BRUXELLES – L’Italia ancora sotto il mirino della Commissione europea, la quale oggi ha chiesto genericamente nuovi sforzi aggiuntivi per ridurre il deficit/pil strutturale. In sostanza, pur segnalando l’esistenza del rischio che gli obiettivi non vengano raggiunti senza nuovi interventi, la Commissione dà tempo all’Italia per dimostrare che le politiche decise e annunciate, specie quella della ‘spending review’, diano i risultati attesi. La partita, quindi, è rinviata all’autunno.
Nel documento della Commissione si afferma che «sono state programmate diverse riforme che potrebbero avere un impatto positivo sulla crescita potenziale dell’economia ed eventualmente riducendo il rapporto debito/pil nel prossimi anni». L’aggiustamento strutturale previsto nel programma italiano «permetterebbe di rispettare il parametro di riduzione del debito nel periodo di transizione 2013-2015 in parte grazie a un piano di privatizzazioni ambizioso attuato nel 2014-2017, che ammonta allo 0,7% del pil ogni anno». Lo scenario macroeconomico che sta alla base di tale programma, indica la Commissione, non è stato accreditato da un organismo indipendente ed è «leggermente ottimistico in particolare per gli anni finali del programma».
Il documento ricorda che il governo italiano prevede una deviazione del percorso di aggiustamento verso l’obiettivo di medio termine nel 2014: «Se ripetuto nell’anno successivo potrebbe essere considerato significativo anche sulla base del parametro di riferimento sulle spese». Inoltre «il raggiungimento dei target di bilancio non è pienamente sostenuto da misure sufficientemente dettagliate in particolare a partire dal 2015». Le previsioni di primavera della Commissione indicano che nel 2014 non sarà rispettato il parametro del debito stando alle stime dell’aggiustamento strutturale: solo lo 0,1% del pila a fronte dello 0,7% richiesto. E a questo punto che è saltata la frase sulla ‘bocciaturà della richiesta italiana di far slittare al 2015 l’obiettivo di aggiustamento strutturale. Dopo la riunione dei capi di gabinetto di ieri sera, è stato il commissario all’industria Antonio Tajani a proporre il taglio che, stando a quanto lui stesso ha riferito, è stato accettato dagli altri commissari (la frase appariva nero su bianco nell’ultima versione del documento).
Nel documento, la Commissione passa in rassegna le decisioni del governo per arrivare al pareggio «entro il 2016, rispettando la regola del debito nel periodo di transizione 2013-2015» e confermando l’obiettivo a medio termine di un pareggio di bilancio in termini strutturali, in linea con i requisiti del patto di stabilità e crescita. ‘aggiustamento strutturale (ricalcolato) previsto nel programma è di 0,2 punti percentuali del pil nel 2014 e di 0,4 punti percentuali nel 2015. Per la Commissione tale aggiustamento è «modesto» e viene giustificato dalle gravi condizioni economiche e dagli sforzi necessari per attuare un ambizioso programma di riforme strutturali. Più avanti viene indicato che «i recenti interventi volti ad alleggerire la pressione fiscale sui fattori di produzione sono stati piuttosto limitati». Secondo Bruxelles c’è «margine per spostare ulteriormente il carico fiscale verso i consumi, i beni immobili e l’ambiente, nel rigoroso rispetto degli obiettivi di bilancio». Per quanto riguarda i consumi «è determinante anche una revisione delle aliquote ridotte dell’Iva e delle agevolazioni fiscali dirette». Per i beni immobili «una revisione dei valori catastali in linea con gli attuali valori di mercato renderebbe più equa l’imposta annuale sui beni immobili». Infine occorrono «misure risolute contro l’evasione fiscale, l’economia sommersa e il lavoro irregolare che continuano a gravare sia sulle finanze pubbliche che sugli oneri fiscali a carico dei contribuenti diligenti».
Per l’Italia «resta cruciale l’attuazione rapida e completa delle misure adottate, sia per colmare le carenze esistenti a livello di attuazione, che al fine di evitare
l’accumulo di ulteriori ritardi». Poi l’azione contro la corruzione che «continua a incidere pesantemente sul sistema produttivo dell’Italia e sulla fiducia nella politica e nelle istituzioni».