Le tensioni geopolitiche globali giovano al rimbalzo di Milano

TRIESTE – Lunedì si è aperta un’ottava più che mai nel segno dell’incertezza dopo gli scossoni della scorsa settimana, che hanno allontanato i listini dai massimi toccati tra maggio e giugno rovinati dalle difficoltà di una banca portoghese come il Banco Espirito Santo, capace di riportare gli economisti a chiedersi se i problemi della crisi del debito dell’Eurozona siano stati effettivamente risolti o meno.

Piazza Affari ha affrontato la nuova tornata reduce dall’aver registrato il passivo più pesante tra i principali mercati europei  nei precedenti sette giorni, penalizzata dalle pessime performance del comparto bancario che, a loro volta, hanno indotto il FTSE Mib, il più significativo indice azionario di Borsa italiana, a lasciare sul terreno il 4,38% nel periodo tra il 7 e l’11 luglio, riducendo così all’8,7% il rialzo complessivo da inizio anno; una flessione che, secondo Vincenzo Longo, Market Strategist di IG, potrebbe schiacciare l’indice verso quei 20.000 punti che rappresentano i minimi di maggio, aprendo di fatto un periodo ribassista.

Con l’esaurirsi del rally iniziato alla fine dello scorso anno numerosi investitori, aziende e risparmiatori stanno prendendo le distanze dalle Borse al punto che sia Rottapharm, il gruppo farmaceutico della famiglia Rovati, sia il colosso della scommesse Sisal hanno abbandonato il progetto di quotazione a seguito della «sfavorevole situazione del mercato mobiliare domestico ed internazionale».

Oltre Atlantico il focus di quest’ottava è sulle trimestrali di Wall Street, in particolare banche ed alcuni colossi informatici, mentre nel Vecchio Continente l’attenzione dei mercati si è concentrata sull’elezione del presidente della Commissione UE, con la candidatura unica del lussemburghese Jean Claude Juncker; questi, non appena insediato, ha fatto fronte alle richieste di “maggior flessibilità” avanzate da Italia e Francia affermando che il Patto di Stabilità non si tocca, anche se ora crescita e lavoro sono le priorità dopo gli anni di austerity; secondo il ministro delle Finanze e senior statesman della UE Wolfgang Schaüble «per lottare con successo contro la disoccupazione servono investimenti, ma anche riforme di struttura e un migliore quadro istituzionale. Il consolidamento dei bilanci sovrani non è l’alternativa, bensì la premessa per più crescita».

Grandi attese si concentrano dunque attorno all’operato della Banca Centrale Europea (BCE), in particolare sulla promessa di mille miliardi a sostegno delle famiglie e delle imprese fatta da Mario Draghi, chiamato a riferirne all’Europarlamento lunedì scorso; della cifra circa un quinto, fino a 200 miliardi di euro in due anni secondo il governatore della Banca d’Italia Visco, potrebbero essere utilizzati dagli istituti di credito italiani per le nostre industrie. Sono in molti però a dubitare della pioggia di prestiti su aziende e famiglie tramite queste operazioni di liquidità “mirate” avendo ben in mente quanto avvenne nel 2011, con le casse degli Stati indebitati a beneficiare di una liquidità trasformatasi nell’acquisto di Bonos e Btp.

Osservatori diversi come gli economisti di Lavoce.info od il Wall Street Journal giudicano “assai generosi” per le banche i meccanismi tecnici con cui accedere ai finanziamenti pensati per famiglie ed imprese, dovendo unicamente dimostrare che all’erogazione è seguito  un aumento dei prestiti, fatto che potrebbe avvenire comunque con un minimo accenno di ripresa. Il parere unanimemente tratto dal documento tecnico della BCE è che alle banche basterà non razionare ulteriormente il credito nei prossimi mesi per avere accesso a nuova liquidità al vantaggioso tasso dello 0,25% con cui, volendo, potrebbero comprare titoli di Stato che rendono il 2,87 o il 2,75 per cento (Btp o Bonos).

A parere degli Americani, ben più esperti in materia, tutto ciò costituirebbe una sorta di versione europea del Quantitative Easing (QE) adottato dalla Fed: la liquidità fornita dalla banca centrale viene utilizzata per comprare titoli (indifferentemente pubblici o privati), con la sola differenza che nel Vecchio Continente gli acquisti sarebbero effettuati dalle banche e non dall’Eurotower: l’operazione aumenterebbe comunque l’attivo della BCE con conseguente possibile indebolimento dell’euro (a cui seguirebbero più esportazioni ed importazioni più care a causa della svalutazione della moneta), un contesto che dovrebbe alimentare, magari di poco, l’inflazione: un QE di fatto, realizzato in sordina e senza annunci.

