Coaching: la quiete dopo la tempesta!

Risollevarsi e andare avanti, dopo un piccolo tsunami della vita, con il coaching

Non è mai facile, dopo una caduta, rialzarsi e andare avanti, inutile nascondersi dietro un dito e dire che non si soffre quando qualcosa non va come ci aspettiamo ed è normale che spesso il primo pensiero sia: “Mai più! Non mi esporrò  mai più ad un altro fallimento, mai più esporsi ad un altro rischio”. Fallimento che parola dura!

A volte poi, più gli altri che ci dicono dai smetti di star giù e vai avanti, più aumenta la nostra sensazione di disagio, perché non riusciamo a muoverci da questo stato di delusione e dolore. Più la cosa è importante per noi, più grande è la delusione, più la voglia di fermarsi è grande e proporzionale al dolore che si prova. Ciò è umano e va tenuto in conto. 

Dove ritrovare la voglia di ripartire e soprattutto come? Credo che sia soggettivo e ognuno di noi debba elaborare un percorso e un piano di ripartenza diverso, che tenga conto della situazione contestuale e personale. Ognuno con i suoi tempi, ognuno con i suoi modi. Ci sono persone con alto livello di resilienza, che rispondono agli eventi meno positivi della Vita in modo eccellente, con grandi capacità di riadattarsi al cambiamento non desiderato. Ci sono persone che invece hanno bisogno di tempi e modalità diverse, più tempo per accettare e pianificare con maggiore attenzione prima di ripartire. Quello che le accomuna è però il desiderio di non arrendersi, decidere di fermarsi invece è la cosa peggiore che può succedere, con il forte rischio di rimanere per molto tempo immobili.

Ci sono alcune riflessioni generali, che possono esser utili. accettare il fallimento, ripartire dal suo insegnamento, la consapevolezza che un “fallimento”, se proprio così lo vogliamo chiamare, è un fatto preciso e non fa della persona un “fallito”, il fallimento può dipendere da un errore personale, ma anche da fattori esterni da noi incontrollabili e inaspettati, quello che bisognerebbe non perdere di vista è che abbiamo dei valori di base e delle capacità intrinseche che nessun fallimento può cancellare, possiamo attrezzarci meglio per la prossima volta in base a quello che è mancato, ogni fallimento è contestuale e li va arginato, non generalizzato come un attributo della persona, come un giudizio invalidante e opprimente. Giudizio che spesso viene formulato da noi stessi, piuttosto che dagli altri che ci sono vicini.

Accettare un evento difficile, cosa può voler dire? Qui si parla ovviamente, non delle grandi tragedie della vita, quelle in cui comunque dobbiamo reagire, ma il discorso andrebbe fatto su altri piani come ad esempio una malattia grave, ma di eventi che ci mettono a dura prova, ma che possono essere superati. Un progetto, una relazione o un altro obiettivo non andato a buon fine potrebbe essere inizialmente scoraggiante e questo è normale ma se si però riconosce la delusione e si accettano gli errori commessi, saremo in grado di voltare pagina.  Il vero traguardo è imparare a essere resiliente, ossia adattarsi al cambiamento non voluto, maturare l’esperienza e andare avanti. 

Una riflessione: se il “fallimento” fosse il tuo nemico giurato in un duello e ti volesse vedere a terra agonizzante, tu cosa faresti? Chi lasci vincere lui o te? Ti lasci finire, o abbatti lui? Se in gioco c’è la tua Vita, sono sicura che la risposta può essere solo una: lotto per sopravvivere. 

Dare la colpa a noi stessi e flagellarci a cosa ci è utile? Dare la colpa agli altri e sentirsi “fregati” cosa serve? Spesso percepire un cambiamento non desiderato come un fallimento dovuto ad altri, non tiene conto di una analisi approfondita di cosa ha portato l’altro ad una scelta di cui noi subiamo le conseguenze. Non si tratta di giustificare e perdonare, ma di capire cosa realmente sia successo, se c’è dolo o se ci sono ragioni che noi non comprendiamo, ma che per l’altro sono state fondamentali. Comprendere le ragionevoli scelte, non opportune,  per noi ma per l’altro si. Ma anche se ci fosse stato dolo ci farà bene liberarci di quel bisogno di concentrarci sulle azioni malsane dell’altro, come unico motivo della nostra infelicità presente e futura, ci libera da un dispendio di energia inutile e distruttiva. Tolgo attenzione all’eventuale torto subito, e mi concentro sulla mia ripartenza. A cosa serve continuare a piangere sulla eventuale “fregatura” presa? “Se mi sono fidato ed ho preso un abbaglio, allora ho sbagliato io, allora ho fallito io!” A cosa ci è utile?

