Giorgio Gaber e il coraggio dell’ironia

Quanto ci manca “Il Signor G”! Già quindici anni senza il garbo, il buongusto, l’ironia tagliente e le riflessioni felicemente devastanti di Giorgio Gaber; quindici anni nel corso dei quali sono cambiate moltissime cose e si avverte ora un drammatico senso di solitudine, come se davvero non fossimo più in grado di convivere.

Quindici anni e ripenso al suo teatro canzone, alle sue trovate irriverenti, alla sua satira sempre lungimirante, ai suoi affreschi politici, alle sue sferzate; quindici anni durante i quali mi sono spesso domandato cosa avrebbe detto “Il Signor G” della nostra amara quotidianità, politica e non solo. Quindici anni e quel pensiero straziante sul Berlusconi in me che non solo non mi ha mai abbandonato ma al contrario, nell’ultimo periodo, è diventato una sorta di chiodo fisso, avendo dovuto assistere con sgomento al trionfo del berlusconismo pressoché ovunque, con i suoi toni, i suoi modi, le sue intuizioni geniali ma devastanti per il Paese, la sua ideologia post-ideologica, il suo populismo di Stato e tutto ciò che ne ha caratterizzato l’avventura, come imprenditore prima e come politico poi, ormai introiettati nella società italiana e divenuti parte del nostro immaginario collettivo. 

Giorgio Gaber, del resto, lo aveva detto fin dall’inizio di non temere tanto il Berlusconi in sé quanto le conseguenze che il berlusconismo avrebbe avuto sulla nostra società, non a caso oggi più divisa, litigiosa e incapace di mantenere un minimo di coesione di quanto non sia mai stata in passato. 

Quindici anni senza il suo invito a scoprire la vera libertà, la quale non può nascere che dalla partecipazione; quindici anni senza la sua parodia di destra e sinistra, due concetti essenziali eppure snaturatisi ormai da parecchio tempo; quindici anni senza la sua verve, senza il suo genio creativo, senza il suo coraggio di uscire dal gregge, sfidando ogni conformismo e convenzione, senza la sua eleganza nel prendersi gioco del mondo e senza il suo gusto per quella magnifica avventura che è la vita in tutti i suoi aspetti, compresi i più assurdi e talvolta drammatici. 

Quindici anni e la sensazione che Gaber ci avesse già messo in guardia su molte cose, prima fra tutte l’eccesso di politica che finisce col danneggiare la politica stessa, facendo disamorare le masse, come se lui prevedesse il futuro, come se vivesse avanti a tutti, come se il suo intuito lo conducesse oltre di svariati decenni. Per questo si è potuto persino permettere il lusso di andarsene prematuramente senza che il vuoto si sentisse poi più di tanto: cominceremo ad avvertirlo forse fra una ventina d’anni, quando il suo genio avrà esaurito la propria preveggenza e non sapremo come andare avanti. Per il momento, per comprendere quest’intricata società, basta rileggere i suoi testi e ascoltare le sue canzoni: dentro c’è tutto, compreso il mistero della vita, di cui per fortuna, però, non capiremo mai davvero il senso. 

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