Def. Il “verso” non è cambiato, la direzione è quella di sempre

ROMA – Ci piacerebbe sinceramente poter raccontare un’altra storia, poter elogiare il governo, poter dire che Renzi ha finalmente ascoltato i numerosi consigli che gli sono giunti in queste settimane dalla stampa e dalle parti sociali, dagli intellettuali e persino da quella parte illuminata del mondo economico ed industriale che percepisce e denuncia da tempo i rischi cui sta andando incontro il nostro Paese a causa della mancanza oramai endemica di lavoro e del conseguente dilagare di partiti e movimenti populisti e anti-europeisti.

Ci piacerebbe ma purtroppo non possiamo, per il semplice motivo che, nella conferenza stampa che ha fatto seguito al Consiglio dei Ministri di ieri sera, il Presidente del Consiglio non ha annunciato alcuna misura strutturale per far ripartire il Paese.

Solo il mirabolante annuncio degli 80 euro. Pensionati esclusi

Come temevamo, si è limitato al mirabolante annuncio degli 80 euro in più in busta paga per i redditi fino a 1500 euro netti mensili: una misura sacrosanta, ci mancherebbe altro, ma assolutamente insufficiente ad attivare un circolo virtuoso in una Nazione stremata da cinque anni di crisi nel corso dei quali si sono persi ben nove punti percentuali di PIL. Senza contare che anche sui 6,7 miliardi stanziati dal governo per elargire la cosiddetta “quattordicesima” ai ceti sociali meno abbienti c’è molto da obiettare: solo una parte (4,5 miliardi) deriva, infatti, da tagli strutturali; i rimanenti 2,2 miliardi derivano dall’innalzamento al 26 per cento della tassazione sulla rivalutazione delle quote della Banca d’Italia (attualmente al 12 per cento) e dal maggior gettito IVA derivante dalle imprese cui la Pubblica Amministrazione dovrebbe finalmente saldare i debiti. Peccato che quest’ultima misura rappresenti una “una tantum” che potrebbe costarci carissima negli anni a venire, prevedendosi una crescita desolatamente bassa che l’anno prossimo sarà addirittura la metà di quella greca.

Possibili ricorsi delle banche e l’impianto potrebbe saltare

E non è da escludere che le banche, colpite da una misura molto popolare ma oggettivamente eccessiva, presentino a breve ricorsi che potrebbero far saltare l’impianto dell’intera manovra, gettando nella disperazione milioni di famiglie e causando all’esecutivo una figuraccia che potrebbe addirittura causarne le dimissioni. Alquanto discutibile anche la previsione del governo di dismettere, cioè privatizzare, una parte degli asset pubblici: dal 40 per cento delle quote delle Poste al 49 per cento dell’ENAV; senza dimenticare Grandi Stazioni, controllata dalle Ferrovie dello Stato, e quote di ENI, StMicroelectronics, SACE, Fincancantieri e CDP Reti, per un totale di circa 12 miliardi da mettere a copertura del nostro ingente debito pubblico.

Politiche marcatamente liberiste in un’ Europa priva di identità

Volendo tracciare un primo bilancio, in attesa che il DEF approdi alle Camere e si trasformi in legge, possiamo asserire che il verso non è cambiato affatto, che la direzione è quella di sempre, marcatamente liberista e in linea con i dogmi rigoristi e privatizzatori di un’Europa senza identità, e che c’è il serio rischio che le famiglie debbano, a breve, restituire questa piccola boccata d’aria costituita dagli 80 euro, con conseguenze imponderabili per la tenuta sociale del Paese. Inoltre, rimanendo in tema, non possiamo che esprimere un forte rammarico per il mancato coinvolgimento nell’operazione del governo dei pensionati, ossia della categoria più martoriata dalla crisi che davvero non riesce più ad arrivare a fine mese e che avrebbe bisogno di un sostegno immediato per non scivolare ulteriormente verso una miseria dalla quale sarebbe poi impossibile risollevarsi.

Non manca il coraggio a Renzi, manca un visione organica dei problemi 

Alcuni commentatori hanno fatto notare, suonando la solita grancassa, che a Renzi non manchi il coraggio. Il coraggio senz’altro no, ma una visione organica dei problemi dell’Italia purtroppo sì. Per rilanciare il Paese, difatti, nel Piano Nazionale di Riforma avremmo dovuto leggere un progetto di riconversione industriale che vada nella direzione del superamento del modello delle piccole e medie imprese, destinate drammaticamente a fallire a causa della loro impossibilità a competere con i giganti del mercato globale, e un progetto di maggior collegamento fra la scuola e il mondo del lavoro, fra la ricerca e l’industria, per garantire alle nuove generazioni non solo la piena occupazione ma anche una buona occupazione, utile alla crescita collettiva della comunità.

Il pessimo decreto Poletti e l’elogio del precariato

Invece siamo costretti a fare i conti col pessimo decreto Poletti e con il costante elogio del precariato attraverso il mantra della “flessibilità” e dell’inattualità del posto fisso, ovviamente ribadita da chi svolge la stessa munifica professione da almeno vent’anni. Al che sorge il dubbio che abbia ragione Eugenio Scalfari, il quale, a proposito di Renzi, ha scritto: “Renzi è un populista che combatte il populismo in casa d’altri ma lo applica in casa propria”.Gli consigliamo maggior cautela, perché le elezioni vinte con le leggi-mancia sono, da sempre, foriere di grandi catastrofi successive.

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