8 marzo, Festa della donna: una ricorrenza simbolica di grande impatto sull’opinione pubblica, nata da una tragedia e, dunque, specie di questi tempi, da celebrare con il dovuto rispetto e con la massima attenzione.
Quest’anno a fare notizia è uno sciopero internazionale che vede le donne di quaranta paesi scendere in piazza per chiedere il riconoscimento di quei diritti e di quelle forme di dignità, salariale, personale e di altro genere, che in molti stati sono ancora negate loro.
Siamo al loro fianco e le sosterremo, oggi come tutto il resto dell’anno, tenendoci ovviamente alla larga da ogni stucchevole retorica, volta unicamente a ricevere applausi e a fare bella figura in un talk show o nel corso di un comizio.
Per questo, abbiamo deciso di festeggiare l’8 marzo parlando di due atlete, Bebe Vio e Carolina Kostner, la cui passione e il cui impegno costituiscono un punto di riferimento per milioni di ragazze che si avvicinano al mondo dello sport, ben coscienti della mole di sacrifici che le attende per provare a realizzare i propri sogni.
Perché se Bebe, rimasta senza arti a soli undici anni a causa di una meningite fulminante, è oggi una campionessa paralimpica di scherma fra le più stimate e apprezzate del pianeta, il merito è soltanto suo, della sua tenacia, del suo coraggio e dell’entusiasmo, della grinta e della forza d’animo che i suoi meravigliosi vent’anni (compiuti lo scorso 4 marzo) le consentono di avere anche nei momento più delicati.
E lo stesso discorso vale per la neo-trentenne Carolina Kostner, tornata a pattinare divinamente dopo la lunga squalifica subita a causa del caso Schwazer e dopo che la maggior parte degli opinionisti e dei commentatori l’avevano data ormai per finita.
Nulla, al di là di ciò che può sembrare a qualche sguardo particolarmente superficiale e disattento, nulla, dicevamo, nella loro vita è stato facile: non certo per Beatrice Vio, costretta a gareggiare su una sedia a rotelle, non certo per Carolina Kostner, caduta nel fango per colpe non sue e chiamata a rialzarsi ad un’età alla quale molte delle sue colleghe hanno già appeso i pattini al chiodo o sono comunque in procinto di farlo.
Le loro storie, la loro determinazione, il loro talento, la loro passione per la vita e il loro credere intensamente nella possibilità di conquistare sempre un nuovo traguardo, spingendo un po’ più in alto l’asticella delle aspettative, questa loro unicità le rende non solo due atlete eccezionali ma anche due simboli dell’Italia migliore e due icone di un femminismo pulito, onesto, non strumentale e, dunque, costruttivo.
Proprio per questo, abbiamo scelto loro per rivolgere i migliori auguri a tutte le donne, con l’auspicio che, al di là dei fiori, delle mimose, delle cene e di altri elementi tipici di un business ormai consolidato, questa data possa coincidere con l’inizio di un percorso per veder riconosciuti i diritti che ancora mancano e per giungere, prima o poi, ad una piena parità fra i sessi, in un Paese e in un mondo in cui le disparità sono davvero troppe, sempre più insostenibili e nocive per la salvaguardia del concetto stesso di democrazia.