Nomine, incarichi e consulenze nella PA: la corruzione occulta che impoverisce e inquina l’Italia

ROMA – La corruzione, di fatto, ruba il futuro ai più giovani e meritevoli e così impoverisce il Paese sul piano economico, politico e culturale comportando seri rischi per la credibilità della nostra immagine all’estero soprattutto per quanto riguarda il settore degli investimenti.

Questo cancro silenzioso avvelena i principi fondamentali della nostra democrazia. Chi subisce danni più gravi purtroppo sono le fasce deboli, i meritevoli, gli onesti che si vedono emarginati ed esclusi dai loro legittimi diritti. La corruzione mina quotidianamente il rapporto di fiducia tra cittadini ed istituzioni generando una sorta di persecuzione delle istituzioni proprio sui cittadini onesti, messa in atto nel tentativo di colpire chi non si adegua alle regole del più forte. Politici, partiti, imprenditori, professionisti avviano rapporti occulti di scambio con burocrati e dirigenti cercando di comprare la loro collaborazione nelle scelte tecniche, oppure, il loro silenzio sulla sottostante corruzione che ne può derivare. Richiedono nomine, consulenze, incarichi e in cambio offrono una quota delle tangenti che circolano, oppure una protezione delle loro carriere tecniche ed amministrative, da cui dipende un esercizio stabile delle loro attività e di conseguenza della loro sopravvivenza. Nel caso dei manager delle società pubbliche, il prezzo della protezione politica indispensabile per la loro nomina o conferma può essere monetizzato. Un manager che deve la sua posizione – e rimette periodicamente in gioco il rinnovo – a seguito del gradimento dei vertici di un partito o di un singolo politico avrà tutto l’interesse a convogliare nelle loro casse parte delle tangenti ricevute dalle imprese con cui entra in affari. Nell’orgia della corruzione, secondo un copione ormai consolidato, i ruoli non sono fissi, quindi, anche i professionisti, portatori di competenze tecniche specialistiche, possono operare in veste di corruttori, sdebitandosi con tangenti quando risultano beneficiari di decisioni favorevoli (contratti, perizie, incarichi) ad opera dei politici o dei partiti.

I professionisti con tessera (di partito) che affollano i centri di spesa pubblica sono la risultante di un processo di selezione “ad hoc” che serve da camera di compensazione dei flussi sotterranei ed illeciti di risorse pubbliche. Nel caso degli imprenditori protetti, ad esempio, le loro fortune si giocano nella simbiosi con gli sponsor politici. Interlocutori dei tecnici non sono soltanto i politici, spesso, si creano dei veri e propri comitati d’affari. Queste figure professionali, in virtù delle informazioni e delle conoscenze di cui dispongono in via pressoché esclusiva, possono fare opera credibile di mediazione, tessere la tela di relazioni, rinsaldare la fiducia in una buona riuscita dei patti spesso illecitamente siglati. Uno può essere un bravissimo avvocato, architetto o ingegnere ma senza relazioni con le persone giuste e con la politica non accederà mai a nomine o ad incarichi. I professionisti in tali circostanze servono spesso da catalizzatori di quelle aggregazioni eterogenee di soggetti dette comitati d’affari, indirizzandone il funzionamento verso occasioni di comune profitto, di cui si ritagliano una fetta generosa. Si tratta di aggregazioni eterogenee di corrotti e corruttori, con una partecipazione trasversale di soggetti pubblici e privati che provvedono a coordinare le rispettive attività, fornendo un alibi degli squilibri rispetto a istanze e opportunità di guadagno. Disinteresse e rassegnazione dei cittadini sono il terreno più fertile per il ricorso o l’adattamento alla pratica della corruzione. Per questa ragione, riconoscere e analizzare le esperienze positive, darne conoscenza, formare una massa critica di amministratori e cittadini sensibili all’integrità pubblica, sono condizioni necessarie a riattivare i circuiti di controllo democratico e provare a frenare l’impeto della corruzione dilagante.

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