Bilancio di Roma. Tagli e investimenti discutibili nell’era Alemanno

ROMA – In questi giorni è in discussione il bilancio del Comune di Roma, l’ultimo dell’era Alemanno. Un provvedimento che conferma quell’assenza di progettualità che i romani vivono sulla pelle da quattro anni.

Infatti, non c’è alcun investimento importante sulla città, tant’è che la spesa in conto capitale è circa ¼ della spesa corrente ed è dovuta per una parte consistente al  pagamento degli interessi sul debito.  
Il disavanzo reale, ove si considerino gli oneri  sul debito, il rimborso di prestiti e i nuovi prestiti ammonterebbe in realtà a € 1.045.930.593,07 e senza le nuove e le maggiori entrate per Imu, imposte, tasse e tributi vari (che in totale apportano risorse per 3.695.234.398,91, nonostante lo sconto dell’Imu sulle case invendute ai costruttori) sarebbe stato il default. Nel dettaglio dalla sola Imu  entreranno oltre 2,2mld. Ogni balzello al cittadino è buono, si arriva persino a prevedere una nuova entrata di 100.000 euro di tasse per procedure concorsuali per nuove assunzioni che stando a quanto stabilito dal Salva Italia non vi potranno essere, viceversa non ci sono entrate per affissioni e pubblicità, che pure invadono le strade cittadine, perché si chiude in perdita di 7.500 euro.
Manca una politica per affrontare l’emergenza abitativa in una città dove crescono in maniera esponenziale gli sfratti per morosità, tant’è che, non c’è un euro di entrata per concessioni di diritti di superficie né per cessione di aree destinate a edilizia residenziale economico popolare.
Ridotto a circa 1/3 rispetto al 2010 il contributo statale al bilancio 420.026.165 vengono azzerati o quasi quelli per economia, ambiente, istruzione e cultura, resta qualcosa, circa 40 mln, per lo sport e il sociale. Analoga, se non peggiore la situazione sul versante della Regione Lazio e della Provincia di Roma, in particolare per quanto concerne le politiche abitative, la cultura e gli incentivi all’economia locale. La giunta Capitolina non pone in campo alcuna soluzione alternativa per reperire fondi, come riprova l’entrata di appena 47 mila euro dai fondi comunitari.

In totale da Stato, Regione Lazio e Provincia di Roma e altri enti pubblici entrano  766,5 mln. contro i 3.695.234.398,91 euro provenienti dai cittadini oltre all’incremento dei proventi derivanti dai servizi pubblici (+ 19.454.382,18) per un totale di € 406.952.484,91. Diversamente i proventi derivanti dall’utilizzo di beni pubblici continuano a scendere (-6.142.954,31). In particolare, nonostante l’invasione dei dehors  l’entrata per occupazione di suolo pubblico scende di 3,7 mln e arriva a 69,427 mln. Dalla concessione di scuole e spazi culturali entrano solo 2,9 mln( –  173.165,79), analoga la situazione per gli affitti del patrimonio di pregio disponibile.

Dalla destinazione delle entrate per concessioni edilizie si capisce molto della politica urbanistica alemanniana, infatti, mentre dalle concessioni ubicate in zone di edilizia economica popolare entrano appena 6,266 mln, dalle concessioni in aree destinate a lottizzazioni convenzionate si prevede un’entrata di 76,397 mln. Anzi, in queste zone degradate, dove risiedono i cittadini più colpiti dalla crisi, non ci si fa scrupolo a far cassa portando il valore del diritto di superficie che dovranno pagare gli abitanti a 26,620 mln.
Constatato che sono risibili gli utili delle aziende comunali e delle partecipate, 21,8 mln (in calo di ben 61,440 mln), anziché andare ad esaminare cosa non va nella gestione delle società si preferisce avviare un piano di alienazioni, che comprende la vendita del 21% delle azioni Acea, da cui entreranno appena 329,278 mln. Eppure, da una razionalizzazione delle spese e da una revisione delle politiche aziendali si potrebbe far molto per ridurre il disavanzo. Così come si potrebbero reperire le risorse mancanti, anzichè svendendo le azioni Acea, dal taglio delle spese per gli organi istituzionali che ammontano a circa 116 mln,  dalla spesa per eventi sportivi e turistici di oltre 20 mln., dall’utilizzo di beni di terzi (prevalentemente esosi affitti passivi) per 122 mln, dall’acquisto di materie prime e/o beni di consumo per 17 mln, dall’acquisizione nuovi immobili per oltre 1,3mld (3,3 mln per teatri e servizi culturali, 735 mln. per il settore trasporti, circa 214 mln per la gestione del territorio e dell’ambiente, che potrebbero celare i finanziamenti ai Punti Verdi Qualità, 20 mln per l’acquisto di casa Pound, ecc.), per finire ai circa 10 mln di spesa per incarichi professionali esterni.

In un momento di crisi mentre si investono appena 30 mln per lo sviluppo economico si decide di tagliare per oltre 90 mln le già ridotte spese per asili nido, sociale, istruzione, sport e cultura mentre, fermi restando sprechi e inefficienze, la spesa per viabilità, illuminazione e trasporti, smaltimento rifiuti, rete idrica e prestazioni di servizi. supera i 4,4 mld.

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