano come un contributo necessario alla libera dialettica ma assumono la forma di linee inamovibili, decise da alcuni, fuori dagli organismi e agite in parallelo al PD. Come la posizione, legittima, o governissimo o elezioni anticipate, sparata  sui giornali amici. Il metodo è sostanza.
Così non si fa il bene, in particolare ora, che la tenuta unitaria del PD è la condizione per svolgere una indispensabile funzione nazionale e democratica al servizio del paese.

Le sedi di partito luogo di confronto e di discussione

Vorrei dire a Renzi di non allontanarsi, di venire a discutere negli organismi, di interrompere la spirale di lacerazione e di dileggio, di salvaguardare i rapporti con le persone del proprio partito perché, e questo è il bello della democrazia, le persone di oggi, giovani e non, si ritroveranno sempre sulla propria strada. Non tutto è competizione mentre moltissimo è solidarietà.
Ed è importante sentir dire “il PD è il mio partito” ma esso non è uno logo, ci  sono persone in carne ed ossa, enormi risorse umane, personalità, esperienze di vita e che occorre essere onorati di poter camminare al loro fianco, o dietro, e non è necessario esserne alla testa.

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