Lunedì la Banca d’Italia ha pubblicato il supplemento al Bollettino statistico di Finanza pubblica di maggio, nel quale si certifica l’ennesima crescita del debito pubblico che ha raggiunto un nuovo massimo storico (l’ennesimo) a 2.166,3 miliardi di euro, nonostante l’emissione di titoli sopra la pari, l’apprezzamento dell’euro ed effetti della rivalutazione dei Btp indicizzati all’inflazione ne abbiano contenuto l’incremento per circa 400 milioni.

La seconda seduta della settimana ha spostato l’attenzione sui mercati d’oltreoceano: in mattinata la Bank of Japan (BOJ), la Banca centrale nipponica, ha confermato il proprio orientamento decisamente espansivo di politica monetaria con la promessa di aumentare l’attuale offerta a 60-70 miliardi di yen ogni anno, ma ha abbassato all’1% le stime sulla crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo) relativo all’esercizio fiscale che si chiuderà a marzo 2015; Janet Yellen, presidentessa della Federal Reserve, è stata invece la grande protagonista del pomeriggio di fronte al Senato USA, dove ha illustrato  le decisioni di politica monetaria e la situazione attuale della congiuntura. I timori e le preoccupazioni palesate rispetto ad alcuni settori dell’azionario (biotech e social network in particolare) ed al mercato immobiliare hanno prodotto forti aumenti di volatilità nelle Borse, che ad una veemente correzione al ribasso hanno fatto poi seguire una risalita, segno che la ripresa a stelle e strisce non è ancora completa. Mercoledì mattina esposizione replicata di fronte alla Camera e pubblicazione del Beige Book, il documento della Federal Reserve che raccoglie diversi avvenimenti economici nelle regioni statunitensi: le condizioni economiche e la situazione del mercato del lavoro stanno migliorando in tutte le aree del paese, così come la pressione sui prezzi risulta generalmente contenuta in tutti i distretti monitorati.

Ieri diffusione di alcuni dati relativi all’inflazione del mese di giugno in Europa: in Gran Bretagna è salita dell’1,9% su base annuale, incremento maggiore rispetto alle previsioni ed ai massimi dallo scorso mese di gennaio; nel Belpaese l’indice dei prezzi al consumo ha invece registrato il tasso di crescita tendenziale più basso da ottobre 2009, salendo dello 0,1% su base mensile e dello 0,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; infine conferma delle attese per la Zona Euro, che ha registrato una crescita dello 0,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno passato. Per quanto concerne invece l’attivo della bilancia commerciale dei diciotto paesi dell’euro (UE-18), la lettura evidenzia valori invariati rispetto al mese precedente (15,4 miliardi di euro), quando invece il saldo italiano ha registrato un surplus di 3,7 miliardi di euro. Nonostante una lettura dell’indice ZEW (che misura le aspettative degli analisti sullo sviluppo dell’economia in Germania nell’arco dei sei mesi successivi) scesa a 27,1 punti dai 29,8 punti di giugno, dato peggiore delle stime degli analisti, l’agenzia S&P ha confermato il rating “AAA” sul debito sovrano della Germania, apprezzando la solidità dell’economia tedesca le cui prospettive rimangono “stabili” per i prossimi trimestri; secondo l’Eurostat invece, a maggio la produzione industriale europea ha evidenziato una flessione sia per quanto riguarda l’Eurozona che l’Unione allargata (-1,1% in entrambe i casi), con l’Italia a fare peggio della media (-1,2%).

Uno sguardo a Wall Street per monitorare l’andamento dei consumi e della produzione industriale negli Stati Uniti: la lettura dell’indice Fed di Philadelphia effettuata ieri, che misura le richieste settimanali di sussidio alla disoccupazione, è balzata dai 17,8 punti di giugno agli attuali 23,9 punti, il livello maggiore da marzo 2011; l’attesa pubblicazione dei dati sulla fiducia dei consumatori elaborata dall’Università del Michigan relativi al mese di giugno ha invece evidenziato un calo delle aspettative a 81,3.

Seduta negativa per i listini asiatici, che per primi avvertono il clima di instabilità politica in Europa e Medio Oriente: l’abbattimento con un missile terra aria di un aereo passeggeri della Malaysian Airlines al confine tra Russia ed Ucraina rischia di compromettere definitivamente i rapporti tra i due paesi, con i rispettivi eserciti a rimbalzarsi le responsabilità dell’accaduto; pressochè inevitabili forti ripercussioni sulle relazioni diplomatiche tra il Cremlino ed il resto del mondo, che rischiano di rinfocolare il braccio di ferro tra Mosca e Washington proprio quando Israele ha annunciato un attacco via terra nella striscia di Gaza.

