ROMA – La curiosità aumenta. Il Ministro Saccomanni è categorico sul rispetto del 3% per il deficit pubblico nel 2013. Nello stesso tempo la telenovela per trovare i fondi per togliere l’Imu e per evitare l’aumento dell’IVA conferma che gli spazi per interventi ritenuti urgenti dal Governo sono minimi.
Tanto è vero che per finanziare i 470 milioni di euro del decreto per la scuola sono state aumentate le accise sugli alcoolici e alcune tasse catastali per le compravendite. Aumenti in sé non eccessivi e certo per scopi nobili e condivisibili. Resta il fatto che per interventi tutto sommato modesti a favore della scuola si è dovuti ricorrere a nuovi aumenti del prelievo.
Anche l’idea di vendere proprietà pubbliche per fare cassa non è cosa semplice, né di effetto immediato. Ci si dovrebbe chiedere anzitutto quali proprietà pubbliche potrebbero essere effettivamente alienate e soprattutto se sia una scelta giusta se dovesse trattarsi di aziende strategiche, che per di più potrebbero finire in mano a concorrenti esteri, che da tempo stanno facendo incetta di aziende italiane. In questa sede mi limito a cercare di capire se vendendo patrimonio si renderebbero disponibili risorse e sembra proprio che anche decidendo che il gioco vale la candela per ottenere qualche risultato ci vorrebbe tempo. Quindi resta il problema di dove trovare le risorse per gli interventi.
Per questo è legittimo chiedersi come si pensa di finanziare la riduzione del cuneo fiscale che Confindustria per le imprese precisa in 5 miliardi di euro, cifra che i sindacati chiedono legittimamente che venga raddoppiata con interventi a favore dei lavoratori. In tutto una richiesta di 10 miliardi di riduzione fiscale, che si aggiunge al resto delle esigenze, a partire dal rifinanziamento della cassa integrazione. Naturalmente un intervento fiscale di questo tipo potrebbe aiutare la ripresa, sia sul versante degli investimenti – a condizione che gli interventi siano finalizzati ad obiettivi precisi – che su quello della domanda interna perché i redditi da lavoro avrebbero maggiori disponibilità.
E’ a questo punto che vale la pena di mettere le mani avanti, perché è del tutto evidente la tentazione di aumentare l’IVA per finanziare la riduzione delle tasse dirette. Questa proposta è stata avanzata da diverse parti, fortunatamente per ora senza trovare ascolto. Va dato atto al vice ministro Fassina di avere battuto sul chiodo dell’assoluta esigenza di bloccare l’aumento dell’Iva nel 2013.
Infatti l’aumento della tassazione indiretta, fossanche per ridurre quella diretta, è una vecchia ricetta conservatrice, guarda caso puntualmente recepita dalle raccomandazioni europee all’Italia e non a caso caldeggiata da Tremonti.
Eppure è noto che mentre l’aumento della tassazione diretta sostanzialmente non influenza l’inflazione, l’aumento della tassazione indiretta sui consumi spinge l’aumento dei prezzi. Quindi un aumento dell’IVA provocherebbe ulteriore compressione della domanda interna togliendo disponibilità di reddito. Domanda interna che è già in consistente riduzione, come ricordano in questi giorni le associazioni dei commercianti, proprio per la riduzione sostanziale della capcità di acquisto dei redditi bassi e da lavoro.
Quindi un aumento dell’Iva porterebbe a ridurre la domanda interna del nostro paese e non è nemmeno sicuro che porterebbe ad un aumento delle entrate dello Stato, visto che tende scoraggiare la domanda interna e quindi potrebbe finire con il creare sorprese nelle entrate dell’Iva. Mentre un aumento del prelievo sui redditi alti, come potrebbe avvenire con una patrimoniale o con la tassazione delle rendite, non avrebbe conseguenze sui prezzi e tenderebbe a riequilibrare la distribuzione dei redditi senza ridurre la domanda.
Aumentare l’Iva nel 2014 sarebbe un grave errore e non solo approfondirebbe il solco tra i redditi ma sarebbe controproducente proprio con l’obiettivo della ripresa della domanda e quindi dell’economia. Per di più aumentare l’Iva vorrebbe dire tentare l’aggiustamento del bilancio pubblico attraverso un certo aumento dell’inflazione.
Per questo se venisse aumentata l’Iva strutturalmente l’anno prossimo per cifre ben più consistenti di quelle di cui si parla in questa coda del 2013 sarebbe grave.
Per questo, visti i vincoli di bilancio che il Governo vuole rispettare ad ogni costo, è bene mettere le mani avanti per schivare con anticipo la tentazione di fare lo scambio tra tassazione diretta ed indiretta. Prendendo dalle famiglie per dare alle imprese.
Se il Governo pensasse seriamente di aumentare l’Iva nel 2014 farebbe un grave errore ed è bene che sappia che troverà un disaccordo di fondo perchè l’opinione pubblica non si farà ingannare tanto facilmente, visto che in realtà le uniche a guadagnarci in modo netto sarebbero le imprese e la discussione in questa parte del 2013 ha almeno chiarito che andrebbe evitata ad ogni costo.
Alfiero Grandi