Nella mia esperienza di Coaching con i miei Clienti è stato utile procedere analizzando cosa è successo, dove si è rispetto all’evento e comprendere come usare l’esperienza fatta per ripartire riorganizzandosi. L’analisi può essere eseguita focalizzandosi su alcuni punti importanti. Comunque l’attività è sempre rivolta verso la ripartenza e la focalizzazione di nuovi obiettivi. Il Cliente decide e pianifica come andare avanti attraverso un percorso di risposte e riflessioni che analizzano cosa è successo nell’ottica dell’apprendimento: cosa potevo fare di diverso? Cosa avrei potuto considerare e non ho fatto? Cosa potevo fare meglio? I vantaggi, di spostarsi dal momento di stallo e frustrazione,  nascono dalle sue risposte a semplici domande: Quali vantaggio avrò se “accetto e vado avanti”? Particolare attenzione si pone ai Punti di forza del Cliente. Se ti è capitato già in passato di vivere una situazione deludente, cosa hai messo in campo? Cosa sai fare bene oggi? Cosa fai meglio di chiunque altro?  Quali capacità ti riconosci? Quali capacità ti riconoscono gli altri? Analizzare gli eventuali errori commessi, metterà in luce i Punti di Debolezza e la pianificazione di una crescita in questo ambito. Cosa potresti migliorare? Cosa dovresti evitare? I tuoi cari quali punti di debolezza ti attribuiscono? Quali fattori possono riuscire a diminuire le tua riuscita? Chi conosci che in una situazione simile ha agito diversamente da te? Cosa ha funzionato? Cosa ti ispira in un ipotetico tuo percorso di miglioramento? Come affrontare tempestivamente qualsiasi criticità? Quali miglioramenti possiamo apportare? Cosa dovrebbe essere evitato? Quali sono le mie barriere interne che ostacolano il progetto? Quali di queste hanno già giocato a sfavore in passato? Andando verso il nuovo progetto, una volta chiuso con il passato si verificherà la vera Opportunità Cosa rappresenta una buona opportunità per ricominciare? Cosa  e quanto conosci di ciò che potresti fare? Cosa ti ha insegnato di utile l’esperienza? Quali buone occasioni ci stanno di fronte? Di quali tendenze interessanti siamo a conoscenza? Quali altre capacità potrebbero essermi utile? Ecc…

Ma una esperienza sbagliata sicuramente ci insegna a tener conto delle possibili Minacce ai nostri progetti (ostacoli esterni). Quali sono i fattori esterni che hanno avuto impatto sull’esperienza? Quali tra questi sono strettamente collegati a quel contesto o possono essere ostacoli generici? Quali sono reali minacce? Quali potrebbero essere ostacoli esterni al mio nuovo obiettivo? Cosa è successo in passato e potrebbe ricapitare? Quali ostacoli ora avremo davvero di fronte? 

Per chi in azienda la usa, ricorda, un po’ da lontano, la SWOT analysis, in realtà strumento usato per prendere decisioni importanti, ma che trovo utile anche in questi casi, per non scordare nulla nella valutazione di un piano di azioni per il raggiungimento di un nuovo obiettivo e per passare un metodo al cliente riutilizzabile in tutti gli ambiti in modo autonomo.

Conoscere bene cosa ha portato all’insuccesso, ciò che è dipeso da noi stessi, ciò che è dipeso da altri fattori o altre persone è un buon primo passo. Ci permette, a bocce ferme, di capire le leve e le capacità possedute o apprese, di capire cosa è mancato e che dovremmo imparare, quali sono stati rischi (ostacoli esterni o barriere interne non calcolate) e colmare il gap progettando azioni diverse dal passato, utili per il futuro. Il passo seguente sarà la costruzione di un nuovo piano, con maggiore consapevolezza, e di acquisire maggiore sicurezza in quello che si sceglierà di fare!

“L’ottimismo è speranza. Non è assenza di sofferenza. Non è essere sempre felici e soddisfatti. È la convinzione che sebbene si possa sbagliare o si possa avere un’esperienza dolorosa, si può agire per cambiare le cose”. (Martin Seligman, Imparare l’Ottimismo)

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