Questi sconvolgimenti si sono tradotti in uno spostamento degli investitori su asset meno volatili come i titoli di Stato od i metalli preziosi che, complice il rafforzamento dello yen sui mercati valutari, ha indotto una flessione nella Borsa di Tokyo (-1,01%), nonostante tutto in recupero in chiusura.

I rally del settore delle costruzioni in Cina ha portato un generalizzato calo dei prezzi delle case, rafforzando la convinzione di un possibile allentamento delle restrizioni a questo mercato scongiurato il rischio di una bolla speculativa: a Shanghai l’indice Composite ha terminato a +0,17% mentre l’Hang Seng di Hong Kong ha ceduto lo 0,52%.

Avvio in deciso ribasso sulle piazze finanziarie del Vecchio Continente, dove le tensioni geopolitiche hanno tenuto banco spingendo le vendite. Il forte complicarsi del quadro politico internazionale si è inserito in una fase di mercato in cui gli operatori cercavano nuovi spunti per rilanciare il rally sulle Borse, spostando l’interesse degli investitori dall’equity ad asset meno volatili (bond e beni rifugio); a metà seduta i listini di Eurolandia viaggiavano ancora in ribasso per effetto del forte clima di instabilità politica in Europa e Medio Oriente, ma la salita di Wall Street ha riportato la situazione alla tranquillità, tanto da far tentare il rimbalzo a piazze come Londra (+0,17%) e Parigi (+0,44%), con Madrid (-0,15%) e Francoforte (-0,35%) a scontare un clima meno favorevole.

Avvio di contrattazioni e mattinata con il freno a mano tirato per Borsa Italiana, in un’ultima di ottava molto volatile che, al giro di boa, la trova in una situazione di frazionale progresso (+0,04%);  dopo una seduta negativa come quella di ieri e le ansie per l’escalation e l’accavallarsi dei conflitti geopolitici mondiali, il rischio di assistere ad un’altra pessima sessione era elevato, soprattutto in una giornata di scadenze tecniche come oggi (termine dei contratti di opzione sulle azioni e sugli indici del mese di luglio), ma un pomeriggio positivo e la favorevole apertura di Wall Street hanno consentito a Piazza Affari (FTSE Mib +0,65%, FTSE Italia All Share +0,51%) di chiudere l’ultima “battaglia” della settimana in rialzo.

Tra i singoli comparti bene quello del lusso, con Salvatore Ferragamo (+5,46%) su tutti grazie agli analisti di Exane che l’hanno promosso, alzando la raccomandazione da “neutrale” a “outperform” (farà meglio del mercato); rating confermato ad “underperform” (farà peggio del mercato) per Brunello Cucinelli (+3,57%), che non sembra però averne patito lo scotto.

Positivi anche i bancari, con Unicredit (+1,82%) in progresso; la controllata Fineco (-0,93%), da poco ammessa alle contrattazioni, ha dichiarato che i coordinatori dell’offerta globale hanno esercitato l’opzione greenshoe sulla totalità delle azioni che erano state oggetto di sovrallocazione; l’upgrade di Goldman Sachs a “buy” (acquistare) sostenuto invece Banco Popolare (+3,8%).

Bene Saipem (+2,13%) grazie ad alcune ricoperture che compensano le perdite degli ultimi giorni, mentre proseguono i progressi di Fiat (+1,36%) dopo i rialzi di ieri sulle indiscrezioni della stampa online che vorrebbero Volkswagen interessata a rilevare la società.

Infine primi movimenti di Whirlpool nel capitale di Indesit (+1,1%): il gruppo americano ha perfezionato l’acquisto dalla famiglia Merloni di azioni per il 4,4% di Indesit, prima parte dell’operazione che vedrà salire tale partecipazione al 66,8% del capitale del marchio italiano.

Sul fronte del debito sovrano la differenza di rendimento tra il titolo decennale italiano (Btp marzo 2024) ed il corrispondente titolo tedesco ha chiuso oggi in rialzo al 2,8%, per uno spread sul Bund tedesco di 164 Bp (Basis point, punti base).

I Bonos spagnoli decennali hanno chiuso con uno spread sul Bund tedesco di 144 punti base, riducendo il tasso al 2,59%.

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