Figc, Carlo Tavecchio è il nuovo presidente. Tuona l’Arcigay. IL VIDEO

ROMA  – Carlo Tavecchio è il nuovo presidente della Figc. A nominarlo, oggi, l’Assemblea elettiva della Federcalcio, svoltasi a Fiumicino. Il numero uno della Lnd l’ha spuntata al terzo scrutinio con 310.12 voti (63.63%), mentre l’altro candidato, Demetrio Albertini, si è fermato a 165.47 (33.95%). Le schede bianche sono state 11.79 (2.42%).

I voti espressi sono stati 487.38, gli accreditati non votanti 21.62, per un quorum deliberativo di 243.69. Tavecchio succede a Giancarlo Abete, dimessosi dopo il flop mondiale della Nazionale. 

«Dopo la prima sessione di voto ho dovuto chiedere ai miei collaboratori che mi aiutassero a scrivere qualcosa per un ringraziamento dal profondo del cuore». Queste le prime parole del neo presidente Tavecchio. «Ringrazio l’assemblea – ha detto rivolgendosi emozionato alla platea – Oggi, alla presenza delle più alte autorità Uefa c’è stata una dimostrazione di grande serietà e comportamento di democrazia. Desidero ringraziare coloro che mi hanno confermato la fiducia e fatto sentire il loro appoggio anche in momenti difficili. Vorrei ringraziare coloro che legittimamente hanno espresso valutazioni diverse. Sarò il presidente di tutti». 

Tuttavia per Flavio Romani, presidente di Arcigay,   l’elezione di Carlo Tavecchio  è un «una sconfitta, un terribile autogol». «Nonostante il passato tutt’altro che esemplare, il razzismo e il sessimo esibiti senza vergogna, il signor Tavecchio raggiunge uno dei ruoli più importanti del sistema sportivo nazionale: così il Paese abbandona ogni buona intenzione e ogni tentativo di imboccare la strada della meritocrazia. Non solo: in un ambiente dall’alto valore formativo come quello sportivo, l’elezione di un uomo senza spessore a una carica di questa importanza racconta l’incapacità, nonostante i tanti episodi di violenza e discriminazione, di mettere al centro l’etica e la responsabilità sociale. Al contrario come spesso capita in questo Paese, sembrano vincere i segreti accordi, le convenienze, i furbi». «Da anni – prosegue Romani – guardiamo al calcio professionistico come interlocutore e alleato nella lotta contro le discriminazioni. L’elezione di Tavecchio suona da questo punto di vista come una brusca frenata e rischia di condannare lo sport italiano all’arretratezza e all’incultura. Non poteva esserci – conclude – una scelta peggiore».  

 

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