Un team internazionale guidato da Alessio Collalti del Cnr-Isafom ha documentato come le foreste che crescono in climi più caldi siano più efficienti nell’assorbire carbonio e produrre biomassa. La pubblicazione su Nature Communications
Le foreste rappresentano la più grande riserva di carbonio delle terre emerse e, globalmente, assorbono circa un terzo delle emissioni di anidride carbonica emesse annualmente dalle attività umane. È quindi importante capire come rispondono al clima e ai cambiamenti in atto. In uno studio che ha preso in considerazione dati da più di 100 foreste distribuite in tutto il mondo, coordinato da Alessio Collalti dell’Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isafom), è stato documentato come l’Efficienza di produzione forestale (FPE) sia più alta nelle foreste che vivono in climi più caldi. Lo studio – pubblicato su Nature Communications – è stato condotto insieme a ricercatori di altri 13 istituti di diversi paesi.
“L’Efficienza di produzione forestale è una variabile che abbiamo introdotto recentemente per identificare la frazione di carbonio assimilato tramite la fotosintesi che viene destinata alla produzione di biomassa legnosa o, più in generale, di materia organica degli alberi (la produzione primaria netta). L’FPE aumenta con la temperatura media di crescita delle foreste esaminate e con la precipitazione, mentre diminuisce con l’età delle foreste”, sottolinea Collalti. “I risultati del nostro studio, per la prima volta, non confermano quindi la costanza di FPE riportata da studi precedenti, che avevano preso in analisi molti meno dati, ma piuttosto mostrano il contrario, indicando che in natura il ruolo della temperatura è opposto a quello che ci si aspetterebbe sulla base della risposta di breve termine della respirazione. Questo probabilmente per l’acclimatazione alla temperatura di processi come la respirazione e la allocazione del carbonio”.
Lo studio ha anche utilizzato i risultati di numerosi modelli del progetto TRENDY v.7 che hanno tutti simulato come FPE diminuisca con la temperatura. “Le evidenze sperimentali non sono quindi in accordo con la diminuzione di efficienza che viene predetta dai modelli, che sono utilizzati per simulare la risposta delle foreste ai cambiamenti climatici. Questo potrebbe determinare possibili sovrastime delle perdite di carbonio forestale con il riscaldamento globale”, prosegue Collalti.
Il lavoro, ad accesso aperto anche per il set di dati utilizzato, è un ottimo esempio di uso di dati sperimentali e climatici e di modelli di simulazione, per approfondire, sulla base di evidenze, la risposta degli ecosistemi forestali ai cambiamenti climatici. “È importante la condivisione di dati e l’approccio multidisciplinare alla loro analisi, anche per poter dare indicazioni finalizzate all’adattamento delle foreste al clima futuro”, conclude Giorgio Matteucci, direttore dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe), coautore dello studio.