ROMA – “Al di la del giudizio tecnico sulla efficacia e sulla equità delle misure, quello che possiamo dire con certezza è che l’intervento sull’Imu non è fra le priorità del paese. Nel pieno di una crisi spaventosa per il paese e, in particolare,per il settore delle costruzioni la vera priorità era e resta il lavoro, la sua qualità e la sua remunerazione.
Almeno una parte degli oltre 4 mld postati per finanziare l’abolizione dell’Imu sarebbe stato meglio impiegarla per un intervento sul carico fiscale dei lavoratori dipendenti, lasciando la parte restante per un intervento selettivo nei confronti delle imposte sulla casa capace di salvaguardare i redditi più bassi e di colpire la rendita. In proposito diventa sempre più urgente una riforma del catasto, sulla quale ci piacerebbe vedere lo stesso zelo dimostrato sulla vicenda Imu. Da lì possono scaturire le risorse per un grande piano di recupero del territorio e delle città che, insieme al rilancio della spesa per le infrastrutture, può davvero far ripartire il settore. Le misure adottate nel decreto – seppur in alcuni casi utili, come quelle relative all’esenzione Imu su invenduto e al sostegno cdp ai mutui – da sole non bastano se non si ripristina la capacità di spesa dei salari e se non si avvia subito una nuova fase di spesa per interventi pubblici di manutenzione e di piccole opere, attraverso lo sblocco selettivo del patto di stabilità . Per questo non condividiamo l’entusiasmo dei costruttori anche perchè quel poco lavoro che da subito potrebbe ripartire attraverso le misure di questo decreto e di quello del fare (bonus energetici, ristrutturazioni, etc.) rischia di essere lavoro irregolare, grazie all’indebolimento delle norme sul Durc e sulla sicurezza. Mi sembra che anche questa volta non si sia usciti dallo schema che ha prevalso in questi ultimi anni ovvero prima i conti, poi le imprese e alla fine, solo alla fine, il lavoro.