Coppa America: un sogno per chi “pensa con i piedi”

Cento anni dalla prima edizione, disputata in Argentina e vinta dall’Uruguay nel 1916, quarantacinquesima edizione che prende avvio stasera e andrà in scena negli Stati Uniti fino al 26 giugno, in concomitanza con i nostri Europei: è la Coppa America, un sogno nato negli anni in cui il Vecchio Continente viveva la tragedia della Prima guerra mondiale e smarriva, di fatto, la propria supremazia planetaria dopo quattro secoli di dominio incontrastato.

I figli della vecchia Europa, emigrati nel Nuovo mondo in cerca di fortuna, iniziarono invece, per dirla con Osvaldo Soriano, a “pensare con i piedi”, sfidandosi su campi assai meno cruenti di quelli insanguinati nei quali alle nostre latitudini perdemmo milioni di vite e, purtroppo, il senso stesso della nostra dignità e della democrazia.

Un torneo dal sapore antico, dunque, che vede come principali marcatori due miti ormai pressoché misconosciuti quali il brasiliano Zizinho, precursore della leggenda Pelé e molto apprezzato dallo stesso “O Rei”, e Norberto Méndez, entrambi protagonisti dell’epoca pionieristica del calcio, in quegli anni Quaranta che videro, ancora una volta, il Vecchio Continente teatro di una mattanza capace di provocare circa sessanta milioni di morti.

E non che il Sudamerica sia un esempio di democrazia o di benessere, intendiamoci; anzi, possiamo asserire senza remore che, da questo punto di vista, specie negli ultimi settant’anni, noi costituiamo un modello da seguire e loro per nulla; fatto sta che questa meraviglia mista a disperazione, questo fascino misto a sconforto, questo dolore letterario, poetico, struggente e straordinariamente descritto da alcuni dei più grandi scrittori di tutti i tempi, queste caratteristiche rendono il continente latinoamericano senz’altro il più sorprendente e imprevedibile. 

E lo stesso vale per il calcio, che da quelle parti, senza eccezioni, rappresenta una sorta di religione laica. È così per i brasiliani, è così per gli argentini, è così per gli uruguaiani e sta diventando così pure per i “Cafeteros” colombiani e per i rossi del Cile, capaci negli ultimi anni di esprimersi ad altissimi livelli, tanto che, oltre alle solite Argentina, Uruguay e Brasile, tra le formazioni da tenere d’occhio ci sono proprio i campioni uscenti, con in squadra fuoriclasse del calibro di Isla, Vidal e Alexis Sánchez, e i ragazzi di José Pekerman, con Cuadrado e Bacca sugli scudi e un collettivo di tutto rispetto, sia sul piano tattico che dal punto di vista tecnico. 

E poi, basti dire che l’Argentina è Soriano, l’Uruguay è Galeano, il Cile è Sepúlveda, la Colombia è Márquez, il Perù è Cesar Vallejo, il Brasile è Coelho: insomma, non è difficile capire per quale motivo guardiamo a quel mondo travagliato con passione e un pizzico d’invidia, al netto del nostro benessere declinante, del nostro welfare messo sempre più in discussione dal liberismo arrembante, della nostra stabilità ormai instabile e del nostro realismo cinico costretto ad arrendersi di fronte alla meraviglia di quel realismo magico che si palesa non solo nei capolavori della letteratura ma anche sui campi da gioco, con situazioni da noi impensabili, aneddoti ai limiti dell’assurdo, gol impossibili, prodezze destinate a passare alla storia e a consegnarsi alla leggenda, tifoserie caldissime e incontri che talvolta, più che a partite di calcio, somigliano a vere e proprie corride.

Del resto, chi l’ha detto che mentre in Europa andava in scena quella duplice mattanza che risponde al nome di Prima e Seconda guerra mondiale, dall’altra parte del mondo non si combattesse? Si combatteva eccome, sia pur in modo meno cruento, lasciando che a parlare fossero i muscoli, i tendini, la poesia del gol, le lacrime di gioia dei vincitori e quelle di disperazione degli sconfitti. 

E da stasera, in un torneo allargato per l’occasione ed esteso anche ai cugini del Centro e del Nord America, da stasera negli Stati Uniti si celebra un’edizione speciale di una competizione senza eguali, il cui fascino immutato è, se possibile, addirittura cresciuto con l’andar del tempo, come del resto accade ai sogni quando trovano una realtà disposta ad accoglierli e realizzarli.

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